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mercoledì 27 febbraio 2013
Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado.
Ogni violento si picca di essere coraggioso, ma la maggior parte di loro sono solo vigliacchi. Combattono solo se la paura che hanno del nemico è minore di quella che nutrono per coloro che li mandano a combattere. Si affrettano ad abbattere il nemico, per timore di essere abbattuti. Esposti, fuggono, accerchiati, si arrendono. Ma il nonviolento è sempre accerchiato, esposto, e pronto a farsi battere, la sua nonviolenza consiste nel rifiutare di difendersi, nel rifiutare di indietreggiare, nel rifiutare di tacere, nel rifiutare di essere spinti da parte, nel rifiutare di farsi commiserare, di farsi dimenticare, di farsi perdonare. Se gli manca il coraggio, la sua nonviolenza si annulla. Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado. La furbizia è violenza rivestita di viltà e foderata di tradimento. La nonviolenza è l’esatto contrario della furbizia; è un atto di fiducia nell’uomo e di fede in Dio, è una testimonianza della verità fino alla conversione del nemico. Essa tende non a eliminare il nemico, ma a destarne la coscienza. Non a metterlo in fuga, ma a metterlo di fronte a se stesso. Non a ridurlo in balia, ma ad affidarlo al suo proprio giudizio. Non a soggiogarlo, ma a liberarlo dalla sua cecità e dalla catena di misfatti che ne sono derivati. Non a umiliarlo, ma a ricordargli che il suo onore lo obbliga a fare onore al diritto. Non a imporgli la pace e a dettargli la legge , ma a condurlo all’accordo. (Lanza del Vasto, Vinöbâ ou le nouveau pélerinage).
sabato 28 luglio 2012
il ricordo della nostra ragion d'essere
"- Il Padre che da lontano lo vide, si alzò e gli corse incontro, ed a lungo lo abbracciò: "si faccia festa..."-
La Festa, è la festa della presenza di Dio in mezzo a noi, è la commemorazione della nostra fondazione, è il ricordo della nostra ragion d'essere e la nostra ragione di essere insieme.
Dio è in noi ed è visibile. È per questo che ci mettiamo i nostri begli ornamenti, i nostri abiti colorati...; perché assumiamo la figura del dio.
La Festa è la presenza di Dio tra di noi ed è la presenza di noi stessi a Dio. È in qualche modo l'atto d'amore, il matrimonio del popolo con Dio. Ogni matrimonio è una festa, e ogni festa è un matrimonio; il matrimonio è una sfida alla morte: unendoci faremo sprizzare una scintilla di vita, faremo uscire da questa unione un vivente che durerà oltre la nostra morte.
Rinunceremo a noi stessi per entrare nella vita eterna. La Festa vuol dire questo.
Lanza del Vasto
domenica 22 luglio 2012
C'imbrogliò tutti, ci rovinò per gioco
"... Il racconto, il personaggio, non ebbi da inventarli, perché Giuda, l'ho incontrato.
E qualunque cosa volessi sapere de' motivi intimi dell'apostolo, mi bastava interrogare lui.
La prima volta non si presentò. Stava chiacchierando con altri mentre sbirciava dalla mia parte. Sciorinava storie facete e scurrili, però in mezzo a quella compagnia volgare e scempia, mi apparve come un giovane di educazione raffinata e d'ingegno acuto.
La seconda volta mi investì con saluti festosi come fossimo amici che si ritrovavano, e amici diventammo. S'attaccò a' miei passi e non mi lasciò più.
... Ci richiamarono affari urgenti di famiglia. Tornammo. Lo presentai ai miei. Intrigò con la moglie d'un mio fratello contro l'altro. C'imbrogliò tutti, ci rovinò per gioco. Il giorno che lo seppi scrissi le prime pagine del Giuda.
(Da "Giuda e io", avvertenza al lettore di Lanza del Vasto per l'edizione italiana del 1975)
E qualunque cosa volessi sapere de' motivi intimi dell'apostolo, mi bastava interrogare lui.
La prima volta non si presentò. Stava chiacchierando con altri mentre sbirciava dalla mia parte. Sciorinava storie facete e scurrili, però in mezzo a quella compagnia volgare e scempia, mi apparve come un giovane di educazione raffinata e d'ingegno acuto.
La seconda volta mi investì con saluti festosi come fossimo amici che si ritrovavano, e amici diventammo. S'attaccò a' miei passi e non mi lasciò più.
... Ci richiamarono affari urgenti di famiglia. Tornammo. Lo presentai ai miei. Intrigò con la moglie d'un mio fratello contro l'altro. C'imbrogliò tutti, ci rovinò per gioco. Il giorno che lo seppi scrissi le prime pagine del Giuda.
(Da "Giuda e io", avvertenza al lettore di Lanza del Vasto per l'edizione italiana del 1975)
sabato 10 marzo 2012
un atto di fiducia nell’uomo
la sua nonviolenza consiste
nel rifiutare di difendersi,
nel rifiutare di indietreggiare,
nel rifiutare di tacere,
nel rifiutare di essere spinti da parte,
nel rifiutare di farsi commiserare,
di farsi dimenticare,
di farsi perdonare.
Se gli manca il coraggio, la sua nonviolenza si annulla.
Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado. La furbizia è violenza rivestita di viltà e foderata di tradimento.
La nonviolenza è l’esatto contrario della furbizia;
è un atto di fiducia nell’uomo
è una testimonianza della verità
fino alla conversione del nemico.
Essa tende non a eliminare il nemico,
ma a destarne la coscienza.
Non a metterlo in fuga,
ma a metterlo di fronte a se stesso.
Non a ridurlo in balia,
ma ad affidarlo al suo proprio giudizio.
Non a soggiogarlo,
ma a liberarlo dalla sua cecità e dalla catena di misfatti che ne sono derivati.
Non a umiliarlo,
ma a ricordargli che il suo onore lo obbliga a fare onore al diritto.
Non a imporgli la pace e a dettargli la legge ,
ma a condurlo all’accordo.
(Lanza del Vasto, Vinöbâ ou le nouveau pélerinage).
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