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lunedì 26 dicembre 2011

come un idiota, io ci avevo creduto.


Ascoltami o Dio!
Fino ad oggi non ti avevo mai parlato,
ma ora desidero dirti: "Come ti va?".
Ascoltami, o Dio: m'avevano detto che tu non esistevi
e, come un idiota, io ci avevo creduto.
Ma l'altra sera, dal fondo della buca di una bomba
ho veduto il tuo cielo.
All'improvviso mi sono reso conto che m'avevano
detto una menzogna.
Se mi fossi preso la briga di guardare bene le cose
che hai fatto tu, avrei capito subito che quei tali
si rifiutavano di chiamare gatto un gatto.
Io mi chiedo, o Dio, se acconsentiresti a stringermi la mano.
E tuttavia ho la sensazione che tu comprenderai...
Strano che sia stato necessario che io venissi in questo
posto d'inferno, per avere il tempo di vedere il tuo volto.
Io ti amo terribilmente, ecco quello che voglio che tu sappia.
Ci sarà ora una battaglia spaventosa.
Chissà? Può darsi che io arrivi da te questa sera stessa.
Non siamo stati buoni compagni fino ad ora ed io mi domando,
mio Dio, se tu mi aspetterai sulla porta.
Guarda, ecco che piango! Proprio io mettermi a frignare!
Ah, se ti avessi conosciuto prima...
Andiamo, bisogna che io parta.
Che cosa buffa: dopo che t'ho incontrato
non ho più paura di morire.
Arrivederci.
- preghiera trovata sul corpo di un soldato americano ucciso durante lo sbarco nell'Africa del Nord, nella seconda guerra mondiale -

mercoledì 14 dicembre 2011

il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio


La gioia di credere
Poiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri,
ma per prenderci e correre il mondo in noi,
lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità,
di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte,
alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c'investano, ci invadano.
Fa' che da essi penetrati come "faville nelle stoppie"
noi corriamo le strade di città accompagnando l'onda delle folle
contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia.
Perché ne abbiamo veramente abbastanza
di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie:
essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più.
Fa' esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio.
(Madeleine Delbrel)

lunedì 12 dicembre 2011

Se non posso fare qualcosa di grande


 Ma tu aspettavi me
Io ti cercavo Dio.
Volevo che tu mi convincessi della tua realtà
e mi dimostrassi la tua potenza
e la tua bontà.
Io ti chiedevo chiarezza
circa il senso di questa esistenza
enigmatica e confusa.
Ma tu aspettavi me.
Ti cercavo nel cielo.
Tu aspettavi me su questa terra,
qui dove Cristo è vissuto.
Tu volevi che io,
con parole e opere,
provassi la tua potenza
e la tua bontà.
Questo mi fa paura.
Hai aspettato invano?
Tutto è troppo grande per me, Signore,
e io sono troppo piccolo.
Signore, fa’ che io non disperi!
Se non posso fare qualcosa di grande,
concedimi almeno di essere fedele nell’impegno,
fammi sentire dove tu mi vuoi
e che cosa attendi da me.
Johann Bernitz Hygen



Prendici per mano
Prendici per mano, o Dio, nostro Padre.
Tu solo puoi guidarci nel nostro cammino
e aiutarci a superare ogni difficoltà.
Sappiamo di essere deboli e poveri,
ma tutto possiamo nella tua potenza
e nel tuo conforto.
Tu sei la nostra unica speranza:
ciò che è impossibile a noi,
è facilissimo nelle tue mani.
Tu sei un Dio vicino e ricco di misericordia:
rendici attenti alla tua presenza,
docili alla tua parola,
disponibili al tuo progetto di vita.
Trasforma con il tuo Spirito le nostre persone:
rendici più trasparenti e generosi,
capaci di ascoltare e di rispondere sempre,
capaci di pregare.
Fa’ che maggiormente uniti a te e tra di noi
siamo segno della tua carità verso tutti.
Alimenta la nostra speranza
con la certezza che non una lacrima,
uno sforzo,
una fatica sarà inutile,
se vissuta con amore verso te e i fratelli.
Tu solo puoi dare alla nostra mente,
consolazione al cuore,
pace allo spirito.
Fa’ che ti sappiamo riconoscere nell’istante,
nel quotidiano,
nella condizione concreta che viviamo,
per far bene e con amore ogni cosa.

domenica 4 dicembre 2011

Non ho più paura.


Non ho più paura.
Possono soffiare venti e sferzare tempeste
ma so che la barca giungerà a riva
perchè là tu mi stai aspettando.
Non ho più paura.
Posso smarrire la via del bene
confuso tra mille richiami
e tradito da falsi profeti
ma so che la vita dispenserà i suoi frutti,
perchè tu sei fedele al tuo amore.
Non ho più paura.
Posso urlare la mia disperazione
quando la morte assalta i confini
e porta lontano chi amo
ma so che altrove,
nel tuo silenzio,
c'è lo spazio infinito dell'amore.
Non ho più paura.
Non posso temere l'ignoto
qualsiasi forma lo rappresenti
perchè conosco il tuo abbraccio paterno
e so che nel viaggio più lontano
sarò come un figlio nel grembo di sua madre.
(da "Avvenga secondo la vostra fede" di S. Messina e P. Raimondo)
O Signore, com'è difficile accettare la tua via!
Tu vieni a me come un piccolo e debole bambino
nato lontano da casa sua.
Tu vivi per me come uno straniero nella sua terra.
Tu muori per me come un criminale fuori delle mura della città,
reietto dal tuo stesso popolo, frainteso dai tuoi amici
e sentendoti abbandonato dal tuo Dio.

Mentre mi preparo a celebrare la tua nascita,
cerco di sentirmi amato, accettato e a casa mia in questo mondo,
e cerco di vincere i sentimenti di alienazione e di separazione
che continuano ad assalirmi.
Mi chiedo, però, se il mio profondo senso di non avere una casa
non mi porti più vicino a te
dei miei occasionali sentimenti di appartenenza.
Dove celebro veramente la tua nascita?
Nell'intimo della casa o in una casa straniera,
fra amici accoglienti o fra stranieri sconosciuti,
con sentimenti di benessere o con sentimenti di abbandono?

Non devo sfuggire alle esperienze che sono più vicine alle tue.
Come tu non appartieni a questo mondo,
così io pure non appartengo a questo mondo.
Ogni volta che sento così, ho l'occasione di essere grato
e di abbracciarti meglio
e di gustare più pienamente la tua gioia e la tua pace.

Vieni, Signore Gesù, e sta' con me laddove mi sento più povero!
Confido che questo sia il luogo dove troverai la tua mangiatoia
e porterai la tua luce.
Vieni, Signore Gesù, vieni!
Amen!

( HENRI J. M. NOUWEN, "In cammino verso l'alba", Ed. Queriniana )

sabato 3 dicembre 2011


Chi non prega?
Un contadino, durante un giorno di mercato, si fermò a mangiare in un affollato ristorante dove pranzava di solito anche il fior fiore della città. Il contadino trovò un posto in un tavolo a cui sedevano già altri avventori e fece la sua ordinazione al cameriere.
Quando l’ebbe fatta, congiunse le mani e recitò una preghiera. I suoi vicini lo osservarono con curiosità piena di ironia; un giovane gli chiese: “A casa vostra fate sempre così? Pregate veramente tutti?”.
Il contadino, che aveva incominciato tranquillamente a mangiare rispose: “No, anche da noi c’è qualcuno che non prega”.
Il giovane ghignò: “Ah, sì? Chi è che non prega?”. “Beh”, proseguì il contadino “per esempio le mie mucche, il mio asino e i miei maiali…”.

Bruno Ferrero
(da “Il canto del grillo – Piccole storie per l’anima”)
Mi ricordo che una volta, dopo aver camminato tutta la notte ci addormentammo all’alba vicino a un boschetto. Un derviscio che era nostro compagno di viaggio lanciò un grido e si inoltrò nel deserto senza riposarsi un solo istante.
Quando fu giorno gli domandai: “Che ti è successo?”.
Rispose: “Vedevo gli usignoli che cominciavano a cinguettare sugli albrei, vedevo le pernici sui monti, le rane nell’acqua e gli animali nel bosco. Ho pensato allora che non era giusto che tutti fossero intenti a lodare il Signore, e che io solo dormissi senza pensare a Lui”.

Sa’di
(da “Il canto del grillo – Piccole storie per l’anima”

lunedì 28 novembre 2011

sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù


 La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve
dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo.

Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui
sta salda la fede,
perdura la devozione,
resta la virtù:
la preghiera,
il digiuno,
la misericordia.
Ciò per cui la preghiera bussa,
lo ottiene il digiuno,
lo riceve la misericordia.
Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra.
Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno.
Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate.
Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente.
Perciò chi prega, digiuni.
Chi digiuna abbia misericordia.
Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.
Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno.
Abbia compassione, chi spera compassione.
Chi domanda pietà, la eserciti.
Chi vuole che sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri.
E’ un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per se.
O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te.
Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un’unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un’unica difesa, un’unica preghiera sotto tre aspetti. Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c’è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Sacrificio a Dio è uno spirito contrito; un cuore contrito e umiliato tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50,19). O uomo, offri a Dio la tua anima e offri l’oblazione del digiuno, perché sia pura l’ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia, O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perché ciò che avrai lasciato in eredità a un altro, tu non lo avrai.

venerdì 25 novembre 2011

Gesù è


Chi è Gesù per me?
Gesù è la parola da predicare
Gesù è la verità da rivelare
Gesù è la strada da percorrere
Gesù è la luce da diffondere
Gesù è la vita da vivere
Gesù è l'amore da amare
Gesù è la gioia da condividere
Gesù è la pace da dare.
Gesù è l'affamato da nutrire
Gesù è l'assetato da dissetare
Gesù è l'ignudo da vestire
Gesù è il senzatetto da accogliere
Gesù è il malato da curare
Gesù è la persona sola da amare
Gesù è il reietto da accettare
Gesù è il lebbroso cui lavare le piaghe
Gesù è il mendicante cui donare un sorriso
Gesù è l'alcolizzato cui prestare ascolto.
Gesù è il malato di mente da proteggere
Gesù è il piccolo da abbracciare
Gesù è il cieco da guidare
Gesù è il muto per cui parlare
Gesù è l'invalido da sostenere
Gesù è il tossico cui offrire amicizia
Gesù è la prostituta da salvare dal pericolo,
la donna alla quale dare affetto
Gesù è il carcerato da visitare
Gesù è il vecchio da assistere.
Gesù è il mio Dio .Gesù è il mio sposo
Gesù è la mia vita. Gesù è il mio unico amore.
(B. Madre Teresa di Calcutta)

sabato 19 novembre 2011

tendere verso quella bella armonia


Dio mio, ti ringrazio perché mi hai creato così come sono. Ti ringrazio perché a volte posso essere così colma di vastità, quella vastità che non è poi nient’altro che il mio essere ricolma di te. Ti prometto che tutta la mia vita sarà un tendere verso quella bella armonia e anche verso quell’umiltà e quel vero amore di cui mi sento capace nei miei momenti migliori.  S. dice che in quei momenti noi siamo in contatto diretto con le forze creative e cosmiche che operano in ogni persona e dice che in definitiva quelle forze creatrici sono parte di Dio e si dovrebbe avere il coraggio di dirlo. (Etty Hillesum)

mercoledì 16 novembre 2011

austero senza tristezza


Aiutami, Signore mio Dio,
ad essere obbediente senza ripugnanza,
povero senza rammarico, casto senza presunzione,
aiutami, Signore mio Dio,
ad essere paziente senza mormorazione,
umile senza finzione, giocondo senza dissipazione,
aiutami, Signore mio Dio,
ad essere austero senza tristezza,
prudente senza fastidio, pronto senza vanità,
aiutami, Signore mio Dio,
ad essere timoroso senza sfiducia,
veritiero senza doppiezza, benefico senza arroganza,
in modo che senza superbia corregga i miei fratelli,
e senza simulazione li edifichi con le parole e con l’esempio.
SAN TOMMASO D’AQUINO.

lunedì 14 novembre 2011

Il Signore ti circonda col suo amore

Il Signore
ti vede nei tuoi giorni di gioia e di tristezza,
si emoziona per le tue speranze e le tue tentazioni.
Il Signore
è partecipe di tutte le tue angosce e dei tuoi ricordi,
presente agli alti e bassi del tuo umore.
Il Signore
ha veramente contato i capelli del tuo capo,
conosce ogni dettaglio del tuo vivere.
Il Signore
ti circonda col suo amore e ti porta tra le sue braccia,
ti solleva da terra e ti porta sul cuore.
Il Signore
ascolta la tua voce e sente i battiti del tuo cuore,
percepisce il soffio del tuo respiro.
Il Signore
ti ama meglio di quanto tu possa amare te stesso!

John Henry Newman

mercoledì 21 settembre 2011

annunciarle che il medico delle nostre anime è vivo

Beato apostolo Matteo, dicci cosa è avvenuto tra te e Gesù, perché alla sua chiamata hai lasciato tutto per seguirlo subito, parlaci del suo sguardo, che ti ha convinto più delle sue parole. Prega il Figlio di Davide perché noi possiamo incontrarlo come tu l'hai incontrato, perché ci mettiamo sempre al suo seguito e gli proviamo il nostro amore nella radicalità delle esigenze evangeliche. Dio è venuto alla tua tavola, e certamente era quella dei peccatori, ma era soprattutto la tua anima peccatrice che egli si è degnato di visitare, mangiando e comunicando con te. Intercedi presso Dio clementissimo perché noi incontriamo la misericordia, e perché, cessando di allinearci con quelli che si scandalizzano, non esitiamo più ad andare incontro all'umanità più peccatrice, più reietta, più malata, per annunciarle che il medico delle nostre anime è vivo.http://www.laparola.it/laparoladioggi.php

martedì 29 marzo 2011

concedici di vedere i nostri peccati


Signore delle nostre vite
allontana da noi
lo spirito dell’ozio
della tristezza
del dominio
e le parole vane.
Accorda ai tuoi servi
lo spirito di castità
di umiltà
di perseveranza
e la carità che non viene mai meno.
Sì, nostro Signore e nostro Re
concedici di vedere i nostri peccati
e di non giudicare i fratelli
e tu sarai benedetto
ora e nei secoli dei secoli.
Amen.
Efrem il Siro
preghiera per la Quaresima

martedì 22 marzo 2011

Il lume che offro

Perché accendiamo candele in chiesa
Signore,
In non so pregare, non so che dire,
non ho molto tempo.
Il lume che offro
è un pezzo del mio tempo,
un po’ del mio bene,
un po’ di me stesso.
Che io lascio qui, davanti a te, Signore…
Questo lume è la mia preghiera.
Che io continuo andandomene…
(Letta in una chiesa di Carcassonne (Francia) accanto alle candele accese davanti al Crocifisso)

giovedì 17 marzo 2011

Dio deve avere la prima Parola

Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola, 
perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola.
Facciamo silenzio dopo l’ascolto della Parola, 
perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio la mattina presto, 

perché Dio deve avere la prima Parola. 
Facciamo silenzio prima di coricarci, 
perché l’ultima Parola appartiene a Dio 
Facciamo silenzio solo per amore della Parola.

D. Bonhoeffer

la disponibilità a rischiare nel nome del Signore

(Est 4,1.3-5.12-14)
Non ho altro soccorso fuori di te, o Signore.
Dal libro di Ester
In quei giorni, la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un'angoscia mortale. Si prostrò a terra con le sue ancelle da mattina a sera e disse

«Tu sei benedetto, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all'infuori di te, o Signore, perché un grande pericolo mi sovrasta.
Io ho sentito dai libri dei miei antenati, Signore, che tu liberi fino all'ultimo tutti coloro che compiono la tua volontà. Ora, Signore, mio Dio, aiuta me che sono sola e non ho nessuno all'infuori di te.
Vieni in soccorso a me, che sono orfana, e poni sulle mie labbra una parola opportuna davanti al leone, e rendimi gradita a lui. Volgi il suo cuore all'odio contro chi ci combatte, a rovina sua e di quanti sono d'accordo con lui. Quanto a noi, liberaci dalla mano dei nostri nemici, volgi il nostro lutto in gioia e le nostre sofferenze in salvezza
».
La preghiera di Ester contiene degli elementi fondamentali anche in relazione al modo in cui è opportuno pregare.
Dopo avere elevato a Dio la preghiera di lode, Ester avanza la sua richiesta.
La preghiera si presenta nelle parole di Ester come un cammino graduale di maturazione spirituale. La capacità di pregare autenticamente, come la possibilità di raggiungere certe profondità di dialogo col Signore, non deriva da una tecnica, o da una metodologia appresa, bensì da un cammino graduale, durante il quale la persona entra in un’intimità sempre più profonda con lo Spirito di Dio, come del resto avviene in ogni relazione anche a livello umano; con il tempo e con la condivisione dell’esperienza, ogni rapporto personale si intensifica e si approfondisce.
Il riferimento di Ester alla sua infanzia non è casuale.
In età adulta Ester è capace di affidare a Dio le sue problematiche personali, è capace di esprimere una preghiera di lode e di richiesta; e una tale preghiera, come si vede nel seguito del racconto, sortisce infallibilmente i suoi effetti benefici su un intero popolo.
Soprattutto ciò che viene seminato nell’infanzia, torna in superficie nei momenti più difficili della vita adulta. La preghiera di Ester termina riconoscendo la signoria assoluta di Dio e la sua conoscenza di tutto ciò che è nascosto; segue poi la richiesta del suo intervento in favore di Israele, intervento che Dio compirà attraverso la persona stessa di Ester.
L’orante deve perciò sapere che la preghiera di intercessione, esige un contributo personale da parte di colui che prega, un contributo di lotta e di rischio personale, un contributo di disponibilità a essere strumenti dell’opera di Dio, pagando eventualmente di persona. Ester dimostra di avere anche questa seconda caratteristica dell’orante: la disponibilità a rischiare nel nome del Signore. Alla domanda su dove possa trovarsi un tale coraggio, si risponde dicendo che il coraggio di servire Dio si attinge dalla preghiera stessa. La preghiera è infatti un modo di attingere forza nel Signore (cfr. Ef 6,10; 2 Tm 2,1). 
Quel Dio che Ester percepisce come onnipotente, come preveniente, come Colui che tutto conosce e tutto domina, ma è innanzitutto il nostro Padre.
Il cuore di Dio, infinitamente perfetto e sensibile di una sensibilità soprannaturale, si intenerisce alla richiesta dell’uomo che si avvicina a Lui con quella stessa fiducia dei bambini.
La preghiera cristiana assume a questo punto il suo significato più profondo: l’esperienza interiore di sentirsi “figli di Dio”, conduce il cuore umano verso la fiducia illimitata della preghiera.
http://www.cristomaestro.it/lectio_liturgica/tempi_forti/quaresima/giovedi_quaresima.htm



lunedì 14 marzo 2011

il dono che più ci manca

«Per quanto saremo pazienti con te
mai lo saremo quanto tu lo sei con noi,
o Signore:
e allora torniamo come l'uomo dei campi
di un tempo
che seminava
e poi attendeva il giro delle stagioni,
l'avvicendarsi delle piogge e del sole:
così, attenderemo pur noi
i segni della tua venuta.
Signore, è la pazienza forse il dono
che più ci manca:
pazienza davanti ai tuoi silenzi,
pazienza enza per le tue assenze e i tuoi ritardi,
per le moltissime cose che non capiamo:
Signore, fa' che non perdiamo
anche la poca pazienza che resiste.
E anche tu non perdere la pazienza con noi..
tu sei un Dio che pena per l'uomo, come nessuno.
Tu hai detto: nella vostra pazienza
possederete le vostre vite:
sia così, Signore».

(David Maria Turoldo).

domenica 13 marzo 2011

La rinuncia rende acuto lo sguardo


A me che ogni anno non riesce di fare non dirò il digiuno, ma nemmeno l'astinenza, con i panini secolarizzanti di tutti i bar nei dintorni della redazione e, prima che andasse a cucinare per il Padreterno, i manicaretti di mia suocera e i suoi sacrosanti ricatti affettivi («le ho fatto le polpette, non le piacciono più?») a congiurare contro i miei virtuosi propositi; a me che ho fallito anche quando ho provato ad astenermi dalla televisione («ma proprio quest'anno che al venerdì c'è Zelig!») o da Internet invece che dalle carni, o dal parlare troppo (e allora in casa o al lavoro montava subito qualche discussione nella quale tacere proprio non potevo); a me che alle adorazioni eucaristiche dopo cena mi addormento come un sasso, e che ringrazio Dio perché non smette di offrirmi occasioni per qualche infimo gesto di carità, perché se aspetta che me le vada a cercare io campa cavallo... a me cristiano minimo, del suo editoriale è piaciuto tutto, ma di più l'idea che «la Quaresima, oggi, è anche rito dell'ironia: che sorride in faccia ai gufi della fine della storia», e che le vere facce quaresimali non sono le nostre, ma quelle «impresse sulle maschere del godimento», sulla «obesità delle nostre abitudini pigre e insaziabili» che ci rende insensibili a tutto, sul nostro tono di voce «perennemente alterato, il nostro gesto isterico», il naso «spiaccicato sul cellulare, non vediamo più niente», non sentiamo più niente.
Invece, dice Sequeri, «il digiuno affila la mente. La rinuncia rende acuto lo sguardo. L'esercizio dello spirito ingentilisce il gesto. L'eleganza del distacco ridona sensibilità all'essenziale. La silenziosa lotta con il male rende affidabili. Il credente transita così, con gesto sobrio e discreto, attraverso le anime flaccide e sepolcrali delle nuove divinità d'Occidente. Impara ad abitare coraggiosamente la disperazione della vita che vive per niente. Insegna a morire per qualcosa di enorme che riguarda tutti. Segna la soglia del mistero. E ci rende capaci di varcarla. Perché la generazione che viene esca dall'incantamento che l'istupidisce preventivamente: a caro prezzo. E ritorni sveglia per l'attrazione della vita che sta oltre la barriera. Deve finire questo paese dei balocchi: e deve ritornare, infine, il senso della vita come storia. Altroché, se deve». http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=354
Il mio viaggio verso Pasqua è incominciato.
Ho fatto tanti propositi:
rinuncerò a qualcosa,
frenerò la lingua,
sarò più paziente,
cercherò di vedere il positivo...
Ed ecco che già iniziano i problemi,
le difficoltà, le stanchezze,
la tentazione di lasciar perdere,
di rimandare al giorno dopo,
di dimenticare la mia promessa...
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
e sono già stufo e sbuffo.
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
ma non ci credo che ce la farò...
E provo vergogna... e anche un po' di rabbia...
Ma forse... ho sbagliato tutto.
Sì...
Ho sbagliato a pensare
che il cammino verso Pasqua,
significhi solo una serie di impegni e di rinunce,
una moltiplicazione di sacrifici e di preghiere...
Forse, in questa Quaresima,
dovrei solo abbandonarmi a te,
lasciarmi andare a te così come sono:
fragile, incapace, limitato, peccatore.
Abbandonarmi a te, perché
tu, Signore, sei il cammino che percorro.
Tu, Signore, sei la mano che mi guida.
Tu, Signore, sei lo sguardo che mi fa percepire gli altri.
Tu, Signore, sei la bocca quando ti do testimonianza.
Tu, Signore, sei l'orecchio, che ascolta le parole non dette.
Tu, Signore, sei la strada di questa Quaresima
che mi porta incontro a te,
che mi porta incontro agli altri.
Amen
. http://paroledivita.myblog.it/

mercoledì 9 marzo 2011

Svincolarsi dalle catene del rumore


Pregare è saldare il silenzio delle stelle
con il frastuono dei giorni.
Svincolarsi dalle catene del rumore
e scoprire le nostre musiche sotterranee.
Pregare è aprire un passaggio,
come si apre una chiusa o una diga;
aprire, nella trama dei giorni,
delle finestre su Dio,
fino a rendere la nostra vita porosa
alla vita di Dio,
fino a creare una osmosi,
uno scambio, un travaso di vita.
Pregare è indovinare la presenza
dell'eterno Assente,
e sapersene meravigliare,
e saperla respirare.

Ermes Ronchi

il mio rientrare in me stesso


Signore, solo tu conosci fino in fondo
quello che sono, quello che sento, quello che vivo...
Fa' che il mio rientrare in me stesso
di cui ogni tanto sento il bisogno,
non sia un rifugiarmi lontano da tutti e lontano da Te
per starmene solo e pensare ai fatti miei,
ma un incontrare più profondamente Te e gli altri.
Varie volte ho già fatto esperienza
che quando non mi lascio visitare dagli altri manca qualcosa:
la mia gioia, quando sono nella gioia, non è piena;
la mia fragilità, quando sono nella debolezza,
è coperta dalla paura o dall'ipocrisia.
Insegnami a lasciarmi guardare, a lasciarmi accogliere, a lasciarmi amare.
Così diventerò più umano, più me stesso:
nella crescente comunione con gli altri,
in una relazione personale che mi renda sempre più autentico.

mercoledì 2 marzo 2011

I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me


E' una bellissima favola che non sarà mai realtà in terra,ma è verissima se generosamente ci rivolgiamo a Dio con totale fiducia filiale e verità di bambini, spinti dal grato amore che sa guardare il colore intenso degli occhi del fratello. 
Credi tu tutto questo?
Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno di quegli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
"E' per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?".
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese:
"Quanti soldi hai?".
 Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio,
una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
"Bastano?" disse con orgoglio.
"Voglio fare un regalo a mia sorella più grande.
Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice.
Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi".
L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio.
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione".
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri.
Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
"Questa collana è stata comprata qui?".
"Si, signorina".
"E quanto è costata?"
"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me".
"Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli.
Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!".
Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare:
ha dato tutto quello che aveva".