sabato 27 novembre 2010

NON SONO GRAN COSA, PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE

Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
pero’ posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro
Pero’ quando serve staro’ vicino a te

Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perche’ ti sostenga e non cadi

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Pero’ gioisco sinceramente quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Pero’ posso offrirti lo spazio necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Pero’ posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tuo amico.

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico
in quel momento sei apparso tu...

Non sei né sopra né sotto né in mezzo
non sei né in testa né alla fine della lista
Non sei ne il numero 1 né il numero finale e
tanto meno ho la pretesa
di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista

Basta che mi vuoi come amico
NON SONO GRAN COSA,
PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE

** Jorges Luis Borges **

Il mondo è solo un'eco

Se cerchi la felicità
preparati a far piovere
felicità su chiunque incontri.

Il mondo è solo un'eco:
qualsiasi cosa fai
ti torna indietro.

Non aspettarti mai amore
da coloro a cui tiri delle pietre,
e se conficchi spine negli altri
non aspettarti niente di piu'
che una ricca messe di ortiche.

E' un'eterna legge,
che l'odio genera l'odio
e l'amore genera amore.

*Osho Rajneesh*

venerdì 26 novembre 2010

più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo

"LA STORIA DELLA MATITA" di Paulo Coelho (dal libro "Sono come il fiume che scorre")
Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera.
Ad un certo punto, le domandò: "Stai scivendo una cosa che è capitata a noi?
E che magari parla di me.
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote:
"E' vero, sto scrivendo qualcosa di te.
Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo.
Vorrei che la usassi tu, quando sarai cresciuto.
Incuriosito, il bimbo guardò la matita, senza trovarvi alcunchè di speciale.
"Ma è uguale a tutte le matite che ho visto nella mia vita!"
Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose.
Questa matita possiede cinque qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza,
sarai sempre una persona in pace con il mondo.
" Prima qualità: puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare
che esiste una Mano che guida i tuoi passi."
"Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura
e usare il temperino.
E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma,
alla fine, essa risulta più appuntita."
Ecco perchè devi imparare a sopportare alcuni dolori:
ti faranno diventare un uomo migliore.
"Terza qualità: il tratto della matita ci permette di usare
una gomma per cancellare ciò che è sbagliato."
Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente
qualcosa di negativo: anzi,
è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.
"Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita
non è il legno o la sua forma esteriore,
bensì la grafite della mina racchiusa in essa."
Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te.
"Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno.
Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita lascerà una traccia:
di conseguenza, impegnati ad avere piena coscenza di ogni tua azione."

'l'Arca di Noè è stata costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti'.

Un giorno, un non vedente era seduto sul gradino di un marciapiede con
un cappello ai suoi piedi e un pezzo di cartone con su scritto:
«Sono cieco, aiutatemi per favore»
Un pubblicitario che passava di
lì si fermò e notò che vi erano solo
alcuni centesimi nel cappello.
Si chinò e versò della moneta, poi,
senza chiedere il permesso al
cieco, prese il cartone, lo girò e vi
scrisse sopra un'altra frase.
Al pomeriggio, il pubblicitario ripassò dal cieco e notò che il suo cappello
era pieno di monete e di banconote.

Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo e gli domandò se era stato
lui che aveva scritto sul suo pezzo di cartone e soprattutto che cosa vi
avesse annotato.
Il pubblicitario rispose: 'Nulla che non sia vero, ho solamente riscritto
la tua frase in un altro modo'.
Sorrise e se ne andò.
Il non vedente non seppe mai che sul suo pezzo di cartone vi era scritto:

'Oggi è primavera e io non posso vederla'.

Morale.
Cambia la tua strategia quando le cose non vanno molto bene e vedrai che
poi andrà meglio.
Dedicata a quelle
persone che meritano di vedere la primavera e a tutti quelli che
vorrei vedere sempre sorridere, perché il loro sorriso renda migliore
questo mondo.
Se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto
con professionalità,rispondi che
'l'Arca di Noè è stata
costruita da dilettanti e il Titanic da professionisti'.

Ti faccio una magia

Dico sempre alla bimba: se stai male piangi tanto e il male mandalo via.
Però ora ti faccio una magia, perchè tu smetta di piangere,
perchè troppe lacrime fanno male, anche alla testa,
perchè con gli occhi appannati non vedi i colori
e se hai il naso da soffiare non senti neanche i profumi.
Faccio una magia per cancellare il dolore
e il motivo che te lo fa provare,
perchè il tuo corpo ritorni a muoversi
e non sia bloccato insieme alla tua mente in quel cantuccio
Una magia perchè i singhiozzi coprono la tua voce limpida e squillante
perchè quei goccioloni salati smettano di scorrere
e il tuo viso torni fresco e riposato come quello di un bambino.
Una magia perchè non ti tremino più le mani
e un'altra magia per aiutarti a dormire.
Faccio una magia più grande perchè tu possa sognare
e più grande ancora per dei sogni stupendi
...una magia grandissima per farti sorridere,
e una enorme per farti ridere di cuore.
Eccone un'altra che ti fa guarire,
perchè il male è già andato via e tu non te ne sei accorta.
Ed infine l'ultima,
per essere già a dopodomani e ora, finalmente, non piangi più.
Patricia Paula

Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte

Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore



Nessuno è creato dalla vita come sostegno per i vostri sogni, perché due occhi non sono fatti per guardare l’uno verso l’altro, ma entrambi verso la stessa direzione; diventando così ognuno luce per l’altro.
Crescete comprendendo questo, e troverete, assieme a ciò che cercavate, anche ciò che non cercavate.
Ma dopo questo, non dubitate più.
Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore.
E non calcolate. Se calcolate i vostri passi, infatti, già non è Amore.
Non appoggiatevi all’altro con tutto il vostro peso.
Ma posatevi come un raggio di Sole su una foglia. E come una foglia accogliete l’altro raggio di Sole.
Asciugate le vostre lacrime e senza timori concedete al vostro cuore questa luce e al vostro animo questo calore.
Ma state attenti agli incanti! Perché i raggi di Sole non sono il Sole.
Non riversate sull’altro tutta la vostra nostalgia di cielo: egli non è in grado di contenerlo, né mai voi potreste contenere il suo.
Non valutate l’altro per ciò che non potrebbe mai avere, o finirete per svalutare voi.
E tutto questo non è Amore.
Non precipitate l’uno dentro l’altro, ma tenendovi per mano camminate insieme.
Portate l’amato non al centro del vostro cuore, ma del suo, perché lì troverà anche il vostro, e insieme troverete il cuore al centro del cosmo.
Sarete sottoposti a molte prove, e spesso l’orgoglio vi chiederà di scegliere sé al posto dell’Amore.
Ma non ritiratevi da queste battaglie, perché altre non ve ne sono di più utili per voi.
Se vincerete, avrete vinto.
Se perderete combattendo e affilando il cuore, avrete vinto.
E quando il tempo vi avrà condotto fino a farvi decidere di fondere per sempre le vostre due vite, conoscerete quote più alte, ma anche la durezza di cadute mai pensate. E vedrete spesso andare in frantumi tutti i vostri sogni.
Ma sarà allora che potrete dischiudere davvero le vostre ali.
Non maledite gli eventi, perché siete voi che avete in mano il timone del vostro destino.
E non sarà rompendo questo vostro vaso e dicendo addio all’amato, che le vostre radici troveranno nuova forza.
Questa gabbia di creta è in realtà ciò che le salva dall’essiccare.
Siete voi che dite, quando non vi sentite amati: L’Amore è finito. Quella è invece la stagione in cui comincia. Poiché il valore di chi governa la nave, è nel condurla anche controvento.
Siete voi che dite, quando finiscono le sensazioni: Ma io non amo più.
Non scambiate però l’Amore con le sue sole sensazioni. Poiché il valore di chi governa la nave, è nel condurla talvolta anche a vele sgonfie, fino ad altre zone di Vento.
Pertanto siate fedeli, perché nell’infedeltà diventate doppi e quadrupli. E se vi è già difficile condurre una vita, come potreste condurne due o quattro?
Dividendo in due un germoglio non si hanno due vite, ma nessuna.
Pensando di incontrare nuove gioie incontrereste dolori maggiori di quelli cui voltate le spalle.
Perciò tornate a guardare verso chi vi aspetta, ma non per dirgli: Tu non mi ami. Bensì: Io non so amarti.
Questo è necessario per far scendere l’Amore sull’amato.
Alzate lo sguardo alle virtù dell’altro, perché avete passato il tempo senza conoscervi.
Ma se poteste entrare, e a volerlo potreste, nella mente di chi vi ha accompagnato, per sfogliare insieme il libro della vostra vita, scoprireste quanto siano belle in realtà tutte quelle pagine già scritte, e quanto saranno belle tutte quelle ancora bianche.
Ricordate che il vostro cuore nasconde un Vento inesauribile che saprebbe amare, oltre al vostro amato, anche oltre il vostro amato. E attraverso di lui amare anche tutto quanto il mondo.
Ergetevi come gabbiani in queste possibilità di volo assieme. Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte.
Ma alzate il capo e abbiate fiducia, poiché se di questo Amore amerete, sarete come due raggi che si incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del ruotare della vita”. 
Da Il Profeta del Vento, di Stefano Biavaschi

pensano che qualcosa non vada in loro


Le ragazze sono come le mele sugli alberi

Le ragazze sono come le mele sugli alberi
Le migliori sono sulla cima dell’albero.
Gli uomini non vogliono arrivare alle migliori,
perché hanno paura di cadere e ferirsi.
In cambio, prendono le mele marce che sono cadute a terra, e che,
pur non essendo così buone, sono facili da raggiungere.
Perciò le mele che stanno sulla cima dell’albero,
pensano che qualcosa non vada in loro,
mentre in realtà “Esse sono grandiose”.
Semplicemente devono essere pazienti e aspettare che l’uomo giusto arrivi,
colui che sia cosi coraggioso da arrampicarsi fino alla cima dell’albero per esse.
Non dobbiamo cadere per essere raggiunte,
chi avrà bisogno di noi e ci ama farà di tutto per raggiungerci.
La donna uscì dalla costola dell’uomo,
non dai piedi per essere calpestata, né dalla testa per essere superiore.
Ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta
e accanto al cuore per essere amata.
Patricia Paulae accanto al cuore per essere amata.

La saggezza é sempre in movimento

Il saggio accetta il mondo così com'é, senza paura e senza intento.
In pace con la transitorietà delle cose non aspira ad andare oltre quel che cessa con la morte.
Mantiene chiara la propria visione intervenendo solo quando sa di incoraggiare così il flusso della vita. Sa distinguere tra ciò che é sulla via e ciò che non lo é, poiché é privo di intenzione. La saggezza é il frutto di lunga pratica e disciplina, ma quando avviene accade senza sforzo. La saggezza é sempre in movimento, giunge alla sua meta non perché la cerca.
La saggezza cresce.

(Bert Hellinger)

il mondo non morirà mai di fame per la mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia" (G.K. Chesterton)

 Nell'avvicinamento all'evento, la gioia si moltiplica, mescolandosi allo stupore. Quello stupore profondo e sincero, semplice e viscerale che sa risvegliare in noi il miglior lato infantile. Perché "il mondo non morirà mai di fame per la mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia" (G.K. Chesterton).

E in realtà, si fa spazio la consapevolezza che vivere nell'attesa dà senso e direzione alla nostra vita, fa sì che non siamo palline sparate casualmente nello spazio cosmico, ma come una retta con un unico senso ed un'unica direzione.
Dio si è fatto uomo: un incontro che si rinnova nei secoli.
Per i primi cristiani, che si aspettavano un imminente ritorno nella gloria. Per me, che ho scarabocchiato queste quattro righe.
Per te, che stai leggendo. Per chi non lo leggerà mai. Per chi non ha la minima intenzione di leggerlo. Per chi sta aspettando alla fermata dell'autobus. Per chi aspetta un figlio. Per chi dalla vita, ormai, non si aspetta più nulla.
Per ogni uomo, succede un evento straordinario: Dio si è fatto Uomo!

da Maddalena Negri http://www.sullastradadiemmaus.it/sala-dibattiti/899-atte...

giovedì 25 novembre 2010

Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma

" Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento, 
il cui respiro dà vita a tutte le cose. 
Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza, 
lasciami camminare nella bellezza, 
e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo tramonto. 
Fa che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma 
e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce. 
Fa che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato per il mio popolo. 
Aiutami a rimanere calmo e forte 
di fronte a tutti quelli che verranno contro di me. 
Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia ed in ogni roccia. 
Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare gli altri. 
Aiutami a trovare la compassione 
senza la opprimente contemplazione di me stesso. 
Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello, 
ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso. 
Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite e sguardo alto. 
Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto, 
il mio spirito possa venire a te senza vergogna". 

Preghiera per il Grande Spirito Tatanka Mani (Bisonte che Cammina) 
(1871 - 1967)

Temo che il giorno finisca prima del mio risvegli

Cogli questo piccolo fiore
e prendilo. Non indugiare!
Temo che esso appassisca
e cada nella polvere.

Non so se potrà trovare
posto nella tua ghirlanda
ma onoralo con la carezza pietosa
della tua mano - e coglilo.

Temo che il giorno finisca
prima del mio risveglio
e passi l'ora dell'offerta. 



Anche se il colore è pallido
e tenue è il suo profumo
serviti di questo fiore
finché c'è tempo - e coglilo.



Rabinadranath Tagore

continuiamo a incantarci alla nascita di un bimbo?


«Il miracolo è fatto di questo – continua Spadaro – vedere uno spazio ampio in ciò che sembra ristretto da un orizzonte spaziale e temporale. La fede è la luce che illumina da dentro le cose e le fa essere uniche». E cosa c’è di più piccolo – sia nel tempo che nello spazio – di un neonato? Sarà per questo che continuiamo a incantarci alla nascita di un bimbo? «Alla nascita d’un bambino / il mondo non è mai pronto», annota la Nobel polacca Wislawa Szymborska. Dev’essere per questo che, anche quest’anno, si torna a festeggiare il Natale. Non siamo ancora pronti. Eppure attendiamo. Un Bambino viene. E s’infila nelle case anche non atteso, anche senza bussare. Mancanza di buona educazione? I neonati non ne hanno ancora, per fortuna…
Pare ci sia in giro Dio, stamane
entra senza chiedere permesso
né bussare in ciò che resta

del mio monolocale, e chi
se lo aspettava, mi dico,
proprio adesso…
È una luce troppo chiara e amara

irreale limpida e sfuggita
tra nubi come macchie
sul cielo che è uno straccio
allo stremo teso sulle case

È a suo agio, comincia a camminare
a luminosi passi silenziosi
sopra il pavimento a scivolare
tra scarpe, libri, fogli, fotocopie, un mucchio

sparso di CD per terra e poi si siede
sulla sedia e mi vergogno
degli abiti che fanno una catasta colorata
cresciuta a dismisura in questi giorni

Troppo in fretta, caro Dio, è arrivato
il fine settimana, perché non hai avvertito
non mi hai dato tempo per tornare

alla civiltà (se esiste), e liberare
il lavabo dei piatti da lavare
rintracciarti una tazzina e strofinare

per offrirti un bel caffè tra i fiori
freschi e non questi cadaveri
di plastica col capo reclinato

sopra libri ancora, e sigarette,monetine, gadget, dizionari,
cartelline, lettere d’offese
di stima, e di bugie, poesie

un rimborso FS di due euro da riavere
il certificato elettorale
la lista delle cose da non fare
(fumare, cercarlo, mangiar male)

che appena lasciano filtrare
il marmo (di plastica) del tavolo

Grazie, Dio, per essere venuto
dove ormai non entra (per fortuna)
più nessuno, tendimi una mano,
che mi alzi e in tutta fretta vinca

questa mia stanchezza invalidante
la mestizia soffocante che mi toglie
il fiato per tornare ad essere all’incirca
quella che sembravo prima d’incontrarlo

Mi dici di salvare le mie piante (si sporgono
ti cercano), che io lascio seccare
guardandole morire per potere
uccidere qualcuno anch’io, a mia volta.

Dio, accomodati pure, non ti formalizzare
non mi rimproverare se mi lascio
un poco andare e mi circondo

del disordine in cui hanno messo
il mondo, lo so che hai altro da fare
ma liberaci, se ti capita, dal male

fatto da quelli che usano il tuo nome
e non sanno cos’è la compassione
delle umiliazioni che c’inducono a ingoiare

i pavidi, i pazzi, i polli, i potentelli
gli pseudocredenti e tutti quelli
che non trovano altro modo
per potersi realizzare

Ma piano, mio Dio, così mi accechi
ma non ero preparata a tutta questa vita
a una primavera arrivata nonostante

e al tremito di luce sulle mani stanche.
(Chiara De Luca, da La coda della galassia.

mercoledì 24 novembre 2010

affidare le cose impossibili nelle mani di Dio Padre


Se non c'è nulla da fare

Se non c'è nulla da fare
perché le cose sono di per se stesse insolubili
o le soluzioni non dipendono da noi,
è arrivata l'ora di far tacere la mente,
chinare il capo,
affidare le cose impossibili nelle mani di Dio Padre
e abbandonarsi.
Ignazio Larrañaga



Un insolito (forse nemmeno tanto) Vecchioni si è ispirato ad una poesia di Gassman: A Dio, in cui il celebre attore si interrogava sulla solitudine umana, manifestando il suo bisogno del Divino. La spiritualità di Gassman, o meglio gli interrogativi di Gassman sulla spiritualità, hanno ispirato il professore per questo album (In Cantus) dove alcune tematiche sembrano legare le une alle altre le varie tracce: l'interrogarsi sull' esistenza, l' amore tra gli uomini, il rapporto con l' eternità, il sentimento del divino.

Sempre Te chiamo
quando tocco il fondo,
so il numero a memoria
e ti disturbo
come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio
se sei fuori. Perdona.
Perdonami di tutto.
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti
con te abbiamo.
la bolletta falla pagare
a me, ma dimmi almeno
che non farai tagliare
la mia linea: ti prego,
quando echeggerà
quell'ultimo e doloroso
squillo. Dio- per Dio!-
non staccare: rispondimi!

Ma devo proprio dirti che i tuoi seguaci non mi piacciono per niente.


Qualcuno è giunto al punto di essersi sentito libero dal giorno in cui non si è più riferito alla Chiesa; altri hanno avuto la sensazione di cominciare a vivere autenticamente dal momento in cui hanno relegato nella storia del passato il loro rapporto con Dio e si sono impegnati a servire l'uomo senza riferimenti alla tradizione.
Non c'è affatto bisogno di compiere questi tagli, anche perché ci portano fuori dalla verità.
La Chiesa rimane la Chiesa e Dio rimane Dio. Chi sarei io fuori dal Popolo di Dio e quale forza mi rimane se la fede nell'Altissimo è venuta meno?
La Chiesa non mi nega di vivere autenticamente il Vangelo ed il mio impegno con Dio mi è proprio necessario ora che mi sono deciso a fare qualcosa sul serio.
Lo so che nel passato troppe volte la religione era sinonimo di "non facciamo storie, state buoni; non facciamo scioperi, restiamo sul sicuro" ma so anche che le cose sono cambiate e che la parola di Dio ha cominciato a contestarci e interrogarci sulla giustizia e sull'amore più che sulle processioni e la grandiosità della chiese da costruire.
Perché abbandonare la Chiesa proprio nel momento in cui mi sento più Chiesa? Perché abbandonare l'ispirazione di Dio proprio quando ne abbiamo più bisogno? Perché pensare che Lui ci contrasti proprio mentre ci avviciniamo con più impegno all'uomo? Non è Dio dalla parte dell'uomo? Non è Lui che ne prende le difese? Leggete il Vangelo di Matteo e ditemi se potete trovare parole più dure di quelle del capitolo 25 in difesa della giustizia e della liberazione dell'uomo.

fr. Carlo Carretto, Ogni giorno, 10 gennaio

Un giorno un tale si avvicinò a Gesù e gli disse:
"Maestro, tutti noi sappiamo che tu vieni da Dio e insegni la via della verità.
Ma devo proprio dirti che i tuoi seguaci, quelli che chiami i tuoi apostoli o la tua comunità, non mi piacciono per niente.
Ho notato che non si distinguono molto dagli altri uomini.
Ultimamente ho fatto una solenne litigata con uno di essi.
E poi, lo sanno tutti che i tuoi discepoli non vanno d'amore e d'accordo.
Ne conosco uno che fa certi traffici poco puliti...
Voglio perciò farti una domanda molto franca:
è possibile essere dei tuoi senza essere dei tuoi senza avere niente a che fare con i tuoi cosiddetti apostoli?
Io vorrei seguirti ed essere cristiano (se mi passi la parola), ma senza la comunità, senza la Chiesa, senza tutti questi apostoli!".
Gesù lo guardò con dolcezza e attenzione.
"Ascolta", gli disse "ti racconterò una storia:
C'erano una volta alcuni uomini che si erano seduti a chiacchierare insieme.
Quando la notte li coprì con il suo nero manto, fecero una bella catasta di legna e accesero il fuoco.
Se ne stavano seduti ben stretti, mentre il fuoco li scaldava e il bagliore della fiamma illuminava i loro volti.
Ma uno di loro, ad un certo punto, non volle più rimanere con gli altri e se ne andò per conto suo, tutto solo.
Si prese un tizzone ardente e andò a sedersi lontano dagli altri.
Il suo pezzo di legno in principio brillava e scaldava.
Ma non ci volle molto a illanguidire e spegnersi.
L'uomo che sedeva da solo fu inghiottito dall'oscurità e dal gelo della notte.
Ci pensò un momento poi si alzò, prese il suo pezzo di legno e lo riportò nella catasta dei suoi compagni.
Il pezzo di legno si riaccese immediatamente e divampò di fuoco nuovo.
L'uomo si sedette nuovamente nel cerchio degli altri.
Si scaldò e il bagliore della fiamma illuminava il suo volto".
Sorridendo, Gesù aggiunse:
"Chi mi appartiene sta vicino al fuoco, insieme ai miei amici.
Perché io sono venuto a portare il fuoco sulla terra e ciò che desidero di più è vederlo divampare".

Anonimo

martedì 23 novembre 2010

ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta

Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL). Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.

Robert F. Kennedy, dal discorso pronunciato all'Università del Kansas 18.03.1968

lunedì 22 novembre 2010

Però è raro perdere un paese

A seguito della querela di uno di quegli scrittori definiti "talebani cristiani" lo scrittore bosniaco è stato condannato.
Di Matvejecic il bellissimo "Breviario mediterraneo" ...
Siamo abituati a perdere.
Ogni giorno qualcuno intorno a noi si allontana o sparisce, un’amicizia o un amore impallidisce o si estingue, la morte si porta via uno dei nostri.
Perdere fa parte del nostro destino.
Però è raro perdere un paese. A me è capitato. Non parlo di uno stato o di un regime, ma proprio del paese dove sono nato e che, ancora ieri soltanto, era il mio.
Non c’è più.
Ho amato la Jugoslavia intera, indivisa, unita, senza peraltro essere un nazionalista jugoslavo.
Ho fatto miei in uno stesso tempo l’Adriatico e il lago di Ohrid in Macedonia, le Alpi slovene e le rupi montenegrine.
Ho considerato serbi e croati come fratelli, in particolare quelli tra loro che, come me, si opponevano allo sciovinismo serbo e croato.
Non perdonavo a costoro di disprezzare i bosniaci, di volerli asservire o convertire.
Mi sentivo a casa mia in Vojvodina, in mezzo a tante minoranze nazionali, e ho avuto un mucchio di amici nel Kosovo, tra gli albanesi. Mi davo da fare quanto potevo per essere di sostegno a un piccolo gruppo di italiani rimasti in Istria dopo un tragico esodo, così come ai nostri zingari, dispersi in ogni dove.
Gli zingari furono numerosi nel mio paese: qualche volta mi facevo passare per uno di loro”.
Predrag Matvejevic

L’uomo aspira a una gioia senza fine...Ma dove Dio non c’è, questo non gli è concesso

 Joseph Ratzinger
Ci sono dei segni che ci spaventano e che inquietano. 

Però ci sono anche altri segni che ci danno speranza.
 Abbiamo parlato in abbondanza delle minacce e degli scenari di terrore. Aggiungerei solo un elemento, che traggo dalle visite dei vescovi e che mi brucia dentro. Tanti vescovi, soprattutto dell’America Latina, mi dicono che là dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga – e questo avviene in gran parte di quei Paesi – è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano sul quel Paese per rovinare le persone. Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un’idea adeguata. Distrugge giovani e le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni. Anche questa è una terribile responsabilità dell’Occidente: ha bisogno di droghe e crea Paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c’è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l’uomo.
A questo problema se ne aggiunge un altro. Voi non riuscite nemmeno ad immaginare, così mi dicono i vescovi, quale distruzione provochi nei nostri giovani il turismo sessuale. Sono in atto processi di distruzione di enorme portata, generati da noia, falsa libertà ed eccitazione del mondo occidentale. L’uomo aspira a una gioia senza fine, vuole godere oltre ogni limite, anela all’infinito. Ma dove Dio non c’è, questo non gli è concesso. E così deve essere lui stesso a creare menzogna e falso infinito. Questo è uno dei segni dei tempi che deve rappresentare per noi cristiani una sfida urgente. Dobbiamo vivere in modo da mostrare che l’infinito di cui l’uomo ha bisogno può venire solo da Dio; che Dio è la nostra prima necessità per poter far fronte alle tribolazioni di questo tempo; che in un certo senso dobbiamo mobilitare tutte le forze dell’anima e del bene perché si imponga un’immagine vera contro quella falsa, e possa così spezzarsi l’ininterrotto circuito del male [...].
Dobbiamo cercare di dire veramente l’essenziale come tale, ma di dirlo con parole nuove. Per Jürgen Habermas è importante che esistano teologi capaci di tradurre il tesoro della loro fede in modo tale che esso, nel mondo secolarizzato, riesca a diventare parola per questo mondo. Lui magari lo intenderà in maniera un po’ diversa da noi, ma ha ragione quando dice che l’intero processo di traduzione delle grandi parole nei termini e modi di pensare del nostro tempo è avviato, ma non è ancora del tutto riuscito. Potrà riuscire soltanto se gli uomini vivranno il Cristianesimo a partire da Colui che viene [...]. Questo è il grande compito di fronte al quale ci troviamo.

Estratto dal libro-intervista «Luce del mondo» del giornalista tedesco Peter Seewald

pensata dalla sua carità proprio per la mia sete di oggi

«Ho sete» (Gv 19,28). Tutte le seti nella sete del Signore: la sete del disperso e del ferito: la sete di tenerezza del lontano; la sete di giustizia del conculcato; la sete di patria dell'esule; la sete di gioia terrena dell'uomo; la sete di gioia eterna del santo. So che qualcuno riesce a chiudersela nel cuore la propria sete, senza gridarla. Quello è certo un uomo forte: cioè più di un uomo o meno di un uomo. Io sono un pover'uomo e chiedo una goccia d'acqua a tutte le fonti, una parola d'amore a tutti i cuori. Se chiedo, - sono un mendìco, è vero - ma quanta fede nel Signore cela la mia povertà! Se oso domandargli una goccia d'acqua vuol dire che c'è la goccia d'acqua, ch'essa fu voluta dalla sua onnipotenza, pensata dalla sua carità proprio per la mia sete di oggi. Per tutte le labbra riarse mandano acque le fonti del Signore, stillano rugiada le erbe del Signore: si donano al sole le nevi e i ghiacciai del Signore. Su ogni Calvario c'è sempre una canna e una spugna per arrivare alle labbra del Signore. Chi non vuol essere importunato dice che nessuno ha sete. Lasciate che il Morente ci trapassi il cuore col suo grido: «Ho sete».
don Primo Mazzolari, Dietro la croce, 52

un senso spiacevole di vuoto


“Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granelli sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia”Antonia Pozzi, Natale del 1926                                     
Ha solo quattordici anni Antonia Pozzi quando scrive queste parole. 

domenica 21 novembre 2010

la possibilità di lottare contro

"Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma di atroce afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano appunto le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l’ombra orrenda della croce uncinata. Una visione apocalittica, certamente, la mia. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare".

Pier Paolo Pasolini

Non c’è fine al mio stupore

Poteva accadere.

Doveva accadere.

È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave,
un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.

Wislawa Szymborska

La speranza

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creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio


"Alle volte mi sembra che un'epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.
Non mi interessa qui chiedermi se le origini di questa epidemia siano da ricercare nella politica, nell'ideologia, nell'uniformità burocratica, nell'omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura. Quel che mi interessa sono le possibilità di salute. La letteratura (e forse solo la letteratura) può creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio".
Italo Calvino ne "Lezioni americane"