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domenica 18 novembre 2012

mentre tramonta un anno e ne inizia un altro


È comunque importante ogni tanto fermarsi e ripassare le azioni più abituali delle nostre giornate per ritrovarne il significato, evitando così il rischio, tutt'altro che ipotetico, di viverle solo in superficie. È una riflessione che ci sembra opportuno offrire anche ai nostri lettori mentre tramonta un anno (liturgico) e ne inizia un altro.
Le piste di riflessioni che si prestano per dei momenti di raccoglimento come in un corso di esercizi spirituali sono molto varie. Potrebbe essere utile ad es. l'obiettivo di ripassare ciò che si ritiene più ovvio: le azioni più abituali della giornata. Ci sono appuntamenti così legati all' abitudine che sfuggono all' avvertenza, passano inosservati, eppure sono espressioni significative della vita. Non ci sono solo i momenti solenni ad es. le grandi tappe o i grandi appuntamenti segnati dall'età oppure le ricorrenze liturgiche che rompono la monotonia quotidiana. La vita è fatta di situazioni modeste, umili, feriali, inappariscenti, che finiscono sommerse nell'automatismo, eppure non sono insignificanti. È più che utile perciò il tentativo di perseguirne il senso e portarlo sul piano della coscienza. Il filo che collega i vari momenti della vita quotidiana è il tempo. Seguendone i ritmi è dato di imbattersi su azioni che abitualmente si sottraggono all'osservazione.   Mario Bizzotto

sabato 17 novembre 2012

il suo amen, quello più difficile


Dire amen
Si dice: il tempo corre e passa. È davanti e dietro di noi. Quello rimasto alle spalle è contrassegnato da una storia di compiti assolti e di altri rimasti inadempiuti, di piccoli obiettivi raggiunti e altri falliti, di gioie e delusioni, di sorprese liete e sciagure amare. Tutto è passato e resta il rammarico per quanto di sbagliato o trascurato è rimasto dietro di sé. Come sarebbe bello se molte cose non fossero capitate. Si vorrebbe vedere un panorama pulito, senza segni di degrado e macchie. Sarebbe così bello se tutto avesse funzionato con ordine, ogni gesto, ogni parola, ogni iniziativa e ogni desiderio. Ma non saremmo allora al di fuori della storia? Non ci si fermerebbe nel mondo del sogno e della fantasia, in un mondo irreale? Camminare nei sentieri del mondo comporta accettare l'imperfetto. È il momento di dire: amen! Quello che è stato poteva essere diverso, ma è inutile esasperarsi per quanto non può essere cambiato, eppure se ne può trarre una lezione di saggezza, quella più importante, perché insegna ad accettarsi come esseri limitati. Dire amen al passato con le sue carenze è un atto di umiltà.
Forse bruciano le ferite di un dolore non ancora digerito. Si è bloccati dalla domanda: perché? Non è facile evitarla. È carica di risentimento. Davanti a una sciagura è istintiva la ribellione. Non è questa però la risposta più pertinente. Si pretendono delle giustificazioni impossibili. Chi ce le può dare? Ammesso poi il caso che ci fossero date, sarebbero capite e accettate? Si chiede "perché?" là dove non si ama a sufficienza. Non è il "perché?" la giusta reazione alle contrarietà, ma l'amen. Chi sa dire amen alle prove più dure è arrivato alla risposta più elevata.
Il tempo è anche quello che ci sta davanti. Non si sa quale destino ci aspetta. Davanti al futuro si vive di trepidazione. Si è sospesi nell'incertezza. Ripugna dover brancolare in un contesto che non è rassicurante di fronte ai possibili rischi. Al cristiano è chiesto fiducia e di questa è testimone se ancora una volta arriva al punto di dire amen.
Un malato stretto da dolori atroci, dopo aver esposto in termini chiari la sua situazione, ha concluso: sono nelle mani di Dio. Ha detto il suo amen, quello più difficile. Non si è domandato: perché? Non c'era più tempo da perdere con interrogativi. Nel momento supremo ha trovato la forza di dire amen, parola più giusta e più appropriata del credente. Mai il tempo è vissuto in maniera più intensa come quando si pronuncia rivolgendosi a Dio il proprio amen. E difficile da proferire sul passato e lo è anche sul futuro. Insegna a non essere importanti, a sentirsi precari, bisognosi di salvezza. L'amen diventa allora la preghiera del supplice, ci mette al giusto posto, stabilisce il corretto rapporto della creatura nei confronti del creatore. È il sì della creazione dalla quale parte il corso del tempo ed è il sì della meta finale verso cui il tempo è diretto, il sì che Cristo pronuncia al Padre (Ap 3,15 e 2Cor 1,19).        Vivere il tempo come dono e grazia di Mario Bizzotto 

venerdì 16 novembre 2012

il sentimento della fiducia in Dio, nelle cui mani ci si rimette


Il tempo della notte
C'è un altro appuntamento della giornata carico di senso: la notte. Di solito quando si pensa al tempo, viene in mente il giorno con le sue ore di luce e con il fervore delle sue opere. Si lascia cadere in secondo ordine la notte, nonostante sia un tempo tanto importante quanto il giorno. Il calare della notte è il momento del resoconto. Si ripassa la giornata trascorsa e il più delle volte si prova rammarico per quello che non è andato bene, per le scelte sbagliate e le omissioni.
Altre volte, più raramente, si chiude il giorno contenti per eventi fortuiti a noi favorevoli. Sono capitati senza essere previsti. Si è stati semplicemente sorpresi. Bisogna riconoscere che nella vita il gratuito gioca un ruolo determinante. Non solo quando siamo lieti perché tutto è andato per il giusto verso. Ci sono stati incontri fortunati, esperienze esaltanti, progetti riusciti, ma anche quando qualcosa non ha funzionato a dovere e se ne prova delusione e scontentezza. Se al rincrescimento è unito anche un senso di colpa, è segno che si è persa un' occasione buona, si è sciupato del tempo e non si è colto il momento propizio. La riflessione della sera fa capire come è la vita, come essa corra sulle trame del gratuito. Si ripresenta nella sera quello che si è sperimentato alla comparsa della luce mattutina. Il gratuito è un grembo entro il quale siamo nascosti e protetti.
Ad esso si risponde con il sentimento della riconoscenza. La preghiera cristiana, in particolare il breviario insegna a dire grazie. Si sa poi che grazie non lo si dice a una legge o a un processo di natura, non avrebbe senso. Lo si può dire solo a una persona. La preghiera la ricorda, chiamandola per nome: Dio.
Anche la notte, come ogni istante dell'esistenza è dono. Non è un evento neutro e impersonale, è opera di una mano provvida, alla quale ci si affida nel sonno. Entrando nel sonno è come se smontassimo di guardia per cederla a un custode. È Dio che veglia, come suggerisce la compieta e ancora una volta ci troviamo nel gratuito.
Molti poeti hanno inneggiato alla notte, da Dante a Foscolo, da Novalis e Péguy. In particolare quest'ultimo vi riconosce una seconda creazione. Attraverso di essa si rigenera il mondo. La notte è la creatura della più grande carità, dal momento che culla gli esseri in un sonno riparatore, cura le ferite e porta consiglio. Agostino la rievoca nell'inno dell'Exultet, uno dei canti più commoventi della liturgia. Si coglie uno sfogo di stupore e un'esplosione incontenibile di gioia.
Tutti gli eventi centrali della Bibbia hanno come loro cornice la notte: la liberazione dall'Egitto, la nascita di Cristo, perfino la sua morte, avvenuta in un buio che ha coperto la terra e da ultimo la risurrezione.
Nella notte ci si dispone al sonno. C'è chi l'ha interpretato come una rapina perpetrata ai danni della vita. Un chiaro fraintendimento. Il sonno non ruba, anzi consente il disbrigo degli impegni quotidiani. Peggio sarebbe pensare che il sonno spegnendo la coscienza ci renda simile agli animali. Si dimentica che lo stesso proverbio popolare parla del sonno del giusto. Assume perciò una qualifica morale. Il breviario a sua volta cita il sentimento della fiducia in Dio, nelle cui mani ci si rimette. Invita alla distensione. Si ricorda il passato e nel contempo i volti delle persone sulle quali è scesa per sempre la sera. La fine della giornata e il sopraggiungere del sonno suggeriscono la fine ultima. È un'immagine della vita che volge al termine. Un richiamo velato di malinconia. Ogni congedo è sempre una ferita, è il momento dell'Amen su quello che è stato e su quello che verrà. La fine della giornata è un anticipo o preludio della fine del tempo dell' esistenza.   
Vivere il tempo come dono e grazia (Mario Bizzotto)