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giovedì 9 gennaio 2014

Senza solitudine noi rimaniamo vittime della nostra società e continuiamo a rimanere prigionieri delle illusioni del falso io.


La solitudine è la fornace della trasformazione. Senza solitudine noi rimaniamo vittime della nostra società e continuiamo a rimanere prigionieri delle illusioni del falso io. Gesù stesso è entrato in questa fornace. Qui fu tentato con le tre imposizioni del mondo: essere legato al contingente («Trasforma queste pietre in pani»), essere spettacolare («Gettati giù»), essere potente («Ti darò tutti i regni del mondo»). Qui egli affermò Dio come la sola fonte della sua identità («Adora il Signore Dio tuo e servi lui solo»). La solitudine è il luogo della grande lotta e del grande incontro: la lotto contro le imposizioni del falso io e l’incontro con un Dio amorevole che offre se stesso come sostanza del nuovo io… La solitudine non è un luogo terapeutico privato. È piuttosto un luogo di conversione, il luogo dove muore il vecchio io e nasce il nuovo io, il luogo dove avviene la manifestazione del nuovo uomo e della nuova donna. Nella solitudine mi sbarazzo della mia impalcatura: niente amici con cui parlare, niente telefonate da fare, niente incontri a cui partecipare, niente musica per svagarmi, niente libri per distrarmi, solo io – nudo, vulnerabile, debole peccatore, spoglio, spezzato – , un nulla. È questo nulla che devo affrontare nella mia solitudine, un nulla così spaventoso che tutto in me vorrebbe rifugiarsi negli amici, nel lavoro e nelle distrazioni, per poter dimenticare il mio nulla e darmi l’illusione che valgo qualcosa. Ma questo non è tutto. Appena decido di ritirarmi in solitudine, pensieri confusi, immagini disordinate, fantasia tumultuose e associazioni sconnesse e bizzarre mi saltano alla mente come scimmie su un albero di banane… il compito è perseverare nella mia solitudine, rimanere nella mia cella finché tutti i visitatori che vogliono sedurmi si stanchino di bussare alla porta e mi lascino solo… È  la lotta per morire al falso io. Questa lotta va però al di là, molto al di là delle nostre forze. Chi vuole combattere i demoni soltanto con le proprie armi è uno stolto… soltanto Cristo può vincere le potenze del male. Solo in Lui e attraverso di Lui possiamo sopravvivere alle prove della nostra solitudine… Giungendo a comprendere che non siamo noi che viviamo, ma che Cristo vive in noi, che egli è il nostro vero io, possiamo lasciare lentamente che le nostre compulsioni si sciolgano e cominciamo a sperimentare la libertà dei figli di Dio… Dobbiamo forgiarci il nostro deserto personale, dove possiamo ritirarci ogni giorno, liberarci dalle nostre costrizioni e dimorare alla dolce presenza del nostro Signore… La solitudine non è semplicemente un mezzo per raggiungere un fine. La solitudine è il nostro fine. È il luogo dove Cristo rimodella noi a sua immagine e ci libera dalle costrizioni del mondo che ci tengono schiavi. La solitudine è il luogo della nostra salvezza.

Da “La via del cuore” di Henri J.M. Nouwen

domenica 15 settembre 2013

non solo con la mente, ma anche nel tuo cuore


Henri J. M. Nouwen

Tu cerchi il modo di incontrare Gesù. Cerchi di incontralo non solo con la mente, ma anche nel tuo cuore. 
Ricerchi il suo affetto, e sai che questo affetto implica tanto il suo cuore quanto il tuo. 
Ma rimane in te qualcosa che impedisce questo incontro. 
Vi sono ancora tanta vergogna e tanta colpa incrostate nel tuo cuore, che bloccano la presenza di Gesù. 
Non ti senti pienamente a tuo agio nel tuo cuore; lo guardi come se non fosse un luogo abbastanza buono, abbastanza bello o abbastanza puro per incontrare Gesù. 
Quando guardi con attenzione alla tua vita, vedi quanto sia stata afflitta dalla paura. 
Non riuscirai ad incontrare Gesù finché il tuo cuore rimane pieno di dubbi e di paure. 
Gesù viene a liberarti da questi legami e a creare in te uno spazio nel quale puoi stare con lui. Egli vuole che vivi la libertà dei figli di Dio. 
Non disperarti, pensando di non poter cambiare te stesso dopo tanti anni. 
Entra semplicemente come sei alla presenza di Gesù. Tu non puoi renderti diverso. 
Gesù viene a darti un cuore nuovo, uno spirito nuovo, una nuova mente e un nuovo corpo. 
Lasciati trasformare dal suo Amore solo così sarai capace di ricevere il suo affetto nell'interezza del tuo essere.

sabato 14 settembre 2013

Ma cerco di tenere le mani aperte


Henri J. M. Nouwen, A mani aperte

O Dio, 
non so dove mi conduci. 
Non so neppure come sarà il mio domani, 
la prossima settimana o l'anno prossimo. 
Ma cerco di tenere le mani aperte, 
confido che tu metterai la tua mano nella mia 
e mi condurrai a casa. 
Grazie o Dio per il tuo amore. Grazie.

venerdì 13 settembre 2013

So che non mi lascerai mai solo e adempirai le tue divine promesse.


Henri J. M. Nouwen, A mani aperte

O Dio 
sono ricolmo di aspirazioni, 
ricolmo di desideri, ricolmo di attese. 
Alcune potranno realizzarsi, molte no, 
ma in mezzo ad ogni mia soddisfazione o delusione, 
io spero in te. 
So che non mi lascerai mai solo 
e adempirai le tue divine promesse. 
Anche quando sembra che le cose non vadano a modo mio, 
io so che vanno a modo tuo 
e che alla fine il tuo modo è il modo migliore per me. 
O Signore, fortifica la mia speranza 
specie quando i miei tanti desideri non si adempiono. 
Fa' che io non dimentichi mai che il tuo nome è Amore.

giovedì 12 settembre 2013

Dammi orecchi per ascoltare la tua sommessa, dolce voce


Henri J. M. Nouwen, A mani aperte

O Dio, 
parla con dolcezza nel mio silenzio 
quando il chiasso dei rumori esteriori di ciò che mi circonda 
e il chiasso dei rumori interiori delle mie paure 
continuano ad allontanarmi da te, 
aiutami a confidare che tu sei ancora qui 
anche quando non riesco a udirti. 
Dammi orecchi per ascoltare la tua sommessa, 
dolce voce che dice: 
"Venite a me, voi che siete affaticati e oppressi, 
e io vi darò riposo... 
perché io sono mite ed umile di cuore". 
Che questa voce amorevole sia la mia guida.

mercoledì 11 settembre 2013

La cosa più importante, comunque, è che queste parole riassumono la mia vita di essere umano,

Henri J. M. Nouwen, Sentirsi amati

Diventare amati vuol dire accettare di essere pane nelle mani di Gesù:
pane benedetto, spezzato e dato.
Queste parole riassumono la mia vita di sacerdote,
 perché ogni giorno,
quando mi riunisco intorno alla mensa con i membri della mia comunità,
prendo il pane,
lo benedico,
lo spezzo e
lo do.
Queste parole riassumono anche la mia vita di cristiano
perché, come cristiano, sono chiamato a diventare il pane per il mondo:
pane che è benedetto, spezzato e dato.
La cosa più importante, comunque,
è che queste parole riassumono la mia vita di essere umano,
perché in ogni momento della mia vita,
da qualche parte,
in qualche modo,
il prendere,
il benedire,
lo spezzare,
il dare,
sono eventi che accadono.
Queste parole sono diventate le più importanti della mia vita (...)
perché, tramite loro, sono entrato in contatto con i modi per divenire
l'Amato di Dio.

martedì 10 settembre 2013

Accetta il mio amore e abbi fiducia che dove ti porterò i desideri più profondi del tuo cuore saranno adempiuti


Henri J. M. Nouwen

O Dio,
vorrei tanto tenere le cose sotto controllo
vorrei esser padrone del mio destino.

Pure so che tu dici:
"Lascia che ti prenda per mano e ti conduca.
Accetta il mio amore
e abbi fiducia che dove ti porterò
i desideri più profondi del tuo cuore saranno adempiuti".

Signore, apri le mie mani
per ricevere il tuo dono di amore.

lunedì 9 settembre 2013

La mia mente se ne va raminga in mille direzioni

Henri J. M. Nouwen, Preghiere dal silenzio

Perché, o Signore,
mi risulta tanto difficile
tenere il mio cuore rivolto a te?
Perché la mia mente
se ne va raminga in mille direzioni,
e perché il mio cuore
desidera cose che mi portano fuori strada?
Fammi sentire la tua presenza
in mezzo alle mie mille agitazioni.
Il mio corpo stanco,
la mia mente confusa
e la mia anima inquieta,
prendili tra le tue braccia
e dammi un po' di riposo,
un semplice quieto riposo.

domenica 8 settembre 2013

Il perdono cambia però la maniera in cui ricordiamo; trasforma la maledizione in benedizione.


Henri J. M. Nouwen
Perdonare non significa dimenticare
Quando perdoniamo una persona, la memoria di quella ferita può rimanere a lungo con noi, anche tutta la vita.
Talvolta portiamo questa memoria nel nostro corpo come un segno visibile. Il perdono cambia però la maniera in cui ricordiamo; trasforma la maledizione in benedizione.
Quando perdono i miei genitori per il loro divorzio, i miei figli per la loro mancanza di attenzione, i miei amici per la loro infedeltà nelle crisi, i miei medici per i loro cattivi consigli, non devo più sentirmi la vittima di eventi che non ho potuto dominare.
Il perdono mi consente di fare appello alla mia stessa forza e di non lasciare che questi eventi mi distruggano; li fa diventare eventi che approfondiscono la saggezza del mio cuore.
Il perdono guarisce veramente il ricordo.

Perdonare nel nome di Dio
Siamo tutti persone ferite.
Chi ci ferisce?
Molto spesso coloro che amiamo e che ci amano. Quando ci sentiamo respinti, abbandonati, maltrattati, manipolati o violati, spesso questo viene soprattutto da persone che ci sono molto vicine: i genitori, gli amici, gli sposi, gli amanti, i figli, i vicini, gli insegnanti, i pastori.
Coloro che ci amano ci feriscono anche.
È questa la tragedia della nostra vita, ed è questo che rende così difficile perdonare di cuore.
È proprio il nostro cuore ad essere ferito.
Esso grida: «Proprio tu, che credevo mi saresti stato vicino, mi hai abbandonato.
Come potrò mai perdonarti per questo?».
Il perdono sembra spesso impossibile, ma niente è impossibile a Dio. Il Dio che vive in noi ci darà la grazia di andare al di là del nostro io ferito per dire: «Nel nome di Dio sei perdonato».
Preghiamo per ricevere questa grazia.

Tornare all'amore di Dio
Noi confondiamo spesso l'amore senza condizioni con un'approvazione senza condizioni.
Dio ci ama senza condizioni, ma non approva ogni comportamento umano.
Dio non approva il tradimento, la violenza, l'odio, il sospetto e tutte le altre espressioni del male, perché esse contraddicono tutte l'amore che Dio vuole stillare nel cuore umano. Il male è l'assenza dell'amore di Dio. Il male non appartiene a Dio.
L'amore incondizionato di Dio significa che Dio continua ad amarci anche quando diciamo o pensiamo cose malvage.
Dio continua ad aspettarci come un padre amorevole aspetta il ritorno di un figlio smarrito. È importante per noi attenerci alla verità che Dio non rinuncia mai ad amarci, anche quando è rattristato da quel che facciamo.
Questa verità ci aiuterà a tornare all'onnipresente amore di Dio.

sabato 7 settembre 2013

Nei luoghi dove siamo sempre benvenuti la nostra assenza non sarà poi tanto sentita


Henri J. M. Nouwen, Viaggio spirituale per l'uomo contemporaneo

Come mai tanti trattenimenti, tante riunioni amichevoli ci lasciano così vuoti e tristi? 
Può ben darsi che anche là la competizione, profondamente radicata e spesso inconscia fra le persone, impedisca a queste di svelarsi reciprocamente, instaurando dei rapporti che durino più del trattenimento. 
Nei luoghi dove siamo sempre benvenuti la nostra assenza non sarà poi tanto sentita e nei luoghi dove ognuno può accedere non si sentirà la mancanza di nessuno in modo particolare. 
Di solito c'è cibo a sufficienza e altrettante persone disposte a consumarlo, ma spesso si ha l'impressione che il cibo abbia perso la facoltà di creare una comunità, e non raramente ci allontaniamo dalla riunione più consci del nostro isolamento di quando vi siamo arrivati. 
Il linguaggio che usiamo non suggerisce altro che il senso di isolamento: «Entri, prego... sono felice di vederla... Permettetemi di presentarvi questo amico speciale, che sarà lietissimo di conoscervi... Ho sentito tanto parlare di lei e non trovo parole per dirle quanto sia contento di conoscerla personalmente... Ciò che dice è interessantissimo, vorrei che fossero qui a sentirla più persone... È stato meraviglioso parlare con lei e avere occasione di fare questa conversazione... Spero proprio di incontrarla ancora. Lei sarà sempre benvenuto e non esiti a portare con sé un amico. Torni presto». 
È un linguaggio che rivela il desiderio di essere amichevoli e ricettivi 
ma che, nella nostra società, manca miseramente di lenire i dolori del nostro isolamento.

venerdì 6 settembre 2013

Basta guardare Gesù


Henri J. M. Nouwen, Nel nome di Gesù
Prima di costituirlo pastore del suo gregge Gesù domandò a Pietro: 
"Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più degli altri?". 
Poi gli domandò una seconda volta: "Mi ami tu?", 
...e una terza volta ripeté la stessa domanda: "Mi ami tu?". 

Anche noi dobbiamo porre questa domanda al centro del nostro ministero cristiano, 
perché è proprio essa che ci permette di essere da un lato inutili, 
e dall'altro veramente fiduciosi in noi stessi. 

Basta guardare Gesù
Il mondo non si curò minimamente di Lui, 
e Gesù fu crocifisso e sepolto. 
Il suo messaggio di amore fu rigettato da un mondo assetato di potere, efficienza e dominio. 
Ma ecco che Gesù risuscito, 
con le ferite nel suo corpo glorificato, 
appare ad alcuni amici che hanno occhi per vedere, 
orecchie per udire e cuore per comprendere. 

Questo Gesù 
rigettato, 
sconosciuto, 
ferito, 
chiede semplicemente: "Mi ami tu? Mi ami davvero?". 

Lui che si era preoccupato solo di 
annunciare l'amore incondizionato di Dio 
ha una sola domanda da fare: "Mi ami tu?". 

Gesù non chiede: 
"C'è molta gente che ti prende sul serio? Hai intenzione di compiere grandi cose? Hai già qualche risultato da farmi vedere?". 
Chiede invece: "Sei innamorato di Gesù?". 
Forse potremmo formulare la domanda anche in altro modo: "Conosci il Dio incarnato?". 
E' un cuore che non conosce sospetti, vendette, risentimenti, né tanto meno odi. 
E' un cuore che vuole solo dare amore ed essere ricambiato con amore. 
E' un cuore che soffre immensamente perché vede la grandezza del dolore umano e l'ostinazione a non fidarsi del cuore di un Dio che vuole offrire consolazione e speranza. 

Il leader cristiano del futuro è uno che conosce intimamente il cuore di Dio, diventato "cuore di carne" in Gesù. 

Conoscere il cuore di Dio significa annunciare e rivelare in modo 
coerente, radicale e quantomai concreto che 
Dio è amore, 
e solo amore, 
e che la paura, l'isolamento o la disperazione 
che possono tormentare l'anima umana 
sono prove che certamente non vengono da Dio. 
Tutto questo può sembrare molto evidente e forse banale, 
ma ben pochi sanno che Dio li ama senza condizioni e senza limiti. 

Questo amore incondizionato e illimitato è quello che l'evangelista Giovanni chiama il "primo" amore di Dio. 
"Amiamo Dio", egli dice, "perché Dio ci ha amati per primo"(1 Gv 4,19). 

L'amore che spesso ci lascia dubbiosi, delusi, arrabbiati e offesi è il "secondo" amore: 
e cioè accettazione, affetto, simpatia, incoraggiamento e sostegno dei genitori, insegnanti, coniugi, amici. 
E sappiamo tutti che è un amore quantomai, limitato, violato e fragile. 
Sotto le numerose espressioni di questo secondo amore si nasconde sempre la possibilità di rigetto, ritiro, castigo, ricatto, violenza e perfino odio. 
Molti film e drammi contemporanei ritraggono le ambiguità e ambivalenze delle relazioni umane, e non esistono amicizie, matrimoni, comunità in cui le tensioni e gli sforzi del secondo amore non si rivelino in tutta la loro gravità. 
Si direbbe anzi che gli aspetti piacevoli della vita di ogni giorno nascondano molte ferite aperte che si chiamano abbandono, tradimento, rigetto, rottura, perdita.
 Tutto questo è, per così dire, l'ombra inseparabile del secondo amore e rivela l'oscurità che non abbandona mai completamente il cuore umano. 

L'essenza della buona novella sta proprio qui: 
nell'annuncio che 
il secondo amore è solo un pallido riflesso del primo amore, 
e che il primo amore ci viene offerto da un Dio in cui non ci sono ombre.

giovedì 5 settembre 2013

Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte.


Henri J. M. Nouwen, L'abbraccio benedicente

Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è 
ricevere il perdono di Dio. 
C'è qualcosa in noi, 
esseri umani, 
che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati 
e non ci permette di lasciare che Dio 
cancelli il nostro passato 
e ci offra un inizio completamente nuovo. 
Qualche volta sembra persino 
che io voglia dimostrare a Dio che le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte. 

Mentre Dio vuole restituirmi la piena dignità della condizione di figlio, 
continuo a insistere che mi sistemerò come garzone. 
Ma voglio davvero essere restituito alla piena responsabilità di figlio? 
Voglio davvero essere totalmente perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto nuova? 
Ho fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale? 
Voglio rompere con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi in modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona nuova? 
Ricevere il perdono esige la volontà totale di lasciare 
che Dio sia Dio
 e compia ogni risanamento, reintegrazione e rinnovamento.

mercoledì 4 settembre 2013

Ti guardo con infinita tenerezza


Henri J. M. Nouwen, Sentirsi Amati

Ti ho chiamato per nome fin dal principio. 
Tu sei mio e io sono tuo. 
Tu sei il mio Amato, in te mi sono compiaciuto. 
Ti ho modellato nelle profondità della terra e 
ti ho formato nel grembo di tua madre. 
Ti ho scolpito nei palmi delle mie mani e 
ti ho nascosto nell'ombra del mio abbraccio. 
Ti guardo con infinita tenerezza e 
ho cura di te con una sollecitudine più profonda 
che quella di una madre per il suo bambino. 
Tu sai che io sono tuo come io so che tu sei mio. 
Tu mi appartieni. 
Io sono tuo padre, tua madre, tuo fratello, 
tua sorella, il tuo amante e il tuo sposo... 
Ovunque tu sia, io ci sarò. 
Niente mai ci separerà. 
Noi siamo uno.

martedì 3 settembre 2013

siamo stati visti dagli amorevoli occhi di Dio


Henri J. M. Nouwen, Sentirsi Amati

Prima ancora che qualsiasi essere umano ci vedesse, 
siamo stati visti dagli amorevoli occhi di Dio. 
Prima ancora che qualcuno ci sentisse piangere o ridere, 
siamo stati ascoltati dal nostro Dio che è tutto orecchie per noi. 
Prima ancora che qualcuno in questo mondo ci parlasse, 
la voce dell'amore eterno già ci parlava. 

La nostra preziosità, unicità e individualità non ci sono state date 
da coloro che incontriamo nell'arco del tempo 
- della nostra breve esistenza cronologica - 
ma da Colui che ci ha scelto con infinito amore, 
un amore 
che esiste da tutta l'eternità e 
che durerà per tutta l'eternità.

lunedì 2 settembre 2013

Quando cominciamo a vivere con questa convinzione la nostra vita, scopriamo subito che cosa siamo stati mandati a fare

Henri J. M. Nouwen, Pane per il viaggio
Ciascuno di noi ha una missione nella vita.
Gesù prega il Padre per i suoi seguaci, dicendo: «Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo» (Giovanni 17,18).
Di rado ci rendiamo pienamente conto che siamo mandati per adempiere i compiti che Dio ci ha dato.
Agiamo come se fossimo noi a scegliere come, dove e con chi vivere.
Agiamo come se fossimo gettati allo sbaraglio nella creazione e dovessimo decidere come passare il tempo finché moriremo.
Ma siamo stati mandati nel mondo da Dio, proprio come Gesù.
Quando cominciamo a vivere con questa convinzione la nostra vita, scopriamo subito che cosa siamo stati mandati a fare.

giovedì 8 agosto 2013

ma sono state soprattutto le 'interruzioni' intervenute nella mia vita di ogni giorno a rivelarmi il mistero divino di cui faccio parte.


HENRI  J. M. NOUWEN
Al di là dello specchio
Riflessioni sulla vita e sulla morte
Dal Prologo del libro
Libri e articoli hanno avuto una parte importante nella mia ricerca di Dio, ma sono state soprattutto le 'interruzioni' intervenute nella mia vita di ogni giorno a rivelarmi il mistero divino di cui faccio parte.
Un lungo periodo di solitudine in un monastero trappista che interruppe un'intensa attività didattica, la morte improvvisa di mia madre che interruppe il vincolo più saldo con la mia famiglia, il trovarmi a faccia a faccia con la povertà nell' America Latina che interruppe una vita comoda e borghese nell' America settentrionale, un invito a vivere con persone mentalmente handicappate che interruppe una carriera accademica, la rottura di una profonda amicizia che interruppe una sensazione sempre più forte di sicurezza affettiva - tutti questi avvenimenti mi obbligarono più volte a chiedermi: «Dov' è Dio? Chi è Dio per me?». Erano interruzioni che si presentavano come altrettante possibilità di andare al di là dei modelli normali della vita di ogni giorno e di trovare connessioni più profonde che non le antiche salvaguardie del mio benessere fisico, affettivo e spirituale. Ogni interruzione m'invitava a considerare in modo nuovo la mia identità davanti a Dio. Ogni interruzione mi portava via qualche cosa, ma mi offriva qualcosa di nuovo in compenso. Al di là del successo nell'insegnamento c'era la pace interiore della solitudine e della comunità; al di là del vincolo con mia madre c'era la presenza materna di Dio; al di là delle comodità dell' America settentrionale c'erano i sorrisi dei figli di Dio in Bolivia e in Perù; al di là della carriera accademica c'era la vocazione di 'toccare' Dio in coloro che hanno mente e corpo infermi; al di là di un' amicizia quanto mai fraterna c'era la comunione con un Dio che voleva ogni fibra del mio cuore. Insomma, al di là di una posizione sociale che mi rendeva piacevole la vita, c'erano le molte possibilità di una relazione con il Dio di Abramo e Sara, di Isacco e Rebecca, di Giacobbe, Lea e Rachele: col Padre di Gesù che si chiama Amore.
Tutte queste interruzioni che m'invitavano ad andare oltre mi costringevano a scrivere. Anzitutto, per il semplice motivo che lo scrivere mi sembrava l'unico modo che avessi per non scoraggiarmi nelle mie interruzioni, spaventose e spesso disastrose, e per non separarmi dalla mia più intima personalità quando mi trasferivo da luoghi noti a luoghi ignoti. Scrivendo, mi era più facile restare uri po' più raccolto in mezzo al tumulto che mi frastornava e discernere meglio la voce soave dello Spirito di Dio, guida sicura in mezzo alla cacofonia di voci che mi distoglievano dalla retta via. C'era però anche un secondo motivo. In un certo senso ero convinto che scrivendo potevo far emergere qualcosa di valore perenne dalle sofferenze e paure della mia povera, effimera vita. Ogni volta che la vita mi chiedeva di fare un altro passo avanti in un territorio spirituale sconosciuto, sentivo una forte spinta interiore di dirlo agli altri - forse per un bisogno di compagnia, ma forse anche perché sono consapevole che la mia vocazione più profonda è di testimoniare la grazia che Dio mi ha fatto di poterlo intravedere fin da questa vita.

mercoledì 7 agosto 2013

Se invece le interruzioni fossero in realtà delle opportunità, se ci sfidassero ad una risposta interiore che dà luogo ad una crescita, facendoci giungere alla completezza dell’essere?

Henri Nouwen
Le interruzioni che modellano

Durante una visita all’Università di Notre Dame, dove avevo insegnato per qualche anno, ho incontrato un vecchio professore, pieno di esperienza, che vi aveva trascorso gran parte della sua vita. E, mentre passeggiavamo per lo stupendo campus, egli disse con una punta di malinconia nella voce: “Sai....per tutta la vita ho protestato perchèil mio lavoro veniva interrotto continuamente, finchè ho scoperto che quelle interruzioni erano il mio lavoro:”

  Noi guardiamo forse spesso ai vari avvenimenti della nostra vita come interruzioni, grandi o piccole, che interrompono i nostri piani, i nostri progetti, i nostri disegni di vita?

Non protestiamo internamente quando uno studente interrompe la nostra lettura, il cattivo tempo la nostra estate, la malattia i nostri progetti bene elaborati, la morte di un amico la nostra pacifica quiete mentale, e le svariate e discordanti realtà dell’esistenza i sogni che avevamo sognato? E questa serie di interruzioni senza fine non produce forse nel nostro cuore sensi di rabbia, di frustrazione e anche di vendetta, tanto che a volte ci appare realmente possibile che vecchiaia sia sinonimo di amarezza?

Se invece le interruzioni fossero in realtà delle opportunità, se ci sfidassero ad una risposta interiore che dà luogo ad una crescita, facendoci giungere alla completezza dell’essere? E se gli avvenimenti della nostra storia ci modellassero come lo scultore modella l’argilla, per cui solo obbedendo assiduamente a queste mani che ci modellano si possa scoprire la nostra vera vocazione, diventando così persone mature? E se le interruzioni improvvise non fossero, di fatto, altro che inviti ad abbandonare i modelli di vita antiquati e fuori moda, dischiudendoci campi di esperienza nuovi ed inesplorati? Infine: se la nostra storia si rivelasse non come una sequenza cieca ed impersonale di eventi che non possiamo controllare, bensì come una mano che ci guida verso un incontro personale in cui tutte le nostre speranze e le nostre aspirazioni saranno soddisfatte?

In questo caso, la nostra vita sarebbe una vita diversa, perchè il fato diventerebbe occasione, le ferite avvertimento, e la paralisi invito a cercare sorgenti più profonde di vitalità. In questo caso, potremmo cercare la speranza nelle città che piangono, negli ospedali in fiamme, nella disperazione dei genitori e dei figli. Allora potremmo respingere la tentazione a disperare, parlando invece dell’albero che fruttifica, mentre osserviamo la morte del seme. Allora potremmo in verità evadere dal carcere dell’anonima serie di eventi per prestare orecchio attento al Dio della Storia che ci parla dal centro della nostra solitudine, rispondendo al suo appello, sempre nuovo, per la nostra conversione.

venerdì 3 maggio 2013

la speranza ci libera dalla necessità di prevedere il futuro e ci consente di vivere nel presente

Proprio questa mattina ho ricevuto questo consiglio di Brigitte Tregouet
Ognuno sceglie il proprio testo: il Vangelo per un credente, scritti di grandi pensatori per gli altri. Testi che permettono di rileggere la propria attività di cura, di inserirla in una storia e, così, di avere una prospettiva più ampia. Mettere delle parole sulla propria esperienza.
Allora mi sono ricordato di uno di quegli autori che hanno ispirato questo blog e mi son detto che poteva aiutarmi a mettere in pratica il consiglio di Brigitte, medico generico in un quartiere popolare di La Roche-sur-Yon, questa cristiana in collera, nutrita di spiritualità ignaziana, tenta di vivere nel quotidiano il doppio comandamento dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo. 

In questo post
http://hoascoltatoilsilenzio.blogspot.it/2012/03/dio-e-un-dio-del-presente.html
Padre Henry diceva che
 I veri nemici della nostra vita sono questi "dovevi" e questi "se". 
Ci spingono indietro nell'inalterabile passato e in avanti verso un imprevedibile futuro. 
Un mio amico diceva che per vivere bene bisognava escludere dal nostro vocabolario esistenziale. i "se" e i "ma".

Henri J. M. Nouwen continua nel suo Vivere nello Spirito:
La gioia - Il frutto della speranza
Vi è una relazione intima tra gioia e speranza.
Mentre l'ottimismo ci fa vivere come se presto un giorno le cose dovessero andare meglio per noi,
la speranza
ci libera dalla necessità di prevedere il futuro
e ci consente di vivere nel presente,
con la profonda fiducia che Dio non ci lascerà mai soli,
ma adempirà i desideri più profondi del nostro cuore.
In questa prospettiva, la gioia è il frutto della speranza.
Quando ho la profonda fiducia che Dio è veramente con me e mi tiene al sicuro in un abbraccio divino, guidando ognuno dei miei passi, 
posso liberarmi dall'ansioso bisogno di sapere come sarà domani, o quel che accadrà il prossimo mese, o l'anno prossimo.
Posso essere pienamente dove sono e prestare attenzione ai tanti segni dell'amore di Dio in me e intorno a me.
Spesso parliamo del "buon tempo andato", ma quando vi riflettiamo criticamente e lasciamo perdere i nostri ricordi pieni di romanticismo, scopriremo presto che proprio a quell'epoca eravamo in grandi ansie circa il nostro futuro.
Quando confidiamo profondamente che l'oggi è il giorno del Signore e che il domani è saldamente nascosto nell'amore di Dio, i nostri volti possono distendersi e possiamo
sorridere a Colui che ci sorride.
Ricordo che una volta camminavo lungo la spiaggia con un amico. Parlavamo intensamente del nostro rapporto, sforzandoci di spiegare l'un all'altro e di comprendere i nostri sentimenti reciproci. Eravamo così preoccupati delle nostre difficoltà che non notammo il magnifico tramonto da cui si sprigionava un ricco spettro di colori, sopra le onde incappucciate di schiuma che si rompevano sulla vasta, silenziosa spiaggia. All'improvviso il mio amico esclamò: "Guarda... Guarda il sole... Guarda!". Mi mise un braccio intorno alle spalle e insieme contemplammo la rutilante sfera di fuoco scomparire gradualmente sotto l'orizzonte del vasto oceano.
In quel momento entrambi conoscemmo la speranza e la gioia.

domenica 3 marzo 2013

Queste molte benedizioni non hanno bisogno di essere inventate. Sono qui, ci circondano da ogni parte, ma dobbiamo esser presenti e riceverle.

Non è facile per noi, gente indaffarata, ricevere veramente una benedizione. Forse il fatto che poche persone offrono una vera benedizione è il triste risultato dell’assenza di persone che sono disposte e capaci di ricevere una tale benedizione. Per noi è diventato estremamente difficile fermarci, ascoltare, fare attenzione e ricevere garbatamente ciò che ci viene offerto. Vivere con persone che hanno handicap mentali mi ha chiarito le idee al riguardo. Queste persone hanno molte benedizioni da offrire, ma quando sono sempre occupato, sempre impegnato in qualcosa di importante, come posso ricevere quelle benedizioni? Adam, uno dei membri della mia comunità, non può parlare, non può camminare da solo, non può mangiare senza aiuto, non può vestirsi e svestirsi da sé, ma ha delle grandi benedizioni da offrire a coloro che spendono il proprio tempo per stare con lui, sostenendolo o solo stando seduti vicino a lui. Non ho ancora incontrato nessuno che abbia passato molto tempo con Adam senza sentirsi benedetto da lui. È una benedizione che viene dalla semplice presenza. C’è sempre ancora tanto da fare, tanti compiti e lavori da portare a termine, che questa semplice presenza può facilmente sembrare inutile e anche una perdita di tempo. Eppure, senza un cosciente desiderio di “sprecare” il nostro tempo, è difficile ascoltare la benedizione. Questa attenta presenza può permetterci di vedere quante benedizioni abbiamo da ricevere: la benedizione del povero che ci ferma per strada, la benedizione delle gemme degli alberi e dei fiori freschi che ci parlano di una nuova vita, la benedizione della musica, della pittura, della scultura e della architettura, ma soprattutto le benedizioni che ci vengono attraverso parole di gratitudine, incoraggiamento, affetto e amore. Queste molte benedizioni non hanno bisogno di essere inventate. Sono qui, ci circondano da ogni parte, ma dobbiamo esser presenti e riceverle. Esse non si impongono a noi. Sono il dolce ricordo della bella, forte, ma nascosta voce di colui che ci chiama per nome e dice cose buone di noi. (Henri Nouwen, Sentirsi amati).

sabato 22 dicembre 2012

vicino a te dei miei occasionali sentimenti di appartenenza

PREGHIERA DI NATALE
O Signore, com'è difficile accettare la tua via!
Tu vieni a me come un piccolo
e debole bambino nato lontano da casa sua.
Tu vivi per me come uno straniero nella sua terra.
Tu muori per me come un criminale fuori delle mura della città,
reietto dal tuo stesso popolo,
frainteso dai tuoi amici e sentendoti abbandonato dal tuo Dio.
Mentre mi preparo a celebrare la tua nascita,
cerco di sentirmi amato, accettato e a casa mia in questo mondo,
e cerco di vincere i sentimenti di alienazione e di separazione
che continuano ad assalirmi.
Mi chiedo, però,
se il mio profondo senso di non avere una casa
non mi porti più vicino a te
 dei miei occasionali sentimenti di appartenenza.
Dove celebro veramente la tua nascita?
Nell'intimo della casa o in una casa straniera,
 fra amici accoglienti o fra stranieri sconosciuti,
 con sentimenti di benessere o con sentimenti di abbandono?
Non devo sfuggire alle esperienze che sono più vicine alle tue.
Come tu non appartieni a questo mondo,
 così io pure non appartengo a questo mondo.
Ogni volta che sento così,
ho l'occasione di essere grato
e di abbracciarti meglio
e di gustare più pienamente la tua gioia e la tua pace.
Vieni, Signore Gesù, e sta' con me laddove mi sento più povero!
Confido che questo sia il luogo
dove troverai la tua mangiatoia
 e porterai la tua luce.
Vieni, Signore Gesù, vieni! Amen! (Henri J. M. Nouwen)