sabato 23 febbraio 2013
il primo passo verso la pace è di rimanere fermi nella luce che svela le cose che le sono contrarie
Dimorando nella luce, non vi sarà occasione di inciampo, perché tutte le cose con la luce sono svelate. Tu che la ami, ecco chi ti insegna quando cammini fuori: è presente con te nel tuo petto, non hai bisogno di dire: eccola qui, eccola là. E mentre stai nel letto è presente per insegnarti, e per giudicare la tua mente che vaga, che vorrebbe vagare fuori, e i tuoi alti pensieri e immaginazioni, e li assoggetta, giacché seguendo i tuoi pensieri ti perdi ben presto. Ma dimorando in questa luce, ti svelerà il corpo del peccato, e le tue corruzioni e lo stato di decadenza in cui sei, e la moltitudine dei pensieri. Sta in quella luce che ti mostra tutto questo, non andare né a destra né a sinistra. Qui la pazienza si esercita, qui la volontà è sottomessa, qui vedrai la misericordia di Dio manifestarsi nella morte. Qui vedrai (che cosa significa) bere alle acque di Siloe, che scorrono dolcemente, vedrai compiersi le promesse di Dio, fatte al Seme, che è Cristo. Qui troverai un salvatore, e verrai a conoscere l’elezione, e la riprovazione di quanto è rigettato, e quanto è ammesso. Colui che può capirmi, e ricevere la mia testimonanza nel suo cuore, il seme immortale nasce (in lui) e la sua volontà rigettata, perché non è lui che vuole né lui che si sforza, ma è Dio che mostra misericordia. Perché il primo passo verso la pace è di rimanere fermi nella luce che svela le cose che le sono contrarie, per ricevere potere e forza per resistere a quanto di voi la luce svela. Qui la grazia cresce, qui Dio solo è glorificato ed esaltato e la verità sconosciuta al mondo è manifestata, essa che vi trae fuori della prigione e vi vivifica nel tempo, verso quel Dio che è fuori del tempo. (G. Fox, To all that would know the way to the kingdom).
venerdì 22 febbraio 2013
“La gioia che Dio riserva a coloro che lo amano è al di là di ogni cosa che può essere vista, intesa e sentita dal cuore umano in questo mondo” (1 Cor 2, 9).
Quando lo Spirito Santo scende sull’uomo con la pienezza dei suoi doni, l’animo umano è riempito d’una gioia indescrivibile; lo Spirito Santo ricrea nella gioia tutto quanto sfiora. È di questa gioia che il Signore parla nel Vangelo quando dice: “Una donna quando giunge la sua ora partorisce nel dolore; ma dopo che ha fatto nascere un bimbo non si ricorda più i suoi dolori, tant’è grande la sua gioia. Anche voi avrete da soffrire in questo mondo, ma quando vi visiterò i vostri cuori saranno nella gioia, una gioia che nessuno potrà rapirvi” (Gv 16, 21-22). Per quanto grande e consolante sia la gioia che sperimentate in questo momento, essa non è nulla se paragonata a quella accennata dal Signore attraverso il suo Apostolo: “La gioia che Dio riserva a coloro che lo amano è al di là di ogni cosa che può essere vista, intesa e sentita dal cuore umano in questo mondo” (1 Cor 2, 9). Quanto ci viene concesso al momento presente non è altro che un acconto di questa gioia suprema. E se, in questo momento, sentiamo dolcezza, giubilo, ben essere, cosa diremo di quell’altra gioia che ci è riservata in cielo, dopo aver pianto su questa terra? Voi avete già abbastanza pianto nella vostra vita e vedete quale consolazione nella gioia via abbia donato il Signore. Ora tocca a noi, amico di Dio, lavorare con tutte le nostre forze per salire di gloria in gloria al fine di “costituire quest’Uomo perfetto, nella forza dell’età, che realizza la pienezza del Cristo” (Ef 4, 13). “Coloro che sperano nel Signore rinnovano le loro forze, hanno le ali delle aquile, corrono senza stancarsi e marciano senza fatica” (Is 40, 31). “Essi procederanno da altezza in altezza e Dio apparirà loro in Sion” (Ps 83, 8). E’ allora che la nostra attuale gioia, piccola e breve, si manifesterà in tutta la sua pienezza e nessuno potrà rapircela, dato che saremo riempiti di voluttà celesti. (Serafim di Sarov,Colloquio con Motovilov).
giovedì 21 febbraio 2013
non cedete alla tentazione della ritorsione, di colpire mentre siete colpiti, di entrare nel solo luogo nel quale il male vi permette di muovervi: la sua arena
“Non resistete all’uomo malvagio”. Una volta dichiarata guerra al male, vi ritrovate non solo immersi in esso, ma anche dipendenti da esso. Non siete più liberi di vivere secondo i vostri termini. Siete impigliati nella rete del male ed è irrilevante se vincerete o sarete sconfitti. Il veleno è già in voi. Il male si può combattere ed anche negare solo sul suo stesso piano. Non potete più porvi al di sopra di esso. La “strategia” dovrebbe essere più sottile. “Non resistete all’uomo malvagio”, perché il male non è un assoluto. Superatelo, ma non ne siate attratti, non cedete alla tentazione della ritorsione, di colpire mentre siete colpiti, di entrare nel solo luogo nel quale il male vi permette di muovervi: la sua arena. Questo non significa minimizzare il potere del male. Dovete avere i piedi ben piantati per terra per resistere all’attrazione del male. Non è forse vero che, quando decidiamo di combattere il male, “pensiamo” che siamo sul punto di essere vincitori e di sconfiggerlo? Un male sconfitto permea l’intero corpo del vincitore, come sanno bene alcuni storici. Siamo difficili da convincere solo quando siamo intossicati dal pensiero della possibile vittoria: non siamo davvero così puri e incontaminati. O, in termini filosofici, spesso male interpretati: il male non è un’entità separata e positiva, ma solo una privazione. E non si combatte frontalmente un’assenza. D’altronde, l’autore delle parole appena citate come potrebbe aver detto nel momento più decisivo della sua vita: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34)? Solo il perdono cancella il male. Non sto affermando che dovremmo essere indifferenti al male o abolire tutti i giudizi di valore. Non sto difendendo la pura passività di fronte, diciamo, al nazismo (è sempre più comodo far riferimento a cose del passato - avrei potuto dire, invece, comunismo? capitalismo? regimi militari?). Sto dicendo che il modo di lottare contro ciò che ognuno considera come le forze del male non consiste nell’opporre dialetticamente al male ciò che riteniamo essere non-male, ma nel trasformare, nel convertire, nel convincere, nell’evolvere, nel contestare – e possibilmente dall’interno, come lievito, come testimone, come martire. (Raimon Panikkar, La torre di Babele. Pace e pluralismo).
mercoledì 20 febbraio 2013
Bisogna amare il prossimo come qualcun altro che non è te stesso, come una realtà destinata a realizzarsi in maniera originale.
Se è vero che l'educazione non può che essere un atto d’amore, dobbiamo però definire di quale amore si tratti. Solo un amore che libera sarà veramente educatore. Amare il prossimo come se stessi può diventare un principio ambiguo. Bisogna amare il prossimo come qualcun altro che non è te stesso, come una realtà destinata a realizzarsi in maniera originale. Bisogna amare con stupore. Maturi sono solo i genitori e gli educatori che promuovono la crescita come il dispiegarsi di una nuova realtà, destinata a divenire intimamente autonoma rispetto a loro, che accettano con gioia il fatto che i figli siano diversi , che prendano il futuro nelle loro mani, disposti ad assumerne i rischi. Perché i figli vivano bisogna che i genitori muoiano. Il futuro sarà bello non perché somiglierà al passato, ma perché porterà con sé un’altra bellezza. Una relazione liberatrice non può restare una relazione da persona a persona. Nessuno è davvero libero se si consegna allo sfruttamento degli altri: di un popolo, di una razza, di un sesso, di un uomo. L’amore liberante per qualcuno è autentico solo se fa corpo con un amore liberante per tutta l’umanità; diversamente diventa discriminatorio, classista e militante. È questo l’amore capace, nel contempo, di raggiungere tutte le persone nella loro intimità unica e di progettare la sua storia sulla storia del mondo, di darsi senza limiti e di lottare senza concessioni; è, in definitiva, la fonte dell’educazione liberatrice. (Giulio Girardi, Educar para qual sociedade?).
martedì 19 febbraio 2013
“E dove è lo Spirito, là c’è libertà” (2 Cor 3, 17)
La chiesa ha bisogno di uno spirito di libertà e di franchezza proprio in riferimento alla parola: “Non spegnete lo Spirito” (1Ts 5, 19) – cosa che vale per tutti i tempi. Come non pensare qui a quanto riferisce Paolo sul suo scontro con Pietro: “Ma quando Cefa venne ad Antiochia mi opposi a lui faccia a faccia, perché si era messo dalla parte del torto... Ma quando vidi che non procedevano dritto rispetto alla verità dell’evangelo, dissi a Cefa di fronte a tutti: Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera dei pagani e non dei giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei giudei?” (Gal 2, 11-14). Se fu debolezza di Pietro il rinnegare la libertà dell’evangelo per paura della cerchia di Giacomo, fu suo merito e grandezza l’aver accettato la libertà di Paolo, che gli si oppose ‘faccia a faccia’. La chiesa vive ancora di questa libertà, che le ha aperto la strada nel mondo dei pagani. Ma dove potrebbe avvenire oggi qualcosa di uguale? Non si potrà oggi rimproverare alla chiesa, come Guglielmo di Auvergne, di mostrare tali barbarie e mostruosità “che chiunque si irrigidirebbe dallo spavento a questo spettacolo”. E nemmeno “che il carro della chiesa non (va) oggi più in avanti ma all’indietro, dal momento che i cavalli corrono all’indietro e lo tirano in tale senso”. Non le si deve però rimproverare di eccedere a volte in sollecitudine con troppe dichiarazioni e decreti, cosicché alcune norme hanno più contribuito a lasciare il secolo all’incredulità che non a difenderlo? Non la si dovrà rimproverare, in altre parole, di mostrare a volte troppa poca fiducia nella potenza vittoriosa della verità, che vive della fede? Non la si potrà rimproverare di barricarsi dietro sicurezze esteriori, invece di aver fiducia nella verità che vive nella libertà e non ha affatto bisogno di tali precauzioni? Ci dovremmo forse oggi nuovamente rammentare che la franchezza è una delle disposizioni di fondo del cristiano più messe in evidenza nel Nuovo Testamento. Fu la franchezza che permise a Pietro di affrontare i giudei e di predicare loro (At 2, 19; 4, 13. 29. 31); una franchezza che sta così all’inizio stesso della chiesa. Quali conseguenze per il cammino della chiesa nel mondo, se in questo secolo, che ha sete di libertà e che si è staccato dalla chiesa proprio per l’apparenza della libertà, ritornasse viva e maturasse a nuova evidenza quella parola, in cui Paolo riversò l’esperienza preziosa del suo credere: “E dove è lo Spirito, là c’è libertà” (2 Cor 3, 17). (Joseph Ratzinger, Il nuovo popolo di Dio).
lunedì 18 febbraio 2013
Esistono cammini da percorrere. Per esempio: partecipa alla comunità, alla chiesa! Nella comunità noi cerchiamo nuove visioni.
Di corruzioni ce ne sono molte, ma nessuna potrà rubarci la speranza. A volte è vero che vien voglia di guardare solo le cose brutte che si fanno. Ci piace vedere in Tv le denunce contro i corrotti. La corruzione vende bene! È strano ma è così. Piani economici non mancano. Anche se è raro che qualcuno di essi favorisca chi lavora. Alla fin fine, chi ci guadagna sono sempre le banche, vero signor Malan? Ma costoro non ci possono togliere la speranza. Ora, chi resta troppo con gli occhi sulla corruzione può perdere di vista l’orizzonte. Se infiliamo troppo la testa in questi alti sottomondi delle ruberie, il rischio è di non trovare più l’uscita. Non è così? Quando ero bambino, potevamo ancora mangiare arance negli aranceti. L’arancia che cogliamo noi è più saporita. Almeno così mi sembra. Ma come riusciamo a scovare la frutta migliore, quella più gialla, più bella? Beh, cambiando di prospettiva! Cercando, dobbiamo spostarci di qua e di là. Cambiando di posizione, vediamo meglio dove sono i frutti più belli e gustosi. Chi vede solo in un modo, finisce per non cogliere le cose migliori della vita. Chi vede solo corruzione, può arrivare a pensare che essa domini tutto. C’è un rimedio a questo? C’è. Ci sono spiragli. Esistono cammini da percorrere. Per esempio: partecipa alla comunità, alla chiesa! Nella comunità noi cerchiamo nuove visioni. Vogliamo vedere la vita, quella di ciascuno e ciascuna di noi, in una nuova prospettiva. Sogniamo spiragli che ci permettano di vedere oltre la disperazione. Non restare solo, direi, perché, in questo caso, il tuo cuore potrebbe scoraggiarsi. Corri il rischio serio di vedere le cose intorno a te in un modo così triste che la speranza se ne va. È lo Spirito Santo che ti inquieta così. Io non ho la capacità di animarti. Le mie forze non arrivano a tanto. Allora non fidarti di me. Confida nello Spirito Santo. È Lui che, giorno per giorno, ti sta già animando a credere nel bene, ad avere fiducia nelle persone. È lo Spirito della Vita che ti vuole vedere in compagnia di più persone. Ecco uno degli spiragli di speranza. Bene, gli spiragli sono piccoli. Ma attraverso di essi si può vedere molto! Perciò, coltiva la speranza. Unisci i tuoi passi a quelli di altre persone. O Dio degli spiragli e delle speranze, donaci pace per sperare che la nostra visione sia ampliata oltre gli spiragli. Inonda i il nostro cuore di speranza viva. Dacci momenti speciali di amore in comunità. In Gesù. Amen. (Milton Schwantes, Frestas de esperança).
domenica 17 febbraio 2013
chi pensa, infatti, ai propri peccati, sarà meno severo riguardo al suo compagno di miseria
Due cose ci chiede Cristo: condannare i nostri peccati, perdonare quelli degli altri, fare la prima cosa a motivo della seconda, che allora sarà più facile; chi pensa, infatti, ai propri peccati, sarà meno severo riguardo al suo compagno di miseria. E perdonare non soltanto con la bocca, ma “di tutto cuore”, per non rivolgere contro di noi la spada con la quale pensiamo di trafiggere gli altri. Che male può farti il tuo nemico, di paragonabile a quello che fai tu?… Se ti lasci andare allo sdegno e all’ira, sarai ferito non dall’ingiuria che lui ti ha fatta, bensì dal risentimento che ne provi tu. Non dire dunque: “Egli mi ha oltraggiato, mi ha calunniato, mi ha accollato tante miserie”. Quanto più dici che ti ha fatto del male, tanto più mostri che ti ha fatto del bene, poiché ti ha dato l’occasione di purificarti dai tuoi peccati. Per cui, quanto più ti offende tanto più ti mette nello stato di ottenere da Dio il perdono delle tue colpe. Se infatti lo vogliamo, nessuno potrà nuocerci. Persino i nostri nemici ci rendono così un grande servizio… Considera dunque quanto trai vantaggio da una ingiustizia sopportata umilmente e con mitezza. (Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo, LXI, 5).
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