Ogni bambino ha occhi che guardano ciò che
gli sta intorno come un mistero perché si sente
immerso in una realtà prodigiosa da scoprire, da
toccare e dalla quale restare sbalordito.
Ci si abitua troppo presto ai colori, alle forme, alle
armonie che ci circondano, troppo presto perdiamo
quella freschezza dello sguardo che ci fa innamorare; come se davanti ai nostri occhi ci fossero strati
di polvere che rendono incolore e senza sussulti
la vita. E ugualmente troppo presto ci abituiamo
ai volti, ai profumi, ai lampi di luce delle persone
che amiamo: non ci meravigliano più, non ci fanno più trattenere il respiro dalla gioia. Così tutto
diventa grigio e appare noioso e banale, anche il
nostro amore. ... se anche noi ci sentissimo circondati
dal mistero forse non ci sentiremmo così inconsistenti e vuoti e forse non avremmo neanche più la
presunzione di considerare l’amore come un fatto
privato, come se ne fossimo noi i proprietari, gli
unici depositari o i solitari costruttori…
Maria Teresa Marra Abignente
sabato 26 gennaio 2013
venerdì 25 gennaio 2013
Chiedo aiuto al tempo che maturi questo amore
Corteggio l’amore,
quell’attimo frusciante
che non sai mai se nasce
da dentro la terra
o dal profondo dei cieli.
Attimo in cui provi
l’estasi dell’esistenza
quando il tempo e lo spazio
diventano uno.
Troppo stretto il mio petto
per questo dono del cielo.
Chiedo aiuto al tempo
che maturi questo amore,
granello dopo granello,
in dolcezza e umiltà.
Luigi Verdi
giovedì 24 gennaio 2013
Si può sempre ricominciare e ritornare
Se ti concentri sull’innamoramento non lo trovi. Se riesci però ad accettare la gente
anche quando ti sta pesante
o non la capisci più, se sai
farti carico degli altri anche quando hanno le rughe
sul volto, senza per questo
chieder loro di cambiare,
allora riesci sì, a tornare ad
innamorarti.
Mi viene in mente un’intervista fatta a Madre Teresa. Le chiedono : “Come fa ad avere gli occhi così pieni di luce?” E lei: “Cerco di togliere le lacrime dagli occhi degli altri”.
Ma se prima vieni te e le tue buone condizioni da trovare, non ti trovi mai, se non per qualche minuto. Ti potrai anche innamorare, ma gli altri lo sentiranno e se ne andranno via da te. Non è facile l’amore su questa terra, è una perla preziosa. Se la perdi e te ne accorgi va bene, non ti scoraggiare. Si può sempre ricominciare e ritornare… dagli altri. Innamorarsi è un cammino che si riprende mille volte.
Pl Ricci
Mi viene in mente un’intervista fatta a Madre Teresa. Le chiedono : “Come fa ad avere gli occhi così pieni di luce?” E lei: “Cerco di togliere le lacrime dagli occhi degli altri”.
Ma se prima vieni te e le tue buone condizioni da trovare, non ti trovi mai, se non per qualche minuto. Ti potrai anche innamorare, ma gli altri lo sentiranno e se ne andranno via da te. Non è facile l’amore su questa terra, è una perla preziosa. Se la perdi e te ne accorgi va bene, non ti scoraggiare. Si può sempre ricominciare e ritornare… dagli altri. Innamorarsi è un cammino che si riprende mille volte.
Pl Ricci
mercoledì 23 gennaio 2013
È l'arte di dare un nome ai nostri sentimenti,
Spesso, e magari senza accorgerci, ci identifichiamo con le nostre paure, riempiamo le nostre
bandiere di rancori e di ripicche ed abbiamo ancora il volto disegnato dalle critiche e dalle pretese che gli altri negli anni ci hanno appiccicato.
E diciamo che quello siamo noi.
L'autenticità è altra cosa. Non è una licenza, è
una responsabilità.
È l'arte di dare un nome ai nostri sentimenti, è
l'onestà di riconoscere che ciò che ci fa soffrire è
un problema che inizia dentro di noi, è la capacità di godere di quel “bicchiere mezzo pieno” che
siamo e di accogliere il “bicchiere mezzo vuoto”
che ci manca. L’autenticità è un’esperienza che
si evolve giorno per giorno e che ci porta a stare
così vicino a noi stessi da apprendere anche da
ciò che ci fa male o che ci manca. Pl Ricci
martedì 22 gennaio 2013
difendere fino all'ultimo la tua casa in noi
Così Etty in una pagina intensa, indimenticabile del suo diario:
"Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l'oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani -ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinchè tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, è anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch'esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all'ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d'argento, invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che sono ormai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po' più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d'ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e ad esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio" (Diario 1941-1943, pagg. 169-170).
"Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l'oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani -ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinchè tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, è anche l'unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch'esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all'ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d'argento, invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che sono ormai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po' più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d'ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e ad esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio" (Diario 1941-1943, pagg. 169-170).
lunedì 21 gennaio 2013
chiedendo a Dio l'intensità, la freschezza, la voglia che abitano la parola: "io ricomincio"
La grande tradizione della Bibbia ci ha insegnato che tocca a Dio portare a compimento l'opera della mani dell'uomo. Ma, affermando questo, ci ha pure insegnato che le nostre mani contano, che il giardino Dio l'ha affidato all'opera della mani dell'uomo e della donna.
C'è una responsabilità dunque da riprendere in mano con gioia ogni mattina. La responsabilità del giardino, la responsabilità di quell'angolo di mondo che oggi ci viene affidato.
Poter dire ogni mattina, ma con passione: "Io ricomincio". Nonostante gli anni, nonostante le disillusioni, nonostante la pesantezza delle istituzioni, anche religiose.
"Io ricomincio", chiedendo a Dio l'intensità, la freschezza, la voglia che abitano la parola: "io ricomincio".
Ricomincio per l'angolo di giardino che mi è affidato, per la misura che mi è consentita, lontano dalla frustrazione di chi si illudeva di cambiare il mondo, il mondo nella sua interezza.
A Nadia Neri don Lorenzo Milani, con disincanto ma senza pessimismi, scriveva: "Non si può amare tutti gli uomini. Si può amare una classe sola (e questo l'hai capito anche te). Ma non si può nemmeno amare tutta una classe sociale se non potenzialmente. Difatti si può amare solo un numero di persone limitato, forse qualche decina, forse qualche centinaio. E siccome l'esperienza ci dice che è possibile solo questo, mi pare evidente che Dio non ci chieda di più".
Don Angelo Casati
C'è una responsabilità dunque da riprendere in mano con gioia ogni mattina. La responsabilità del giardino, la responsabilità di quell'angolo di mondo che oggi ci viene affidato.
Poter dire ogni mattina, ma con passione: "Io ricomincio". Nonostante gli anni, nonostante le disillusioni, nonostante la pesantezza delle istituzioni, anche religiose.
"Io ricomincio", chiedendo a Dio l'intensità, la freschezza, la voglia che abitano la parola: "io ricomincio".
Ricomincio per l'angolo di giardino che mi è affidato, per la misura che mi è consentita, lontano dalla frustrazione di chi si illudeva di cambiare il mondo, il mondo nella sua interezza.
A Nadia Neri don Lorenzo Milani, con disincanto ma senza pessimismi, scriveva: "Non si può amare tutti gli uomini. Si può amare una classe sola (e questo l'hai capito anche te). Ma non si può nemmeno amare tutta una classe sociale se non potenzialmente. Difatti si può amare solo un numero di persone limitato, forse qualche decina, forse qualche centinaio. E siccome l'esperienza ci dice che è possibile solo questo, mi pare evidente che Dio non ci chieda di più".
Don Angelo Casati
domenica 20 gennaio 2013
riprendiamoci la domenica
Viene spontanea una domanda, e la rivolgo a me per il primo: noi uomini e donne dei tempi nuovi, che siamo diventati capaci di produrre anche ciò che fino a ieri l'altro ci sembrava inimmaginabile, saremo capaci di produrre nuovi "settimi giorni"?
Saremo noi capaci di produrre giorni di riposo, ore di riposo, momenti di riposo? Di un riposo che non è inerzia, ma è "riposare" nella relazione, è ricordare, è leggere in profondità la vita, è ricomporre i frammenti nel mosaico, è godere: sì, dare tempo al godere.
Che senso avrebbe la nostra vita se null'altro fosse se non infilare uno dopo l'altro, senza memorie, incontri, esperienze, avvenimenti? Che senso avrebbe se non ci rimanesse nemmeno il tempo di fissarli nel cuore e di goderne?
E che cosa allora potremmo spartire con gli altri se non la banalità di ciò che non tocca il cuore?
E' finito da poco il mese di maggio e ancora non si è spenta nel cuore l'icona della Vergine, terra dolce e silenziosa in cui trova custodia e riposo ogni cosa.
Di lei è scritto - e più di una volta -: "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc. 2,51).
Saremo noi capaci di produrre giorni di riposo, ore di riposo, momenti di riposo? Di un riposo che non è inerzia, ma è "riposare" nella relazione, è ricordare, è leggere in profondità la vita, è ricomporre i frammenti nel mosaico, è godere: sì, dare tempo al godere.
Che senso avrebbe la nostra vita se null'altro fosse se non infilare uno dopo l'altro, senza memorie, incontri, esperienze, avvenimenti? Che senso avrebbe se non ci rimanesse nemmeno il tempo di fissarli nel cuore e di goderne?
E che cosa allora potremmo spartire con gli altri se non la banalità di ciò che non tocca il cuore?
E' finito da poco il mese di maggio e ancora non si è spenta nel cuore l'icona della Vergine, terra dolce e silenziosa in cui trova custodia e riposo ogni cosa.
Di lei è scritto - e più di una volta -: "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc. 2,51).
don Angelo Casati
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