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mercoledì 3 aprile 2013

Ma se non siamo colpiti personalmente, noi passiamo avanti a tutte le conseguenze della crisi.

Come ritenere estraneo alla religione un fatto come la crisi, che interessa tutti, sconcerta tutti e fa soffrire tutti? Lo studieremo considerandolo sotto tre aspetti: i nostri torti come maestri cristiani di fronte alla crisi; gli effetti materiali della crisi e i nostri doveri come maestri cristiani di fronte alla crisi. Il primo torto è di occuparci della crisi soltanto personalmente. Quando siamo colpiti, mettiamo per esempio da una diminuzione di stipendio, allora, sì, esiste la crisi. Ma se non siamo colpiti personalmente, noi passiamo avanti a tutte le conseguenze della crisi. Con quella spaventosa indifferenza che l’egoismo sa trovare. Il secondo torto è di non occuparci della crisi religiosamente, ossia di non sentire le influenze disastrose che la crisi porta nel mondo religioso. È l’incapacità di vedere tutto in una visuale cristiana. Si è tentati di chiedere: «Ma la crisi non fa bene religiosamente? Se i cristiani parlano sempre di sofferenza, se la considerano come la strada regia per arrivare al cielo, questa crisi tremenda avvicinerà ancor di più a Dio»
don Primo Mazzolari

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