Ma tu stendesti la tua mano dall’alto
e traesti la mia anima da un tale abisso di tenebre,
mentre per amor mio piangeva innanzi a te mia madre, tua fedele,
versando più lacrime di quante ne versino mai le madri alla morte fisica dei figli.
Grazie alla fede e allo spirito ricevuto da te essa vedeva la mia morte;
e tu l’esaudisti, Signore.
L’esaudisti, non spregiasti le sue lacrime,
che rigavano a fiotti la terra sotto i suoi occhi dovunque pregava.
Tu l’esaudisti:
perché, da chi le venne il sogno consolatore,
per il quale accettò di vivere con me e avere con me in casa la medesima mensa,
che da principio aveva rifiutata per avversione e disgusto del mio traviamento blasfemo?
Le sembrò, dunque, di essere ritta sopra un regolo di legno,
ove un giovane radioso e ilare le andava incontro sorridendole,
mentre era afflitta, accasciata dall’afflizione.
Il giovane le chiedeva i motivi della sua mestizia e delle lacrime che versava ogni giorno,
più con l’intento di ammaestrarla, come suole accadere,
che d’imparare;
ed ella rispondeva di piangere sulla mia perdizione.
Allora l’altro la invitava, per tranquillizzarla,
e la esortava a guardarsi attorno:
non vedeva che là dov’era lei ero anch’io?
Ella guardò e mi vide ritto al suo fianco sul medesimo regolo.
Quale origine del sogno, se non il tuo orecchiare al suo cuore, o bontà onnipotente,
che ti prendi cura di ciascuno di noi come se avessi solo lui da curare,
e di tutti come di ciascuno? [...]
Così proprio in quel sogno e molto tempo prima del vero fu predetto alla pia il gaudio
che avrebbe provato in un futuro lontano,
per consolarla dell’ansia che la struggeva al presente.
Passarono in seguito nove anni,
durante i quali io mi avvoltolai in quel fango d’abisso e tenebre d’errore
ove ad ognuno dei molti tentativi che feci per risollevarmi,
più pesantemente mi abbattevo;
eppure quella vedova casta, pia e sobria,
quali tu le ami, dalla speranza, certo, resa ormai più alacre,
ma al pianto e ai gemiti non meno pronta,
persisteva a far lamento per me davanti a te in tutte le ore delle sue orazioni.
Le sue preghiere penetravano sino al tuo sguardo. (Agostino, Confessioni).
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lunedì 1 luglio 2013
venerdì 29 marzo 2013
Si diventa ciò che si ama
"Nella storia di ogni uomo c'è un'ora solenne
in cui si prende la grande decisione
che determina tutto il corso della vita:
o verso la terra, o verso il Cielo,
o guardare al mondo, o guardare a Dio.
Si diventa ciò che si ama:
Ami la terra? Sei terra.
Ami il cielo? Sei cielo!"
(S. Agostino)
sabato 1 settembre 2012
è senza interruzione, ed è il desiderio
Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo è il tuo desiderio continua è pure la tua preghiera. L’Apostolo infatti non a caso afferma: “Pregate incessantemente”
(1 Ts. 5, 17). S’intende forse che dobbiamo stare continuamente in ginocchio
o prostrati o con le mani levate per obbedire al comando di pregare incessantemente?
Se intendiamo così il pregare, ritengo che non possiamo farlo senza interruzione.
Ma v’è un’altra preghiera, quella interiore, che è senza interruzione, ed è il desiderio.
Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato (che è il riposo in Dio), non smetti mai di pregare.
Se non vuoi interrompere di pregare, non cessare di desiderare.
Il tuo desiderio è continuo, continua è la tua voce.
Tacerai, se smetterai di amare.
Tacquero coloro dei quali fu detto:
“Per il dilagare dell’ iniquità, l’amore di molti si raffredderà” - ( Mt 24, 12).
La freddezza dell’amore è il silenzio del cuore, l’ardore dell’amore è il grido del cuore.
Se resta sempre vivo l’amore, tu gridi sempre; se gridi sempre, desideri sempre;
se desideri, hai il pensiero volto alla pace.
“E davanti a te sta ogni mio desiderio” (Sal 37,10).
Se sta davanti a Lui il desiderio, come può non essere davanti a Lui
anche il gemito che è la voce del desiderio?
Perciò egli continua: “E il mio gemito a te non è nascosto”
(Sal 37,10), ma lo è a molti uomini.
(S. Agostino dal “Commento sui Salmi”)
lunedì 7 novembre 2011
se desideri quel sabato, non smetti mai di pregare
“E dinanzi a te sta ogni mio desiderio” (Sal 38:10). Non dinanzi agli uomini, che non possono vedere il cuore, ma dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Sia dinanzi a lui il tuo desiderio; ed il Padre, che vede nel segreto, lo esaudirà (Mt 6:6). Il tuo desiderio è la tua preghiera; se continuo è il desiderio, continua è la preghiera. Perché non invano ha detto l’Apostolo: “pregando senza interruzione” (1Ts 5:17). Forse noi senza interruzione pieghiamo il ginocchio, prostriamo il corpo, o leviamo le mani, per adempiere all’ordine: “pregate senza interruzione”? Se intendiamo il pregare in tal modo, credo che non lo possiamo fare senza interruzione. Ma c’è un’altra preghiera interiore che non conosce interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri quel sabato, non smetti mai di pregare. Se non vuoi interrompere la preghiera, non cessar mai di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare. Chi sono quelli che hanno taciuto? Coloro dei quali è detto: “poiché ha abbondato l’ingiustizia, si raggelerà la carità di molti” (Mt 24:12). Il gelo della carità è il silenzio del cuore; l’ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se desideri, ti ricordi della pace.
lunedì 19 settembre 2011
Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti.
Leggendo S.Agostino (Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542), proposto dall'ufficio delle letture di quest'oggi ho avuto la tentazione di metterLo nella pagina di presentazione del blog, almeno l'estratto che riporto sotto. Poi mi son detto che lo zelo che urla in queste righe, non è nelle mie corde politicamente corrette, anche se lo sento in me fino a star male per le persone che amo e che stimo. Dovrei aver qualcosa di S. Paolo o di S. Agostino; loro hanno conosciuto l'amarezza di quegli smarrimenti, insopportabili dopo aver amato Cristo.
"Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita; che tu voglia o no, lo farò. Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosterranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita. Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti."
"Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita; che tu voglia o no, lo farò. Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosterranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. Riporterò la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita. Se non vuoi il fastidio di dovermi sopportare, non sperderti, non smarrirti."
martedì 30 agosto 2011
Ama e fa’ ciò che vuoi
Sia che tu taccia, taci per amore.
Sia che tu parli, parla per amore.
Sia che tu corregga, correggi per amore.
Sia che tu perdoni, perdona per amore.
Sia in te la radice dell’amore,
poiché da questa radice non può procedere se non il bene.
Ama e fa’ ciò che vuoi. (Sant’Agostino)
Sia che tu parli, parla per amore.
Sia che tu corregga, correggi per amore.
Sia che tu perdoni, perdona per amore.
Sia in te la radice dell’amore,
poiché da questa radice non può procedere se non il bene.
Ama e fa’ ciò che vuoi. (Sant’Agostino)
venerdì 8 luglio 2011
mi convinsi che non era temerario sostenere la fede cattolica
da Agostino di Ippona, Confessioni, V,13,23-24
Incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, e tuo devoto servitore. In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da lui guidato consapevole a te. Quell'uomo di Dio mi accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità, poiché non avevo nessuna speranza di trovarla dentro la tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava benevolenza. Frequentavo assiduamente le sue istruzioni pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo. La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile: l'uno si sviava nei tranelli manichei, l'altro mostrava la salvezza nel modo più salutare. [...]
Non badavo dunque a imparare i temi, ma solo ad ascoltare i modi della sua predicazione. Sfiduciato ormai che all'uomo si aprisse la via per giungere a te, conservavo questo futile interesse. Pure, insieme alle parole, da cui ero attratto, giungevano al mio spirito anche gli argomenti, per cui ero distratto. Non potevo separare gli uni dalle altre, e mentre aprivo il cuore ad accogliere la sua predicazione feconda, vi entrava insieme la verità che predicava, sia pure per gradi. Dapprima, incominciai a rendermi conto ormai che anche le sue tesi erano difendibili, e ormai mi convinsi che non era temerario sostenere la fede cattolica, benché fino ad allora fossi stato persuaso che nessun argomento si potesse opporre agli attacchi dei manichei.
domenica 3 luglio 2011
Bisogna spezzare minutamente il cuore. Temi che perisca perché frantumato?
L'ira di Davide si scatenò contro quell'uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell'uomo! Così dice il Signore, Dio d'Israele: Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa di Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore facendo ciò che è male ai suoi occhi? ...poiché tu l'hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole»
Dal secondo libro di Samuele 12, 1-25
Gli uomini privi di speranza, quanto meno badano ai propri peccati, tanto più si occupano di quelli altrui. Infatti cercano non che cosa correggere, ma che cosa biasimare. E siccome non possono scusare se stessi, sono pronti ad accusare gli altri. Non è questa la maniera di pregare e di implorare perdono da Dio, insegnataci dal salmista, quando ha esclamato: «Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi» (Sal 50, 5). Egli non stava a badare ai peccati altrui. Citava se stesso, non dimostrava tenerezza con se stesso, ma scavava e penetrava sempre più profondamente in se stesso. Non indulgeva verso se stesso, e quindi pregava sì che gli si perdonasse, ma senza presunzione.
Vuoi riconciliarti con Dio? Comprendi ciò che fai con te stesso, perché Dio si riconcili con te. Poni attenzione a quello che si legge nello stesso salmo: «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti» (Sal 50, 18). Dunque resterai senza sacrificio?...
Dice il salmista: «Se offro olocausti, non li accetti». Perciò dal momento che non gradisci gli olocausti, rimarrai senza sacrificio? Non sia mai. «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Hai la materia per sacrificare. Non andare in cerca del gregge, non preparare imbarcazioni per recarti nelle più lontane regioni da dove portare profumi. Cerca nel tuo cuore ciò che è gradito a Dio. Bisogna spezzare minutamente il cuore. Temi che perisca perché frantumato? Sulla bocca del salmista tu trovi questa espressione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50, 12). Quindi deve essere distrutto il cuore impuro, perché sia creato quello puro.
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
(Disc. 19, 2-3; CCL 41, 252-254)
Dal secondo libro di Samuele 12, 1-25
Gli uomini privi di speranza, quanto meno badano ai propri peccati, tanto più si occupano di quelli altrui. Infatti cercano non che cosa correggere, ma che cosa biasimare. E siccome non possono scusare se stessi, sono pronti ad accusare gli altri. Non è questa la maniera di pregare e di implorare perdono da Dio, insegnataci dal salmista, quando ha esclamato: «Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi» (Sal 50, 5). Egli non stava a badare ai peccati altrui. Citava se stesso, non dimostrava tenerezza con se stesso, ma scavava e penetrava sempre più profondamente in se stesso. Non indulgeva verso se stesso, e quindi pregava sì che gli si perdonasse, ma senza presunzione.
Vuoi riconciliarti con Dio? Comprendi ciò che fai con te stesso, perché Dio si riconcili con te. Poni attenzione a quello che si legge nello stesso salmo: «Non gradisci il sacrificio e, se offro olocausti, non li accetti» (Sal 50, 18). Dunque resterai senza sacrificio?...
Dice il salmista: «Se offro olocausti, non li accetti». Perciò dal momento che non gradisci gli olocausti, rimarrai senza sacrificio? Non sia mai. «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Hai la materia per sacrificare. Non andare in cerca del gregge, non preparare imbarcazioni per recarti nelle più lontane regioni da dove portare profumi. Cerca nel tuo cuore ciò che è gradito a Dio. Bisogna spezzare minutamente il cuore. Temi che perisca perché frantumato? Sulla bocca del salmista tu trovi questa espressione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50, 12). Quindi deve essere distrutto il cuore impuro, perché sia creato quello puro.
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo
domenica 29 maggio 2011
insieme bruciamo per questa sete
Fratelli, fate vostra la mia avidità,
partecipate con me a questo desiderio;
amiamo insieme,
insieme bruciamo per questa sete,
insieme corriamo alla fonte di ogni conoscenza.
Presso Dio c’è la fonte della vita,
una fonte inesauribile,
nella luce di lui c’è una luce che non si oscurerà mai.
Desidera questa luce,
questa fonte;
una luce che i tuoi occhi non hanno mai conosciuto;
vedendo questa luce l’occhio interiore si aguzza,
bevendo a questa fonte la sete interiore diventa più ardente.
Corri alla fonte, anela alla fonte.
(Sant'Agostino)
venerdì 13 maggio 2011
finché siete in tempo
Correte, o miei fratelli,
affinché non vi sorprendano le tenebre;
siate vigilanti in ordine alla vostra salvezza,
siate vigilanti finché siete in tempo.
Nessuno arrivi in ritardo al tempio di Dio,
nessuno sia pigro nel servizio divino.
Siate tutti perseveranti nell’orazione,
fedeli nella costante devozione.
Siate vigilanti finché è giorno;
il giorno risplende;
Cristo è il giorno.
Egli è pronto a perdonare coloro che riconoscono la loro colpa.
(Sant'Agostino)
(Commento al Vangelo di san Giovanni 12, 13-14)
domenica 30 gennaio 2011
la stessa che a te
Brano tratto da De civitate dei, libro IV, capitolo 4
di Agostino d'Ippona
Ingiustizia e violenza degli stati e dei briganti
Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: "La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta".
(cfr. Cicerone, De rep. 3, 14, 24.)
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Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia? quia et latrocinia quid sunt nisi parva regna? Manus et ipsa hominum est, imperio principis regitur, pacto societatis astringitur, placiti lege praeda dividitur. Hoc malum si in tantum perditorum hominum accessibus crescit, ut et loca teneat sedes constituat, civitates occupet populos subiuget, evidentius regni nomen assumit, quod ei iam in manifesto confert non adempta cupiditas, sed addita impunitas. Eleganter enim et veraciter Alexandro illi Magno quidam comprehensus pirata respondit. Nam cum idem rex hominem interrogaret, quid ei videretur, ut mare haberet infestum, ille libera contumacia: "Quod tibi, inquit, ut orbem terrarum; sed quia
domenica 21 novembre 2010
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