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domenica 22 settembre 2013

L’evangelizzazione la fa la Chiesa tutta insieme, chiunque la rappresenti. E la Chiesa è quella che c’è, non quella che dovrebbe esserci


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"Una seconda intuizione la chiamo la totalità della Chiesa.
Un’idea che colpisce molto nella Delbrêl,
che pure vive in tempi duri per quanto riguarda il peso istituzionale dell’unità ecclesiale.
La Chiesa deve uscire dall’incantamento del vecchio mondo
in cui abitava abbastanza confortevolmente,
per imparare a patire e ad amare indisgiungibilmente il nuovo mondo che si va formando:
anche attraverso dure contrapposizioni.
La si può capire se, istituzionalmente, si sente assediata e minacciata.
Si è fatta la separazione della filosofia, il divorzio delle arti, la secolarizzazione della politica.
La Chiesa della prima metà del novecento,
guardando a se stessa, alla vitalità, all’efficienza, alla santità, alla qualità, alla generosità
che erano reali dei suoi membri, del suo apparato, del suo corpo,
ha cercato di consolarsi tra sé e sé.
Certo il mondo fuori è brutto e cattivo,
fa le guerre,
è pieno di ateismo.
Però c’è una parte del mondo che resiste, e siamo noi.
Possiamo comprendere questa reazione.
Però questi sono i decenni in cui l’impulso del Signore e dello Spirito
impongono alla Chiesa di guardare fuori di sé,
perché la Chiesa c’è per questo,
non per guardare se stessa.
E le sollecitazioni sono piuttosto rudi.
Le resistenze della Chiesa istituzionale sono forti,
spesso incomprensibili e dolorose.
Eppure Madeleine, che certo non manca di audacia e spregiudicatezza evangelica
nel sollecitare la Chiesa alla necessaria apertura,
martella i suoi sulla custodia del legame con la Chiesa tutta.
Madeleine lo fa sino a lambire la soglia della tensione con la stessa Mission de France,
con la spiritualità dell’immersione:
insomma, con il grembo stesso in cui la sua esperienza si è nutrita
e consolidata nella sua buona coscienza evangelica.
L’evangelizzazione la fa la Chiesa tutta insieme,
chiunque la rappresenti.
E la Chiesa è quella che c’è, non quella che dovrebbe esserci.
Guai a noi se ci mettiamo in mente di pensare che rappresentiamo la Chiesa evangelizzante,
e pertanto stabiliamo la differenza fra quella autentica e quella che non è più del Signore.
In quello stesso momento,
saremmo noi a rischio della nostra appartenenza al Signore.
Succede anche oggi:
pensiamo che la Chiesa viva è quella che è in un certo modo,
come dovrebbe essere,
e l’altra è quella che si è fermata.
Guarda – direbbe Madeleine - che l’altra è anche quella che
pulisce i pavimenti,
tiene in piedi il tetto,
fa da mangiare,
lava e stira.
La Chiesa è tutto questo.
Questa è la Chiesa di tutti.
Non è soltanto l’accettazione della Chiesa concreta
che è sempre quella che c’è adesso.
E’ la persuasione del fatto che quella
che c’è in questo momento,
presa appunto nel suo insieme,
è la Chiesa più viva che abbiamo.
Noi finiamo per essere più romantici di quanto non vorremmo a volte.
La Chiesa più viva che c’è non è quella che sta per venire,
è quella che c’è adesso:
con noi dentro, appunto
(e molti altri, che non vediamo neppure, ancora più vivi di noi).
Perché alla Chiesa da parte del Signore non manca mai niente per essere viva.
Madeleine dice che chi va in missione annunciando il Signore in riferimento a sé,
al massimo “testimonia la propria firma, ma non il Signore”.

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