L’infanzia secondo Gesù consiste nel vivere la paternità di Dio. Il bambino vede tutto in funzione di suo padre e di sua madre. Tutto gli arriva attraverso loro. Li vede dappertutto. Sono per lui la sorgente di tutto, la misura dell’ordine. Per l’adulto, “padre e madre” spariscono. Intorno a loro non c’è che un mondo incoerente, ostile, indifferente. Il padre e la madre se ne sono andati e tutto si è spopolato. Ma per il figlio di Dio vi è di nuovo qualcuno di paterno, è il Padre che sta nei Cieli. È vero che non deve essere un padre terreno, ipertrofico, ma il vero “Dio e Padre di Gesù Cristo” (1Cor 1, 3), come Egli è manifestato dalla sua parola e che ci fa sapere che ci vuole aiutare per realizzare la sua volontà. Il significato proprio dell’infanzia è l’atteggiamento che vede in tutte le situazioni il Padre Celeste. Ma perché questo sia possibile, bisogna che sia elaborato ciò che accade nella vita; dalla semplice concatenazione dell’esistenza deve nascere la sapienza; dal caso deve nascere l’amore. Realizzare ciò interamente è difficile. È la “vittoria sul mondo” (1Gv 5,4). Diventare bambini nel senso di Cristo equivale a crescer in senso cristiano. (Romano Guardini, O Senhor).
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giovedì 10 ottobre 2013
giovedì 11 luglio 2013
Non si spinge avanti, non afferra e rapisce per sé, ma crea
E’ forse lecito dire che
ogni vera cultura
comincia con il fatto
che l’uomo si ritrae.
Non si spinge avanti,
non afferra e rapisce per sé,
ma crea
quella distanza
dove,
come in uno spazio libero,
può apparire chiaramente
la persona
con la sua dignità,
l’opera
con la sua bellezza,
la natura
con la sua potenza di simbolismo.
- ROMANO GUARDINI
mercoledì 1 maggio 2013
Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l'animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all'altra
Romano Guardini
Quando fai il segno di croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all'altra.
Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l'animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all'altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, ti consacra, ti santifica. Perché? Perché è il segno della totalità ed il segno della redenzione.
Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce egli santifica l'uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell'atto di benedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell'anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa. Pensa quanto spesso fai il segno della croce, il segno più santo che ci sia!
Fallo bene: lento, ampio, consapevole. Allora esso abbraccia tutto il tuo essere, corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire, tutto vi viene irrobustito, segnato, consacrato nella forza del Cristo, nel nome del Dio uno e Trino.
venerdì 17 agosto 2012
La malinconia è il prezzo della nascita dell'eterno nell'uomo
"Quella noia significa che, nelle cose, noi cerchiamo, appassionatamente e dappertutto alcunché che le cose non possiedono. […] Si cerca e ci si sforza di prendere le cose così come si vorrebbe che fossero; di trovare in esse quel peso, quella serietà, quell'ardore e quella forza compiuta delle quali si ha sete: e non è possibile. Le cose sono finite. Tutto ciò che è finito, è difettoso. E il difetto costituisce una delusione per il cuore, che anela all'assoluto. La delusione si allarga, diviene il sentimento di un gran vuoto… Non c'è nulla, per cui valga la pena di esistere. Non c'è nulla, che sia degno che noi ce ne occupiamo. […] Noi sentiamo una insoddisfazione particolarmente violenta per ciò che è finito. […] Proprio l'uomo malinconico è più profondamente in rapporto con la pienezza dell'esistenza. […] Per conto mio, io credo che di là da qualsivoglia considerazione medica e pedagogica, il suo significato sta in questo che è un indizio dell'esistenza dell'assoluto. L'infinito testimonia di sé, nel chiuso del cuore. La malinconia è espressione del fatto che noi siamo creature limitate, ma viviamo a porta a porta con… ebbene sì, abbandoniamo alla fine il termine troppo prudenziale e astratto, di cui ci siamo serviti sinora: il termine di "assoluto"; scriviamo, al suo posto, quello che solo si addice: viviamo a porta a porta con Dio. Siamo chiamati da Dio, eletti ad accoglierlo nella nostra esistenza. La malinconia è il prezzo della nascita dell'eterno nell'uomo. […] La malinconia è l'inquietudine dell'uomo che avverte la vicinanza dell'infinito. Beatitudine e minaccia a un tempo"
R. Guardini - Ritratto della malinconia
R. Guardini - Ritratto della malinconia
giovedì 10 novembre 2011
anche quella nella quale emergono i propri limiti
La fase della vita adulta non è però solo quella in cui si tocca con mano di avere delle possibilità, ma anche quella nella quale emergono i propri limiti. Questa scoperta sembra incrinare un quadro che appariva solido e annuncia gradualmente che l'età adulta può conoscere momenti di crisi anche molto dura. Guardini illustra le varie cause di questa crisi. Eccone qualche esempio.
Le prime che egli elenca stanno a dire che si può andare in crisi con se stessi, per una nuova e più severa lettura che si fa di sé.
Le prime che egli elenca stanno a dire che si può andare in crisi con se stessi, per una nuova e più severa lettura che si fa di sé.
Scoperta dei propri limiti.
«Ma in seguito subentra la crisi che consiste nella sensazione sempre più netta dei limiti delle proprie energie. L'uomo constata per esperienza che ci può essere un eccesso di lavoro, di lotta, di responsabilità. Si accumula il carico di lavoro, s'intensificano sempre più le esigenze, e dietro ciascuna di queste ne affiorano continuamente di nuove, e non se ne vede la fine». (16)
Emergere di qualche stanchezza.
«Mentre prima era viva la coscienza delle proprie risorse, delle proprie energie, della propria iniziativa e della propria creatività, ora si fa strada il senso del limite. Compare l'esperienza della stanchezza: si sente che "sta diventando troppo", che si vorrebbe riposare, che si comincia a intaccare il capitale, e ciò si avverte specialmente nei momenti in cui il lavoro si accumula eccessivamente, le esigenze si ingigantiscono e le difficoltà appaiono insormontabili». (17)
Svanire di molte illusioni.
«Svaniscono le illusioni, e non solo quelle che costituiscono l'essenza stessa della gioventù, ma anche quelle che derivano dal fatto che in tale periodo la vita conserva ancora il carattere della novità, di ciò che non è stato ancora sperimentato». (18) Le varie sfaccettature del fenomeno conducono Guardini a dare spazio alle cause delle crisi che vengono identificate negli altri, con l'esperienza di aprire gli occhi sulla realtà così come è, e non come noi ce la immaginavamo.
Dalla novità alla routine.
«Fino a questo momento la serietà, la risolutezza, la responsabilità di fondare, costruire, lottare, hanno diretto la coscienza. Ora tutto ciò perde la sua freschezza e la sua novità. A poco a poco si ha coscienza di come gli uomini si comportano, di come nascono i conflitti, di come un'opera ha inizio, si sviluppa e si compie, di come evolve un rapporto umano, di come una gioia nasce e si dilegua. L'esistenza assume le caratteristiche della realtà già nota. L'uomo sente di conoscerla a menadito. Questo, ovviamente, non è del tutto esatto. Tuttavia la routine si avverte dappertutto». (19)
Svelamento della miseria dell'esistenza.
«Si ricevono delusioni da parte di coloro nei quali si riponeva speranza. La generalità delle persone manifesta un'apatia e un'indifferenza, anzi una malevolenza di cui prima non ci si rendeva ancora conto. Si riesce a vedere dietro le quinte e si nota che le cose sono molto più miserabili di quanto si fosse pensato».(20)
Romano Guardini, Le età della vita, Vita e Pensiero, Milano, 1986.
Romano Guardini, Le età della vita, Vita e Pensiero, Milano, 1986.
lunedì 31 gennaio 2011
Allora mi rialzerò di nuovo
Signore,
la croce è troppo pesante per te
e tuttavia tu la porti
perché il Padre lo vuole, per noi.
Il suo carico è superiore alle tue forze
e tuttavia tu non la rifiuti.
Cadi, ti rialzi e prosegui ancora.
Insegnami a capire che ogni vera sofferenza
presto o tardi, in un modo o nell'altro
risulterà alla fine troppo pesante
per le nostre spalle,
perché non siamo creati per il dolore,
ma per la felicità.
Ogni croce sembrerà superiore alle forze.
Sempre si udirà il grido stanco
e pieno di paura: "Non ne posso più!".
Signore, aiutami in quell'ora
con la forza della tua pazienza e del tuo amore
affinché non mi perda d'animo.
Tu sai quanto grande può essere
il peso di una croce.
Non ci imputare il diventar deboli,
ma aiutaci a rialzarci.
Rinnovami nella pazienza,
infondimi la tua forza nell'anima.
Allora mi rialzerò di nuovo,
accetterò il mio peso e andrò oltre.
Autore: Romano Guardini
la croce è troppo pesante per te
e tuttavia tu la porti
perché il Padre lo vuole, per noi.
Il suo carico è superiore alle tue forze
e tuttavia tu non la rifiuti.
Cadi, ti rialzi e prosegui ancora.
Insegnami a capire che ogni vera sofferenza
presto o tardi, in un modo o nell'altro
risulterà alla fine troppo pesante
per le nostre spalle,
perché non siamo creati per il dolore,
ma per la felicità.
Ogni croce sembrerà superiore alle forze.
Sempre si udirà il grido stanco
e pieno di paura: "Non ne posso più!".
Signore, aiutami in quell'ora
con la forza della tua pazienza e del tuo amore
affinché non mi perda d'animo.
Tu sai quanto grande può essere
il peso di una croce.
Non ci imputare il diventar deboli,
ma aiutaci a rialzarci.
Rinnovami nella pazienza,
infondimi la tua forza nell'anima.
Allora mi rialzerò di nuovo,
accetterò il mio peso e andrò oltre.
Autore: Romano Guardini
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