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lunedì 18 marzo 2013

il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle insieme, di metterle in relazione e di separarle

Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune, come un tavolo è posto tra quelli che vi siedono intorno; il mondo, come ogni in-fra (in-between), mette in relazione e separa gli uomini nello stesso tempo.
 La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce, per così dire, di caderci addosso a vicenda.
 Ciò che rende la società di massa così difficile da sopportare non è, o almeno non è principalmente, il numero delle persone che la compongono, ma il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle insieme, di metterle in relazione e di separarle. 
 La stranezza di questa situazione ricorda una seduta spiritica dove alcune persone raccolte attorno a un tavolo vedono improvvisamente, per qualche trucco magico, svanire il tavolo in mezzo a loro, così che due persone sedute da lati opposti non sarebbero soltanto separate, ma sarebbero anche del tutto prive di relazioni, non essendoci niente di tangibile tra loro.
Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana

mercoledì 26 gennaio 2011

nel momento che s’interessa al male viene frustrato

Scrive Etty Hillesum, morta ad Auschwitz nel 1943 a 29 anni: «Ho affrontato questo dolore, molti interrogativi hanno trovato risposta, l’assurdità ha ceduto il posto ad un po’ più di ordine e di coerenza: ora posso andare avanti di nuovo. È stata un’altra breve ma violenta battaglia, ne sono uscita con un pezzetto di maturità in più. Mi sento come un piccolo campo di battaglia su cui si combattono i problemi o alcuni problemi del nostro tempo. L’unica cosa che si può fare è offrirsi umilmente come campo di battaglia. Quei problemi devono pur trovare ospitalità in qualche parte, in cui possono combattere e placarsi e noi dobbiamo aprire loro il nostro spazio interiore senza sfuggire».
Le parole di Hannah Arendt, una pensatrice tedesca di origine ebraica costretta a fuggire per le persecuzioni naziste: «È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale». 
Etty Hillesum scrive ancora: «Dobbiamo pregare di tutto cuore che succeda qualcosa di buono, finché conserviamo la disposizione verso questo qualcosa di buono. Infatti, se il nostro odio ci fa degenerare in bestie come lo sono loro, non servirà a nulla».