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giovedì 19 settembre 2013

Credere in Gesù Cristo è stato tutto per me dal momento che ho creduto in Dio. A Lui ho donato la mia vita e non me ne sono mai pentita.

Madeleine Delbrêl

I Vescovi francesi, nel rapporto sulla fede di qualche anno fa, la citano insieme a S. Teresa di Lisieux, segnalando la straordinaria attualità della sua testimonianza nella prospettiva della nuova evangelizzazione. Nell'anno del centenario sono state avviate molte iniziative per farla conoscere, soprattutto in Francia e in Germania, che continuano anche in questi mesi.
Ma chi era questa donna che affermava:
Credere in Gesù Cristo è stato tutto per me dal momento che ho creduto in Dio. 
A Lui ho donato la mia vita e non me ne sono mai pentita.

Alla fede Madeleine arriva a vent'anni (1924).
Nata a Mussidan (in Dordogna, nel sud-ovest della Francia) il 24 ottobre 1904, Madeleine riceve nell'infanzia una marcata educazione letteraria e artistica, e una formazione cristiana tradizionale. Attorno ai quindici anni, tutta dedita alla musica, alla pittura e alla poesia, si allontana dalla fede, fino a dichiararsi "strettamente atea".
Ascoltiamo un testo che la Delbrêl scrisse all’età di 17 anni, dal titolo Dio è morto, viva la morte:

DIO È MORTO… VIVA LA MORTE(1922)

Si è detto “ Dio è morto ”.
Poiché è vero, bisogna avere l’onestà di non vivere più come se vivesse.
Si è regolata la questione con lui:
resta da regolarla con noi.
Ora siamo fissati.
Se non conosciamo la misura esatta della nostra vita,
sappiamo che sarà piccola,
che sarà una vita piccolissima.
Per alcuni l’infelicità ne occuperà tutto il posto.
Per altri la felicità ne occuperà più o meno.
Non sarà mai una grande infelicità o una grande felicità,
perché sarà tutta contenuta nella nostra piccolissima vita.
L’infelicità grande, indiscutibile, ragionevole, è la morte.
È davanti ad essa che bisogna diventare realisti, positivi, pratici.
Dico “ diventare ”.
Io sono stupita dalla generale mancanza di buon senso.
E' vero che non ho che diciassette anni
e che mi resta ancora molta gente da incontrare.
I rivoluzionari m’interessano, hanno però capito male il problema:
essi possono ordinare il mondo al meglio… ma occorrerà sgomberare!
Gli scienziati sono un po’ bambini:
credono sempre di uccidere la morte:
invece uccidono soltanto i modi di morire, la rabbia, il vaiolo.
La morte, lei, sta benissimo.
Ho molta simpatia per i pacifisti,
ma sono deboli in calcolo.
Se nel 1914 fossero riusciti a mettere la museruola alla guerra,
tutti coloro che la guerra non avrebbe ucciso,
nel 1998 sarebbero stati definitivamente sistemati nei loro cimiteri personali.
La gente perbene mi sbalordisce per la sua sicurezza: manca di modestia. Sono sicuri di lavorare per la felicità degli altri. È almeno discutibile: più la vita è buona, più è duro morire. La prova: la gente si ammazza da sé quando viene ammazzata la loro ragione di vivere.
Gli innamorati sono radicalmente illogici e restii a ragionare: "Ti amerò per sempre…". Non vogliono prendere coscienza del fatto che saranno infedeli per forza; e che questa infedeltà si avvicina ogni giorno di più…, senza contare la vecchiaia, questa morte a rate. Io non vorrei restare accanto all’uomo che dovessi amare: egli vedrebbe i miei denti cadere, piegarsi la mia schiena, il mio corpo mutarsi in un otre o in un fico secco... Se amerò, sarà come in istantanea, come in un attimo di tregua, in fretta e furia.
Le madri, poverette, fanno fatica a non dire, a non fare follie: "Il mio bambino, vorrei tanto che fosse felice…". Sarebbero capaci d’inventare la felicità pur di poterla donare al loro piccolo. Ci sono quelle che non vogliono fare della carne da cannone – ma andate a raccontare loro che faranno sempre carne da morte… Io non voglio avere bambini. Mi basta seguire tutti i giorni in anticipo i funerali dei miei genitori.
I più logici sono forse i muratori, i falegnami, i fotografi, gli artisti, i poeti. Fanno delle cose che durano e fanno durare qualcosa della gente. I re sono morti, le loro poltrone restano nei musei. Avere la propria fotografia in qualche luogo, è un modo di esistere. I monumenti tengono bene. La Gioconda non avrebbe più la sua testa da parecchio tempo se non gliene avessero fatto il ritratto. Quando in classe si recita una favola di La Fontaine, quel che lui pensava continua un poco a vivere.
Poi ci sono coloro che si divertono, che ammazzano il tempo aspettando che il tempo ammazzi loro… Io sono una di questi. Le persone serie ci disprezzano in nome delle loro occupazioni serie.
Ah! Ma intanto non è stata liquidata la successione di Dio. Ha lasciato dappertutto delle ipoteche di eternità, di potenza, di anima… E chi ne è stato l’erede? La morte… Egli durava: non c’è più che lei a durare; egli poteva tutto, a capo di tutto e di tutti viene lei. Egli era spirito - non so troppo che cos'è - ma lei è dappertutto, invisibile, efficace; dà un colpetto e toc! L’amore cessa di amare, il pensiero di pensare, un bimbo di ridere… e non c’è più nulla.
Una volta qualcuno ha detto:
“ noi danziamo su un vulcano ”.
Va bene, io danzo.
Ma voglio sapere che è sopra un vulcano.
Vicino ai vulcani ci sono ville e capanne, giovani e vecchi, genii e imbecilli, malati e campioni; bene-amati e mal-amati;
quando il vulcano erutta non c’è più che fuoco:
come diciamo, non si vede più che del fuoco.
Siamo tutti vicinissimi alla sola vera sventura:
abbiamo o non abbiamo il fegato di dircelo?
Dirlo?
E con che?
Anche le parole Dio ha schiantato…
Si può dire a un morente senza mancare di tatto:
“ Buongiorno ” o “ Buonasera ”?
Allora gli si dice “Arrivederci ” o “ Addio ”…
finché non avremo imparato come dire
“ A nessun luogo ”…“
Al niente assoluto ”…

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