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sabato 29 giugno 2013

Ancora oggi, sfortunatamente, ci sono persone che si dicono cristiane, solo perché sono state battezzate e si ricordano di andare ogni tanto in una qualche chiesa.

“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10, 27).
In questo consiste l’essere cristiani:
ascoltare Gesù e seguirne i passi.
Non solo e non tanto nelle processioni,
ma nella concretezza della nostra vita quotidiana.
Ascoltando queste parole, stamattina ci chiedevamo se davvero
noi possiamo affermare di avere gli stessi atteggiamenti di Gesù,
di preoccuparci, come Lui,
per le condizioni dei poveri.
Dei “più poveri”,
dato che, qui, la povertà è condizione comune alla gran parte della nostra gente.
Di appoggiare, per esempio,
le lotte dei sem-terra, dei senzatetto, dei disoccupati, dei senzaniente.
Di denunciare ingiustizie e prevaricazioni.
O se invece preferiamo che il mondo vada per la sua
e noi per la nostra.
E preoccuparci solo del nostro orticello,
conformandoci al mondo e alla maniera d’essere di ricchi e potenti.
Ancora oggi, sfortunatamente,
ci sono persone che si dicono cristiane,
solo perché sono state battezzate
e si ricordano di andare ogni tanto in una qualche chiesa.
Giusto, forse, quando hanno bisogno di impetrare qualcosa,
nell’ordine del benessere personale o famigliare.
Ma che dimenticano l’essenziale.
Quello che ci ha fatto ascoltare il Vangelo di oggi:
credere, cioè assumere, fare nostre, le opere che Lui compie.
Comunità del bairro (2009)

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