sabato 16 luglio 2016

Non fa differenza se si svela nella sonorità della pronuncia o nel raccoglimento della scrittura


Dal bulbo della lectio nasce lo stelo della meditatio,
sulla cui cima
si apre il giglio dell'oratio
in forma di parole
ricordate,
ricombinate,
rielaborate,
reinventate,
ricopiate (lo spirito alto e puro copia, il mediocre imita).
Non fa differenza se si svela
nella sonorità della pronuncia
o nel raccoglimento della scrittura,
perché ambedue sono ugualmente figliate dalla memoria.
Anzi la seconda più assomiglia alla madre.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi

venerdì 15 luglio 2016

ristretta all'ambito di un parlare a Dio


Tale è la parola meditata dopo esser stata letta.
Una speculazione che ha attraversato il cristianesimo da Origene a noi
ha collocato al seguito della lectio la meditatio,
e dopo questa l'oratio.
Lì qualificata come divina,
e perciò ristretta all'ambito di un parlare a Dio,
la giuntura vale per ogni discorso umano agganciato alla lettura.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi


giovedì 14 luglio 2016

La morte del seme è la vita della pianta.

Morta
nel silenzio dell'ascolto,
la parola rigermoglia
nel silenzio fervido che l'avvolge.
Assimilata e ricreata attraverso la meditazione,
si delinea come un essere nuovo.
Se il grano non muore non fa frutto.
La morte del seme è la vita della pianta.
E proprio la pianta, unico essere della natura
che sia insieme silenzioso e animato,
si offre a noi come l'immagine più consona di ciò che accompagna le pause dopo la lettura.
Silenziosa e piena di vita, l
a pianta fa uscire dal seno del seme la foglia,
e il fiore che si esibisce in un trionfo di forme e colore,
e il frutto generoso di succhi e dolcezze.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi


mercoledì 13 luglio 2016

Tutta la mente, tutte le facoltà si concentrano

Se la stampa è fedele all'originale dell'autore,
la parola di lui, non pronunciata,
non giace morta sulla pagina.
La scrittura incorpora i suoni e i sensi
come una donna incinta da lui fecondata.
Il lettore ne sente i sobbalzi vitali negli accenti, nei corsi ritmici, nelle rime e assonanze.
Le forme stesse dei caratteri, se correttamente aggraziate,
assecondano la vita silenziosa lì deposta.
Tutta la mente, tutte le facoltà si concentrano
su quell'andirivieni destrorso dell'occhio di rigo in rigo.
 Quando il raccoglimento gli fa cadere il libro di mano,
lo lascia cadere senza rimpianto,
perché al silenzio dell'ascolto è subentrato
in lui il silenzio del ricordo di ciò che ha letto.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi


martedì 12 luglio 2016

libero nelle soste, nei ritorni, nei ripercorsi


L'apice del silenzio di ascolto si ha quando la parola stessa si presenta silenziosa senza perdere alcunché della sua vitalità: nella lettura.
È l'incontro di una parola senza suono con un destinatario senza voce,
in perfetta solitudine.
Il lettore è solitario perché, mentre legge,
crea col libro un rapporto esclusivo.
Due lettori affiancati che leggono ciascuno per conto suo lo stesso libro
sono solidali con esso e non reciprocamente.
Il lettore è silenzioso perché la lettura,
com'è praticata ordinariamente nell'età moderna,
esclude la pronuncia anche mormorata.
Comporta non solo l'ascolto più intenso che si possa immaginare,
ma anche il più libero,
perché non costretto dall'emissione vocale altrui:
libero nelle soste, nei ritorni, nei ripercorsi
e tuttavia totalmente vincolato alla parola così com'è fissata sulla pagina.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi

lunedì 11 luglio 2016

giorno e notte, parola e silenzio i simboli che gli permettevano di definire fatti interiori



Il grembo del silenzio notturno è rotto dal fragore delle macchine.
Costretti a passare una notte in luogo isolato,
 ci si alza irrequieti;
 il silenzio diventa un incubo nel sonno.
Spaventa la pace della montagna, del bosco;
e vi si va con la radio;
spaventa la quiete dell'appartamento,
e la si accende.
Il silenzio infastidisce a tal punto che,
dove sia imposto di tacere,
si crea un rumore.
Se nel corso di un discorso pubblico
o di una liturgia s'impone una pausa di silenzio,
immancabilmente uno si mette a tossire,
una fa scricchiolare il banco,
uno sfoglia le carte sottomano,
una apre la borsetta.
L'uomo aveva tratto dall'alternanza
di giorno e notte,
parola e silenzio
i simboli che gli permettevano di definire fatti interiori;
oggi non agiscono più.
La nostra esistenza si è impoverita
per non sapere tradurre in figure interiori quelle esperienze primordiali.

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi

domenica 10 luglio 2016

Poca distanza bastava per sottrarsi al fastidio d'un ascolto indesiderato


Caduto il contrasto, cade anche l'intermittenza di luce e oscurità.
Questa non interrompe l'attività dell'uomo, non lo prepara al sonno.
L'alternanza di giorno e notte, connaturale alla vita, si è attenuata.
Tale e quale la corrispettiva di parole e silenzio.
Viviamo in un'epoca in cui il silenzio è stato bandito.
Il mondo è oppresso da una pesante cappa
di parole, suoni e rumori.
Credevano i babilonesi che gli dèi avessero inviato sulla terra il diluvio
perché infastiditi dal chiacchiericcio degli uomini.
Oggi manderebbero ben altro che diluvi.
Una volta si percepivano solo le parole del vicino.
Poca distanza bastava per sottrarsi al fastidio d'un ascolto indesiderato;
oggi ci arrivano le parole dagli antipodi. 

Tacet. Elogio del buon tacere
di Giovanni Pozzi