Un libro di Max Picard intitolato Il mondo del silenzio e pubblicato nel 2007 da Servitium, una piccola casa editrice di Troina (Enna), nella traduzione di Jean-Luc Egger.
Picard è un filosofo nato nel 1888 a Schopfheim (Germania) e morto a Neggio (Ticino) nel 1965, autore tra l’altro nell’immediato dopoguerra dell’illuminante saggio Hitler in noi stessi.
Di lui Rainer Maria Rilke disse:
«È l’uomo più semplice e candido che io conosca».
Ecco, che cosa dice Max Picard del silenzio.
Picard è un filosofo nato nel 1888 a Schopfheim (Germania) e morto a Neggio (Ticino) nel 1965, autore tra l’altro nell’immediato dopoguerra dell’illuminante saggio Hitler in noi stessi.
Di lui Rainer Maria Rilke disse:
«È l’uomo più semplice e candido che io conosca».
Ecco, che cosa dice Max Picard del silenzio.
«Il silenzio non è qualcosa di negativo,
non equivale semplicemente al non parlare,
è invece alcunché di positivo,
è un intero mondo a sé stante.
Il silenzio è grande semplicemente perché esiste;
è
e già solo in questo suo esistere è grande,
la sua grandezza risiede nella sua pura esistenza.
Non vi è né inizio né fine del silenzio,
esso sembra provenire dai tempi in cui tutto era ancora quieto essere,
è come un essere increato, perpetuo.
Quando il silenzio è presente
sembra che non vi sia mai stato nient’altro che il silenzio.
Dove il silenzio è presente,
l’uomo è osservato dal silenzio:
esso osserva l’uomo più di quanto l’uomo non lo osservi.
L’uomo non mette alla prova il silenzio,
ma è quest’ultimo a mettere alla prova l’uomo.
Se non si può immaginare un modo in cui non vi sia altro che la parola,
si può invece concepire un modo abitato soltanto dal silenzio.
Il silenzio ha tutto in sé,
non è in attesa di nulla,
è sempre interamente presente
e dove appare riempie interamente lo spazio.
Il silenzio non si sviluppa né aumenta nel tempo,
è piuttosto il tempo a crescere nel silenzio.
È come se il tempo fosse stato seminato nel silenzio,
come se il tempo sbocciasse nel silenzio;
il silenzio è il suolo nel quale il tempo raggiunge la sua pienezza.
Pur non essendo visibile,
il silenzio esiste chiaramente,
si estende nei più lontani anditi eppure ci è vicino,
talmente vicino da parere parte del nostro corpo.
Non lo si può afferrare,
ma lo percepiamo immediatamente come una stoffa, come un tessuto.
La parola non può definirlo,
eppure è ben determinato e inconfondibile.
In nessun altro fenomeno
lontananza e prossimità,
vastità e presenza,
universalità e particolarità
sono uniti così saldamente come nel silenzio».
E poi, prosegue Picard:
«Il silenzio è oggi l’unico fenomeno “senza utilità”.
Del resto non si addice all’odierno mondo dell’utile,
si limita ad esistere e sembra non avere alcun scopo,
né si presta a qualsivoglia sfruttamento.
Tutti gli altri grandi fenomeni sono stati annessi al mondo dell’utile.
Persino lo spazio tra cielo e Terra è diventato
soltanto un luminoso anfratto nel quale sfrecciano gli aerei.
Anche l’acqua e il fuoco, gli elementi,
sono ricuperati dal mondo dell’utile;
del resto li si nota solo nella misura in cui sono incorporati in questo mondo dell’utile,
privati di qualsivoglia esistenza autonoma.
Ma il silenzio è estraneo al mondo dell’utile,
non se ne può fare nulla;
dal silenzio non si cava letteralmente nulla,
è “improduttivo”
e per questo non conta affatto.
Eppure dal silenzio promana più aiuto e più salvezza
che da tutto ciò che è utile.
Esso, l’inutile,
si pone accanto a ciò che è fin troppo strumentale,
appare improvvisamente al suo fianco
e spaventa per la sua assenza di scopo,
interrompe il meccanismo continuo di ciò
che è fin troppo utile.
Il silenzio rafforza quanto vi è d’intangibile nelle cose,
attenua il danno che lo sfruttamento arreca alle cose,
ripristina l’integrità delle cose riportandole
dal mondo dell’utilità disgregante al mondo dell’esistenza integra.
Dona alle cose un poco di sacra inutilità,
poiché proprio questo è il silenzio:
sacra inutilità».
Del resto non si addice all’odierno mondo dell’utile,
si limita ad esistere e sembra non avere alcun scopo,
né si presta a qualsivoglia sfruttamento.
Tutti gli altri grandi fenomeni sono stati annessi al mondo dell’utile.
Persino lo spazio tra cielo e Terra è diventato
soltanto un luminoso anfratto nel quale sfrecciano gli aerei.
Anche l’acqua e il fuoco, gli elementi,
sono ricuperati dal mondo dell’utile;
del resto li si nota solo nella misura in cui sono incorporati in questo mondo dell’utile,
privati di qualsivoglia esistenza autonoma.
Ma il silenzio è estraneo al mondo dell’utile,
non se ne può fare nulla;
dal silenzio non si cava letteralmente nulla,
è “improduttivo”
e per questo non conta affatto.
Eppure dal silenzio promana più aiuto e più salvezza
che da tutto ciò che è utile.
Esso, l’inutile,
si pone accanto a ciò che è fin troppo strumentale,
appare improvvisamente al suo fianco
e spaventa per la sua assenza di scopo,
interrompe il meccanismo continuo di ciò
che è fin troppo utile.
Il silenzio rafforza quanto vi è d’intangibile nelle cose,
attenua il danno che lo sfruttamento arreca alle cose,
ripristina l’integrità delle cose riportandole
dal mondo dell’utilità disgregante al mondo dell’esistenza integra.
Dona alle cose un poco di sacra inutilità,
poiché proprio questo è il silenzio:
sacra inutilità».
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