sabato 4 dicembre 2010

quando scrivo a tempo pieno non leggo quanto vorrei

Gli scrittori - specialmente i più giovani - dovrebbero aver voglia di leggere tutti i libri che gli capitano tra le mani. In questo senso, quindi,  è utile che qualcuno che ne sa di più gli indichi chi e cosa leggere. Ma a un certo punto un giovane scrittore deve fare una scelta precisa e decidere se in definitiva vuole diventare uno scrittore o un lettore. Ho conosciuto dei bravi, brillanti e giovani aspiranti scrittori che credevano di non poter iniziare a scrivere se non dopo aver letto "tutto" e, ovviamente, non si può leggere tutto. Non si possono leggere tutti i capolavori, tutti gli autori di cui si è sentito parlare: semplicemente non c'è tempo. Certo, mi piacerebbe che ci fossero due me, uno per leggere e uno per scrivere perchè adoro leggere. Probabilmente leggo più di molte altre persone, ma quando scrivo a tempo pieno non leggo quanto vorrei.
Raymond Carver

venerdì 3 dicembre 2010

vedere se la carica d'energia contenuta in quell'avvio si comunica alla mia mano


La fascinazione romanzesca che si dà allo stato puro nelle prime frasi del primo capitolo di moltissimi romanzi non tarda a perdersi nel seguito della narrazione: è la promessa d'un tempo di lettura che si stende davanti a noi e che può accogliere tutti gli sviluppi possibili. Vorrei poter scrivere un libro che fosse solo un "incipit", che mantenesse per tutta la sua durata la potenzialità dell'inizio, l'attesa ancora senza oggetto. Ma come potrebb'essere costruito, un libro simile? S'interromperebbe dopo il primo capoverso? Prolungherebbe indefinitamente i preliminari? Incastrerebbe un inizio di narrazione nell'altro, come le Mille e una notte? Oggi mi metterò a copiare le prime frasi d'un romanzo famoso, per vedere se la carica d'energia contenuta in quell'avvio si comunica alla mia mano, che una volta ricevuta la spinta giusta dovrebbe correre per conto suo.
 Italo Calvino 
da Se una notte d'inverno un viaggiatore (I Meridiani Mondadori)

giovedì 2 dicembre 2010

Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto...è speciale

Il mio amico aprì il cassetto del comodino di sua moglie e ne estrasse un pacchetto avvolto in carta di riso.
Questo, disse, non è un semplice pacchetto, è biancheria intima".
Gettò la carta che lo avvolgeva e osservò la seta squisita e il merletto.
"Lo comprò la prima volta che andammo a NewYork ,8 o 9 anni fa". "Non lo usò mai.
Lo conservava per 'un'occasione speciale'." "Bene. Credo che questa sia l’occasione giusta.
Si avvicinò al letto e collocò il capo di biancheria vicino alle altre cose che avrebbe portato alle pompe funebri.
Sua moglie era appena morta. Girandosi verso di me disse: "non conservare niente per un'occasione speciale,
ogni giorno che vivi è un'occasione speciale
.

" Sto ancora pensando a queste parole ed a come hanno cambiato la mia vita.
Adesso leggo di più e pulisco di meno. Mi siedo in terrazzo e ammiro il paesaggio,
senza fare caso alle erbacce del giardino.
Passo più tempo con la mia famiglia e gli amici e meno tempo lavorando.
Ho capito che la vita deve essere un insieme di esperienze da godere, non per sopravvivere.
Ormai non conservo nulla. Uso i miei bicchieri di cristallo tutti i giorni.
Metto l’abito nuovo per andare al supermercato, se decido così e ne ho voglia.
Ormai non conservo il mio miglior profumo per feste speciali, lo uso ogni volta che voglio farlo.
Le frasi 'un giorno...' e 'uno di questi giorni ' stanno scomparendo dal mio vocabolario.
Se vale la pena vederlo, ascoltarlo o farlo adesso.
Non sono sicuro di cosa avrebbe fatto la moglie del mio amico,
se avesse saputo che non sarebbe stata qui per il domani che tutti prendiamo tanto alla leggera.
Credo che avrebbe chiamato I suoi familiari e gli amici intimi.
Magari avrebbe chiamato alcuni vecchi amici per scusarsi e fare la pace per una lite passata.
Mi piace pensare che sarebbe andata a mangiare cibo cinese, il suo preferito.
Sono queste piccole cose non fatte che mi infastidirebbero, se sapessi che le mie ore sono contate.
Infastidito perché smisi di vedere buoni amici con i quali mi sarei messo in contatto 'un giorno '.
Infastidito perché non scrissi certe lettere che avevo intenzione di scrivere 'uno di questi giorni '.
Infastidito e triste perché non dissi ai miei fratelli e ai miei figli, con sufficiente frequenza, quanto li amo.
Adesso cerco di non ritardare, trattenere o conservare niente che
aggiungerebbe risate ed allegria alle nostre vite.
Ogni giorno dico a me stesso che questo è un giorno speciale. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto...è speciale.

ISTRUZIONI PER LA VITA:
• mangia molto riso integrale dai alla gente più di quello che si aspetta e fallo con gusto.
Memorizza la tua poesia preferita non credere in tutto quello che ascolti.
Non spendere tutto quello che possiedi e non dormire quanto vorresti.
Quando dici "ti amo", dillo sul serio...
quando dici "mi dispiace", guarda negli occhi la persona.
Mantieni un fidanzamento almeno sei mesi prima di sposarti.
Se credi nell'amore a prima vista, non prenderti gioco mai dei sogni degli altri.
Ama profondamente e appassionatamente.
Puoi uscirne ferito, però è l'unico modo di vivere la vita completamente.
In caso di disaccordo, sii leale.
Non offendere non giudicare gli altri per i loro parenti, parla lentamente, ma pensa con rapidità.
Se qualcuno ti fa una domanda alla quale non vuoi rispondere,
sorridi e chiedigli:
'perché vuoi saperlo?'
Ricorda che il più grande amore, come i maggiori successi, comporta i maggiori rischi.
Chiama la mamma e
dì "salute!" quando qualcuno starnutisce.
Quando perdi, non perdere la lezione, ricorda le tre "R":
Rispetto verso te stesso;
Rispetto verso gli altri; Responsabilità per tutte le azioni.
Non permettere che un piccolo disguido danneggi una grande amicizia.
Quando ti rendi conto che hai commesso un errore, correggilo immediatamente.
Sorridi quando rispondi al telefono, chi ti chiama potrà sentirlo della tua Voce.
Sposati con una persona cui piaccia conversare…
..quando sarete anziani, la vostra abilità nel conversare sarà più importante di qualsiasi altra cosa.
Passa un po' di tempo in solitudine, apri le braccia al cambiamento, però non disfarti dei tuoi valori.
Ricorda che il silenzio è, a volte, la migliore risposta.
Leggi più libri e guarda meno la tv; vivi una vita buona e onorabile.
Più tardi, quando sarai vecchio e ricorderai il passato,
vedrai come la potrai godere per la seconda volta.
Abbi fiducia in Dio, ma chiudi bene la tua auto.
Un atmosfera amorosa in casa è importante.
Fai tutto il possibile per creare un ambiente tranquillo e armonioso.
In caso di disaccordo con i tuoi cari, dai importanza alla situazione presente, non rinvangare il passato.
Leggi fra le righe e condividi le tue conoscenze. E' un modo per ottenere l’immortalità.
Sii gentile con il pianeta.
Non interrompere mai qualcuno che ti sta mostrando affetto.
Fatti i fatti tuoi.
Non fidarti di chi non chiude gli occhi quando ti bacia.
Una volta all'anno visita un luogo nel quale tu non sia mai stato.
Se guadagni molto denaro, mettilo a disposizione per aiutare gli altri quando sei ancora in vita.
Questa è la maggiore soddisfazione che la ricchezza ti possa dare.
Ricorda che non ottenere quello che vuoi, a volte, è un colpo di fortuna.
Impara tutte le regole e poi infrangine qualcuna.
Ricorda che la migliore relazione è quella in cui l'amore fra due persone è più grande della necessità che hanno una per l'altra.
Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui dovresti rinunciare per ottenerlo.
Abborda l'amore e la cucina con un certo temerario abbandono.

quando serve staro’ vicino a te

Non posso darti soluzioni

Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
pero’ posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro
Pero’ quando serve staro’ vicino a te

Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perche’ ti sostenga e non cadi

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Pero’ gioisco sinceramente quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Pero’ posso offrirti lo spazio necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Pero’ posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tuo amico.

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico
in quel momento sei apparso tu...

Non sei né sopra né sotto né in mezzo
non sei né in testa né alla fine della lista
Non sei ne il numero 1 né il numero finale e
tanto meno ho la pretesa
di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista

Basta che mi vuoi come amico/A
NON SONO GRAN COSA,
PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE 

jorges luis borges

Sciogliete dunque le vostre zavorre, e vi scoprirete con stupore senza peso

"La Perfezione non è qualcosa di irraggiungibile o riservato a pochi, ma è il settimo passo che vi attende tutti. Spesso non riuscite a trovare la via della vostra Perfezione interiore perché non la capite, e non la capite perché è troppo semplice per voi. E allora annaspate nel buio per cercare la chiave della vostra porta, quando invece sta nella vostra mano.
Molti consumano mani ed unghie per scalare montagne interiori, e, arrivati in cima, non trovano la Perfezione ad aspettarli, e spesso non fanno che precipitare di nuovo dall’altro versante. Ma la Perfezione non è in cima a un monte, tanto che possiate dire: Scalando la raggiungerò. Temiate pertanto virtuosismi e sforzi del pensiero, perché la Perfezione non è il perfezionismo, né è vostra creatura: essa passa attraverso di voi, ma non voi la generate.
Mettete pure mani ed unghie sulle pietre, ma per toglierle dal vostro cuore, tante quante ne occorrono per fare spazio in voi all’amore. E nell’accostarvi a quest’impresa non vi sgomentate, perché la Perfezione è come una brezza che giunge da Est: a volte vi ha sfiorato le tempie e non l’avete accolta. Piccole cose vi distolgono per anni. E occorrono anni perché capiate che queste erano solo piccole cose. Per comprendere che non era quello ciò che il vostro cuore desiderava. Allora sì che la Perfezione diventa una grande impresa! Lo diventa perché non riuscite a lasciare i vostri miseri appigli, e cercate sempre punti d’appoggio che vi indeboliscono e poi col tempo cedono. Ma questo perché non vi abbandonate. Se fosse per voi non giungereste mai alla Perfezione, perché non vi amate abbastanza, e non volete regalarvi la felicità di cui essa è fatta.
Voltatevi e guardatela negli occhi. Non domandatevi quanto tempo occorra per giungere alla Perfezione, perché se davvero vi voltate a guardarla negli occhi ci vorrà meno che per un seme germogliare, meno che per un fiore sbocciare.
Se sapeste quanto è vicina ridereste di gioia. Sciogliete dunque le vostre zavorre, e vi scoprirete con stupore senza peso. Ergetevi sulle vostre altezze, benché esse non siano vostre. Toglietevi dal cuore ogni paura di cadute, senza però mai scordare la vostra totale incapacità di volare. Abbiate fiducia, perché non in voi la riponete. La Perfezione infatti è già stata raggiunta. Lasciatevi ora raggiungere dalla Perfezione."
  
Da Il Profeta del Vento di Stefano Biavaschi 

La nostra cultura è costituita per gran parte da cose che in realtà non sappiamo, ma che ci comportiamo come se le sapessimo

Forse in Italia soffriamo di una lieve schizofrenia. Diamo per scontato che il giovane debba vivere coi suoi per venti, trent'anni – finché non mette su famiglia a sua volta. Tuttavia è altrettanto scontato che sin da 14, 15 anni, lo stesso giovane debba consumare quanto e più di un adulto. Lasciamo per un attimo perdere la componente affettiva e chiediamoci: dove li trova i soldi? E se i genitori non ne guadagnano abbastanza?
Ora, se due coniugi vengono ai ferri corti possono divorziare. Ma un ragazzino che ritenga i suoi genitori inadatti al proprio stile di vita ha davanti a sé ancora cinque, dieci anni di convivenza.
Il professore di Padova ucciso dal proprio figlio per un voto falsificato avrebbe comprato l'auto al figlio soltanto dopo la laurea. Diciamo a 24, 25 anni. Questo non faceva di lui un padre-padrone, e tutto sommato i soldi erano suoi. Ma anch'io, la prima volta che ho saputo la notizia, ho pensato: che padre degenere. Negare al figlio il sacrosanto diritto all'automobile. Sul serio, per un attimo ho pensato a questo.
(D'altro canto è vero che costringere un figlio a prendere una laurea "per non deluderlo" può equivalere a tenerlo sequestrato in casa per cinque anni, con un doppio ricatto affettivo ed economico, e nessun genitore verrà mai accusato di plagio in questi casi).
Con questo, non voglio assolutamente giustificare gli assassinii in famiglia. Non voglio neanche dare la colpa alla società dei consumi. In effetti, cosa sto facendo? Forse anch'io, da sociologo spicciolo, in piena emulazione giornalistica, accorro sul luogo del delitto e reclamo la mia piccola stilla di sangue. Un avvoltoio no. Diciamo una fastidiosa zanzara.

Ci sottraiamo diritti e privilegi acquisiti e riceviamo in cambio servizi, optional e oggettistica varia.


Il futuro è fattorino
Di questi tempi, quando ho il frigo vuoto, difficilmente trovo il tempo per andarlo a riempire. Non credo che in futuro le cose andranno meglio, per quanto riguarda il tempo; in compenso credo che sarà la tecnologia ad aiutarmi.
Infatti tra un paio d’anni, recessione permettendo, stimo di poter iniziare a fare la spesa on line. Andrò sul sito della coop (o della conad, a seconda dei prezzi, della grafica, delle politiche ambientali) e selezionerò i prodotti, invierò una mail, e un fattorino verrà a recapitarmi le sporte a casa (non sarà più umiliante abitare al terzo piano senza ascensore). Avrò così più tempo da dedicare al mio lavoro.
Rimarrà la fatica di controllare cosa manca nel frigo.
Ma tra cinque-sei anni, penso che anche questa fatica mi sarà evitata da un frigorifero intelligente che mi avverta da solo sulle scadenze delle merci, sulle carenze (se manca il latte), sulle eccedenze (troppi pomodori, poi vanno a male), sui gusti dei famigliari (le sottilette non vanno mai via), ecc.. Il frigorifero mi manderà una mail e io farò l’ordine ai fattorini. Avrò così più tempo da dedicare al mio lavoro.
Infine, tra meno di dieci anni, se non si sovrappongono crisi, calamità, pestilenze, se insomma la civiltà occidentale resiste, la tecnologia mi doterà di un frigorifero non solo intelligente, ma anche affidabile, il quale manderà direttamente le mail ai fattorini, senza chiedermi il permesso. Al massimo sarò io a chiedergli di tanto in tanto più o meno gelati, a seconda di come me la passo. Ma col tempo il frigorifero imparerà a conoscere i miei cicli e stati d’animo, non dovrò più dirgli nulla, arriverò a casa la sera con la cena già bella e recapitata dai fattorini, e avrò più tempo da dedicare al mio lavoro.
Il quale lavoro consisterà, se le mie previsioni non sono errate, nel fare il fattorino, sgobbando dodici ore al giorno per strada e su per le scale, a portare la spesa a un sacco di persone come me che non hanno il tempo di farla, perché anche loro fanno i fattorini.
(Questa forse è una metafora della nostra società postmoderna).

Mi aspettava un futuro da cialtrone culturale


Cultura e conoscenza
Sarebbe interessante poi cercare di capire in cosa consistano effettivamente quel tipo di culture di cui parlavo qualche giorno fa, quelle al centro di ogni discorso sull'identità e l'appartenenza. In una somma di nozioni, di concetti, di valori, di miti? Un po' di tutto questo, e anche un po' di nulla.
Non bisogna sopravvalutare i documenti scritti, quelli forse non sono mai stati così importanti. Il corano non basta a capire l'Islam, la Bibbia non basta a capire il cristianesimo, anzi è quasi fuorviante (per un po' di tempo credo che fu persino messa all'indice). E sono due religioni cosiddette "del Libro": figurarsi altre culture più orali.
Ma in genere mi sembra che queste 'culture' non si situino mai troppo vicino a qualsiasi fonte di informazioni o conoscenze. Il sospetto è che della conoscenza facciano volentieri a meno. La nostra 'cultura occidentale' ci permette di sentirci tutti un po' marxisti, un po' nietzchani, un po' froidiani, ecc... anche se non c'è mai venuto il benché minimo desiderio di leggere o studiare questi autori così importanti. Dei quali in fondo, cosa sappiamo? Cosa ne sappiamo veramente, della nostra cultura occidentale? Non c'è bisogno di saperne niente perché tanto la respiriamo tutti i giorni. Ci svegliamo la mattina, beviamo un caffè, la marca del caffè appartiene a una multinazionale, e in questo modo noi assorbiamo la cultura occidentale...
oppure andiamo in vacanza, in vacanza si beve sangue di serpente, e può essere il modo più spiccio per assorbire una cultura orientale...
(insomma la cultura come qualcosa da mangiare piuttosto che da leggere).

Sono vecchi


E se il ministro Frattini avesse ragione? Se davvero esistessero "strategie dirette a colpire l'immagine dell'Italia sulla scena internazionale", cioè in pratica un complotto? È davvero così paranoico mettere in collegamento i crolli di Pompei, la crisi dei rifiuti, Finmeccanica che perde una commessa, e le altre figuracce che nelle prossime ore Wikileaks pubblicherà?

Ora, nella migliore tradizione della letteratura paranoica, facciamo un passo indietro. Qualche sera fa, mentre gli studenti cominciavano a scendere in piazza, in un ristorante di Milano due vecchietti si prendevano a botte. La notizia, succosa in sé (cosa ci fanno due settantenni, a mezzanotte, in un locale alla moda? Perché non se ne stanno tranquilli al caldo nelle loro case, magari circondati dagli affetti dei loro cari?) è passata quasi inosservata, occultata dalle generalità dei due personaggi. Uno dei due signori era Gian Germano Giuliani, produttore di un famoso amaro digestivo; l'altro, Emilio Fede, uno dei più dileggiati e sottovalutati uomini chiave di Berlusconi: il suo Ministro per la Terza Età, imbonitore di un favoloso parco buoi elettorale che può ancora fargli vincere le elezioni in barba a qualsiasi scandalo o contestazione.

È difficile perfino accorgersi che si tratta, in effetti, di due persone anziane. Giuliani è fresco di terze nozze, e terza separazione; Fede, l'aggredito, poche ore dopo era già davanti alle telecamere, coi lividi imbellettati, instancabile, a chiedere alla polizia di menare "la gentaglia", gli studenti "che capiscono solo di esser menati", i "poveri cuccioloni" che hanno osato violare il Senato, l'assemblea degli anziani intoccabili.

La vitalità di questi personaggi ha qualcosa di stupefacente. Non c'è dubbio che entrambi abbiano fatto cose importanti per l'Italia e gli italiani. Il primo negli anni Settanta vendeva a casalinghe e pensionati sostanze alcoliche sotto forma di prodotti medicinali; allo stesso pubblico, un po' più incanutito, Fede ha smerciato per anni un varietà propagandistico sotto forma di telegiornale. Tutto questo comunque andrebbe scritto su un libro di Storia, nelle ultime pagine riguardanti il secolo scorso. E invece questi e altri settantenni sono ancora qui, nelle prime pagine dei quotidiani del 2010, a reclamare il loro diritto a innamorarsi e fare a pugni. Esponenti di una classe di ferro che non ha nessuna voglia di mollare le redini del Paese. Ma questo cosa c'entra col complotto denunciato da Frattini?

Nulla. Sono solo paranoie. Eppure... se uno prova a unire i puntini, si rende conto che le recenti disgrazie colpiscono un aspetto specifico del nostro Paese: il futuro. Quello dell'Italia, in fin dei conti, non è difficile da prevedere. Le coordinate le abbiamo: siamo una nazione piccola, con una grande Storia, in un mercato globale ormai aperto agli enormi serbatoi asiatici di manodopera a buon mercato. Per restare competitivi non possiamo che investire sulla ricerca, sull'innovazione, sull'istruzione. È una scelta obbligata, gli stessi imprenditori non fanno che ripeterlo. E proprio mentre continuiamo a ripetercelo, scuola e università crollano; il dicastero è occupato da personaggi di dubbia competenza, che elaborano fantasiose riforme che nascondono (neanche troppo bene) una realtà fatta di tagli all'osso.

L'altro investimento obbligato è quello sul carattere specifico dell'Italia: anche nel mezzo di una crisi come questa, il Bel Paese rimane apprezzato nel mondo per il suo patrimonio naturale e culturale. E qui si dovrebbe intervenire: salvando il salvabile, eliminando senza pietà gli eco-mostri, investendo pesantemente nel turismo. Magari anche nel cinema, che negli anni del boom ci rese un grandissimo servigio, diffondendo in tutto il mondo il sogno di una Dolce Vita che a ben vedere era ancora un sogno anche per noi. Dovremmo offrire a miliardi di potenziali turisti la forza di sogni nuovi... Sì, sono considerazioni perfino banali. E mentre le facciamo, il patrimonio è affidato a personaggi di conclamata incompetenza; siti archeologici unici al mondo giacciono in abbandono; il meridione, che potrebbe essere la nostra Mecca, qualcosa che ogni cittadino del mondo dovrebbe sentirsi obbligato a visitare, è stato convertito in discarica dalla malavita organizzata. In mezzo a tutto questo, il ministro dell'Economia dà le mazzate finali al settore affermando che con la cultura non si mangia. Possibile che tutto questo avvenga per caso? È davvero così azzardato ipotizzare un complotto?

Io non so che volti hanno gli uomini che, tra una cena e l'altra, complottano contro l'Italia e il suo futuro. L'unica teoria che mi sento di fare riguarda la loro età. Sono vecchi. Un po' più anziani di quella Repubblica che hanno offeso e depredato senza nessun timor reverenziale. Hanno vissuto alla grande gli anni del boom, hanno finanziato le loro avventure ipotecando il futuro di figli e nipoti. Oggi, nel mezzo di una crisi mondiale, vivono gli ultimi fuochi senza progetti a lungo termine - e perché dovrebbero averli? Ancora un'altra donna, un'altra barzelletta, un'altra bella serata al ristorante. Di accompagnarci al disastro non hanno nessuno scrupolo: sono i primi a sapere che se ne andranno prima. http://leonardo.blogspot.com

sentire che noi l’amiamo e ch’egli ci ama, sarebbe il paradiso

L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l’amore è troppo debole, non perché esso non c’è: bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: «Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo». L’amore che Gesù ha per noi, egli ce l’ha dimostrato abbastanza perché noi possiamo crederci senza sentirlo; sentire che noi l’amiamo e ch’egli ci ama, sarebbe il paradiso; il paradiso, salvo rari momenti e rare eccezioni, non è per quaggiù. Narriamoci spesso la duplice storia delle grazie che Dio ci ha fatto personalmente dopo la nostra nascita, e delle nostre infedeltà; vi troveremo - soprattutto noi che abbiamo vissuto per molto tempo lontani da Dio - le prove più sicure e più commoventi del suo amore per noi, come anche, purtroppo, le prove sì numerose della nostra miseria. C’è motivo per immergerci in una fiducia senza limiti del suo amore (egli ci ama perché è buono, non perché noi siamo buoni, le madri non amano forse i loro figli traviati?) e motivo per sprofondarci nell’umiltà e nella diffidenza verso di noi.
beato Charles De Foucauld, dal deserto algerino

mercoledì 1 dicembre 2010

invece di aspettare che qualcuno ti porti i fiori

Dopo un po’ impari la sottile differenza
fra tenere una mano
e incatenare un’anima.

E impari che l’amore non è
appoggiarsi a qualcuno
e la compagnia non è sicurezza.

E inizi a imparare che i baci
non sono contratti
e i doni non sono promesse.

E cominci ad accettare le tue sconfitte
a testa alta e con gli occhi aperti
con la grazia di un adulto,
non con il dolore di un bambino.

E impari a costruire le tue strade oggi
perché il terreno di domani
è troppo incerto per fare piani.

Dopo un po’ impari
che il sole scotta
se ne prendi troppo.

Perciò pianti il tuo giardino
e decori la tua anima,
invece di aspettare
che qualcuno ti porti i fiori.

E impari che puoi davvero sopportare
che sei davvero forte
e che vali davvero.
PUBBLICATO DA PATRICIAPAULA

esercitarsi a vivere con piena lucidità

I discorsi filosofici degli antichi sono "esercizi spirituali" che non mirano a informare, ma a formare e a trasformare noi stessi. E se filosofare vuoi dire "esercitarsi a morire", esercitarsi a morire vuoi dire esercitarsi a vivere con piena lucidità, staccarsi dal proprio io per aprirsi a una prospettiva universale - l'itinerario della saggezza.
Nell’opera di Marco Aurelio troviamo appresi, difesi, vissuti, immaginati tutti i valori dello stoicismo, affrontati con una sistematicità assoluta, ancora più sorprendente se teniamo conto che si tratta di uno dei più grandi imperatori romani. Il sottotitolo coglie il senso ultimo delle azioni di Marco Aurelio sia nella sua vita di imperatore sia in quella di uomo; il proprio io, la ragione divina in noi, il nostro unico patrimonio, la nostra unica vera proprietà deve essere difesa come una ’cittadella interiore’. Prima di tutto conserva il capitale morale sembra dire Marco Aurelio, tutto il resto proviene da una forte azione difensiva del tesoro presente in ogni uomo. Logica, Fisica, Etica tre potenti armi ha disposizione dello stoico per poter pensare e agire secondo conformità alla ragione universale.

Tutti parlano, nessuno che voglia ascoltare

Tutti parlano, tutto viene dilaniato dalle parole;
e quanto oggi ancora sembra troppo duro per le zanne del tempo,
domani, escoriato e scorticato, penderà da mille fauci.
Tutti parlano, tutto passa inascoltato [...]
Tutti parlano, nessuno che voglia ascoltare.
Tutte le acque si precipitano scroscianti al mare,
ma il ruscello sente solo il proprio scroscio.
Tutti parlano, nessuno che voglia capire.
Tutto finisce in fumo, nulla che vada a finire in una sorgente profonda. [...]
O fratelli miei! Perché non imparate da me il silenzio!
E la solitudine!
Tutti parlano, nessuno che sappia dire.
Tutti corrono, nessuno più che impari a camminare.
Tutti parlano, nessuno mi sente cantare:
Oh, che riusciate a imparare il silenzio da me!
Friedrich Nietzsche
Frammenti postumi

Non son tanto io che ho fatto il mio libro, quanto il mio libro che ha fatto me

Note: 2 tomi - A cura di Fausta Garavini con l'aggiunta del saggio di Sergio Solmi "La salute di Montaigne"
Caratteristiche: rilegato, in cofanetto, con sovraccoperta

Note di Copertina
"Non conosco libro più calmo, e che disponga maggiormente alla serenità" scrisse Flaubert dei "Saggi", e certo, tra i grandi libri in cui si è espressa la cultura occidentale, non molti sono quelli che presentano altrettanto immediata l'impronta di uno spirito sereno, coordinatore sovrano e misurato di un'infinita e fluttuante varietà di contenuti. Sorretta da una curiosità che non si arresta davanti a nulla, l'indagine serrata (se pure niente affatto sistematica) che Montaigne conduce nel suo libro vede i suoi risultati ridotti a un'unica costante che è lo studio di sé, delle proprie humeurs et conditions, e attraverso di esso arriva alla rappresentazione dell'uomo "dipinto per intero, e tutto nudo". Persuaso che tutto sia stato detto e preoccupato di dimostrare che lo spirito umano rimane sempre simile a se stesso, egli giunge, paradossalmente, alla conclusione che nulla può dirsi che sia certo, se non che tutto è incerto. Questo gli apre le porte per un viaggio senza fine all'interno di se stesso, solo soggetto possibile della sua ricerca perché il solo verificabile mediante l'esperienza diretta e, in fondo, il solo interessante per lui: "lo oso non soltanto parlare di me, ma parlare soltanto di me...". Le parti sono così rovesciate; l'uomo non deve accettare una linea di condotta precostituita, anche se resa venerabile da una tradizione solida e ormai acquisita, né districare nella selva di dottrine contraddittorie quella che gli serva come filo conduttore per la propria vita; egli deve piuttosto esprimere un modo di vita che si propone appunto di essere peculiare e unico. Questa accanita, quasi puntigliosa reductio di tutta la cultura precedente è stata indubbiamente la grande scoperta di Montaigne, e quella che ha fatto dei "Saggi" un punto fermo nella storia della cultura occidentale. Il libro è sì la grande summa in cui vengono esposte, criticate, parzialmente accettate o respinte con stupefacente libertà di giudizio le teorie tradizionali più generalmente accolte, il grande serbatoio attraverso cui fluisce lo spirito classico e in cui si raccolgono, filtrate, tutte le principali correnti del pensiero antico, ma soprattutto è la prima grande rappresentazione moderna dell'uomo nella sua condizione tutta umana, sradicata, parrebbe, dal suo rapporto esistenziale con la totalità - ma non da quello con la Natura -, dell'uomo come unico punto di riferimento per ogni azione e ogni giudizio. L'uomo di Montaigne, questo soggetto "vano, vario e ondeggiante", non è più l'eroe che cerca di superare la propria condizione in uno sforzo tragico o mistico, ma l'uomo nuovo, l'honnéte homme, che accetta se stesso, le sue potenzialità e i suoi limiti. I "Saggi" sono perciò il primo grande sforzo, pienamente consapevole, di fare dell'indagine psicologica e morale la sostanza stessa dell'attività letteraria, giacché il chiarire a se stessi per mezzo della parola le proprie "fantasie informi" diventa in realtà un modo di vivere più compiutamente: "Non son tanto io che ho fatto il mio libro, quanto il mio libro che ha fatto me, libro consustanziale al suo autore, di un'utilità personale, membro della mia vita...".
Di questo testo, scritto in una lingua cinquecentesca estremamente ricca e complessa, l'edizione a cura di Fausta Garavini offre per la prima volta al lettore italiano una traduzione condotta con criteri filologici e stilistici rigorosi, corredata di numerose note e ampie appendici (un profilo biografico, uno studio sulla lingua di Montaigne, una bibliografia ragionata, un indice delle citazioni e dei nomi), e a cui è premesso il celebre saggio di Sergio Solmi, La salute di Montaigne.

martedì 30 novembre 2010

quel tempo e' passato

C'e' stato un tempo in cui pensavo che ogni cosa che facevo dovesse essere speciale, che ogni film che vedevo dovesse essere il migliore dell'anno, che ogni serie che vedevo dovesse esser la migliore del momento, che ogni libro che leggevo dovesse essere un capolavoro della letteratura.
Fortunatamente quel tempo e' passato, ed ora tutto e' piu' rilassante e spontaneo.

barche


Conosco delle barche che restano nel porto per paura che le correnti le trascinino via con troppa violenza.

Conosco delle barche che arrugginiscono in porto per non aver mai rischiato una vela fuori.

Conosco delle barche che si dimenticano di partire, hanno paura del mare a furia di invecchiare e le onde non le hanno mai portate altrove, il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.

Conosco delle barche talmente incatenate che hanno disimparato come liberarsi.

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare per essere veramente sicure di non capovolgersi.

Conosco delle barche che vanno in gruppo ad affrontare il vento forte al di là della paura.

Conosco delle barche che si graffiano un po' sulle rotte dell'oceano ove le porta il loro gioco.

Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora ogni giorno della loro vita e che non hanno paura a volte di lanciarsi fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche che tornano in porto lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche straboccanti di sole perché hanno condiviso anni meravigliosi.

Conosco delle barche che tornano sempre quando hanno navigato fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti perché hanno un cuore a misura di oceano.
(Jacques Brel)

Tendete le vostre mani alle mani tutte intorno, poiché non c’è nessun abisso

“La Solitudine è la vostra ombra che non vi lascia mai. Pertanto non domandate all’ombra di chi vi passa accanto di posarsi sulla vostra affinché questa riesca a cancellarsi.
Nessuno ha forme adatte a colmare il vostro vuoto, e nessuna vetta altrui può lambire quelle vostre altitudini che sono riservate solo al Vento.
Solo comprendendo questa appartenenza accetterete questo segno, che marchiando col fuoco il vostro cuore, vi tiene vivi e non permette alle ebbrezze di annegarvi.
Ma al tempo stesso alzate l’animo, per non ingrandire senza necessità quest’ombra e farne il vostro idolo, accusando il destino di ciò che spesso siete voi a causarvi.
Gran parte della vostra Solitudine ha infatti per padre i vostri troppi sogni, e per madre la vostra incapacità di sognare il vero.
Non date colpa dunque al Sole di tutta quell’ombra da voi prodotta, poiché proprio quando il Sole vi si avvicina nei vostri mezzogiorni, posando il calore della sua mano sul vostro capo, scoprite di avere ricevuto in dono ombre più corte.
Se sapeste infatti unire il volo della vostra mente al vero cielo del vostro volo, vedreste ogni giorno diventare più esigua la vostra Solitudine.
E smettereste di erigere muri altissimi, che aggiungendo nuova ombra alla vostra ombra, trasformano la Solitudine in disperazione.
Tendete le vostre mani alle mani tutte intorno, poiché non c’è nessun abisso, alcuna incomunicabilità: sono lapidi erette da voi, dei della vostra esistenza, pretesti per non scommettere con gli altri il vostro dono.
Poiché se permetteste al Vento di entrare solo un poco nella vostra stanza e di scostare le tende scure della vostra Solitudine, che nel buio spesso neanche più trovate, avreste luce per scoprire l’amicizia come un tempo sapevate fare.
E allora compireste il primo passo della vostra crescita, poiché per un amico siete finalmente disposti a scalare quelle vostre montagne interiori che, per l’esservi poco amati, non avete mai scalato per voi”.

Da Il Profeta del Vento, di Stefano Biavaschi - 

no, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!

Non molto tempo fa, nella mia comunità, ho avuto un’autentica esperienza personale
del potere di una vera benedizione.
Poco tempo prima che ciò accadesse avevo iniziato una funzione di preghiere
in una delle nostre cappelle.
Janet, una handicappata della nostra comunità mi disse: “Henri, mi puoi benedire? ”
Io risposi alla sua richiesta in maniera automatica tracciando con il pollice il segno
della croce sulla sua fronte.
Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: “no, questa non funziona.
Voglio una vera benedizione!” Mi resi subito conto di come avevo risposto
in modo formalistico alla sua richiesta e dissi: “Oh scusami … ti darò una vera
benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione”.
Lei mi fece un cenno con un sorriso e io compresi che mi si richiedeva
qualcosa di speciale.
Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio
sul pavimento, io dissi: “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale.
Lei sente di averne bisogno adesso”. Mentre stavo dicendo questo, non sapevo
cosa Janet volesse veramente. Ma Janet non mi lasciò a lungo nel dubbio.
Appena dissi “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale”
lei si alzò e venne verso di me.
Io indossavo un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano
sia le mani che le braccia. Spontaneamente Janet mi cinse tra le sue braccia e
pose la testa sul mio petto. Senza pensare, la coprii con le mie maniche al punto da
farla quasi sparire tra le pieghe del mio abito.
Mentre ci tenevamo l’un l’altra io dissi: “Janet voglio che tu sappia che
sei l’Amata Figlia di Dio.
Sei preziosa agli occhi di Dio.
Il tuo bel sorriso, la tua gentilezza verso gli altri della comunità e tutte
le cose buone che fai,ci mostrano che bella creatura tu sei.
So che in questi giorni ti senti un pò giù
e che c’è della tristezza nel tuo cuore, ma voglio ricordarti chi sei:
sei una persona speciale, sei profondamente amata da Dio e da
tutte le personeche sono qui con te”.
Appena dissi queste parole, Janet alzò la testa e mi guardò;
il suo largo sorriso mi mostrò che aveva veramente sentito e ricevuto la benedizione.
Quando Janet tornò al suo posto, un’altra donna handicappata alzò la mano e disse:
“Anch’io voglio una benedizione”. Si alzò e, prima che mi rendessi conto,
mise il suo viso contro il mio petto.
Dopo che io le dissi parole di benedizione, molti altri handicappati vennero
esprimendo lo stesso bisogno di essere benedetti.
Ma il momento più toccante si verificò quando uno degli assistenti,
un giovane di ventiquattro anni, alzò la mano e disse: “E io?” “Certo”, risposi. “Vieni”.
Lui venne e quando ci trovammo di fronte, lo abbracciai e dissi: “John, è così bello che tu sia qui.
Tu sei l’Amato Figlio di Dio. La tua presenza è una gioia per tutti noi.
Quando le cose sono difficili e la vita è pesante, ricordati sempre che
tu sei Amato di un amore infinito.” Pronunciate queste parole, egli mi guardò
con le lacrime agli occhi e disse: “Grazie, grazie molte”.
Quella sera compresi l’importanza della benedizione e dell’essere benedetto
e l’ho intesa come il vero segno che contraddistingue l’amato.
Le benedizioni che diamo gli uni gli altri sono espressione della benedizione
che riposa su di noi da tutta l’eternità.

*      
[Da Sentirsi amati]  Di Henrì  J.M. Nouwen

Stare in cima non è la felicità

Ho imparato così tanto da voi, Uomini… 
Ho imparato che ognuno 
vuole vivere sulla cima della montagna, 
senza sapere che la vera felicità 
sta nel come questa montagna è stata scalata.

(Gabriel Garcia Marquez)

Ho paura di perderti mentre dormo

Non andartene, amore, senza avvertirmi.
Ho vegliato tutta la notte e ora i miei occhi
sono pesanti di sonno.
Ho paura di perderti mentre dormo.
Non andartene, amore, senza avvertirmi.

Mi sveglio e stendo le mani per toccarti. Ti sento e
mi domando: "E' un sogno?"
Oh, potessi stringere i tuoi piedi col mio cuore
e tenerli stretti al mio petto!
Non andartene, amore, senza avvertirmi.

                
R. Tagore

non devi sempre

Tu non hai bisogno di fingere che sei forte, non devi sempre dimostrare che tutto
sta andando bene,
non puoi preoccuparti di ciò che pensano gli altri, se ne avverti la necessità
piangi perché è bene che tu pianga fino all'ultima lacrima,
poiché soltanto allora potrai tornare a sorridere.


Paolo Coelho

lunedì 29 novembre 2010

Nonostante tutto e in qualunque situazione sappi attendere

Nessuna fatica o delusione
soffochi in te 
l’attesa e la speranza.
Nonostante tutto
e in qualunque situazione
sappi attendere
la pace,
la gioia,
il coraggio,
la forza,
la luce,
l’Amore.

Così vengono le nostre pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi.

La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi: noi non aspettiamo altro che
ne scocchi l'ora.
Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover
essere consumati. Come un filo di lana tagliato
dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane
animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l'attendiamo. Noi l'attendiamo, ed essa non viene.
Vengono, invece, le pazienze.

Le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo
scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di
ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l'autobus che passa affollato,
il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl'invitati che nostro marito porta in casa
e quell'amico che, proprio lui, non viene;
è il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostre pazienze, in ranghi serrati o in
fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono 

il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando –
per dare la nostra vita – un'occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che come ci sono rami
che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che
i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana
tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno
per giorno si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.
Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.
 E' la passione delle pazienze.
                                                 Madeleine Delbrêl

I Figli sono la nostra croce, rallegratevi che essi vi abbiano inchiodato impedendovi di finire nel baratro

Amando i Figli
"I Figli non voi li crescete, ma essi crescono voi. Sono essi i vostri educatori, perché attendono che voi siate nel bene prima di imitarvi.
E quando dite: Daremo la vita a un figlio, sapete quale vita state dando? Non la loro, ma la vostra.
Se non avete compreso questo, meglio sarebbe serrare i fianchi e proseguire oltre.
E quando dite: I Figli sono la nostra croce, rallegratevi che essi vi abbiano inchiodato impedendovi di finire nel baratro.
Ed anche quando dite: I nostri Figli ci tolgono un mucchio di tempo, domandatevi se tutto quel tempo che vi viene tolto sarebbe impiegato meglio.  
Nella loro infanzia ascoltate i vostri Figli, perché sui loro visi è ancora impigliato qualche frammento del sorriso con cui li hanno rivestiti gli angeli.
Nel tenerli per mano, non date loro fretta, ma camminate al loro passo, perché vogliono guarirvi dal vostro correre.
Non fate ad essi doni, ma donate voi stessi. I doni sono il vostro alibi per non regalare voi a loro.
Consegnatevi nelle loro mani, perché hanno quella saggezza che voi perdeste.
Chiamateli per nome, ed essi chiameranno il bimbo in voi, quello che da soli non riuscivate a rianimare, e lo faranno giocare nel giardino della Vita.  
E nella loro adolescenza ascoltate i vostri Figli. Gran parte del muro che in quei giorni spesso vi oppongono non l’hanno costruito coi loro mattoni ma coi vostri.
Non chiedete ad essi cose che già voi non fate. Se siete saggi, vi basterà essere voi stessi.
Ma se non lo siete, non saturateli di limiti senza indicare loro le mete, bensì mostrate di queste la bellezza, e otterrete di più che non mostrando i pericoli di eventuali abissi.
Non affliggetevi se educandoli alle regole essi non le rispetteranno. In realtà tremerebbero di paura se tali regole non vi fossero.
Le loro trasgressioni sono per collaudarne la veridicità. Altre volte per reclamare invece il vostro rimprovero, a testimonianza del vostro amore per loro. Se vi feriranno è perché avete porto loro la vostra vulnerabilità. O perché avete dato senza insegnare a dare.
Talvolta sbattendo la porta vi lasceranno, ma anche se li vedete partire, le navi con cui salpano hanno stive colme dei doni consegnati dalle vostre parole buone. E alla prima tempesta vi si rifugeranno.
Voi siete i seminatori dei loro campi, non i raccoglitori delle loro messi. E la vostra missione consiste nel donare sempre, anche quando la lama della loro libertà vi taglierà le mani.
Nella loro giovinezza, infine, ascoltate i vostri Figli. Con stupore scorgerete che vi hanno superato, che la loro nave ha oltrepassato tutti i primi scogli, ed ora non ha che davanti lo scoglio più pericoloso: voi. Saranno infatti chiamati lungo vie di realizzazione che voi non conoscete, e ciecamente sbarrerete loro le strade.
Ma alla pianta è dato di generare, e non di contenere ciò che genera. Ritenete i vostri progetti più grandi dei progetti che ha la Vita? Non tratteneteli, dunque. Avete donato loro la vostra vita: ora riprendetevela, donando loro di rinunciare a trattenerli.
Sgombrate il vostro cuore da ogni brama di ricevere, perché se il vostro flauto non è cavo, la rinnovata melodia della Vita non potrà attraversarlo.
Se vivrete questa perfetta donazione, saprete amarli nel loro nuovo aspetto, e allora, siano essi Figli del vostro stesso sangue, o siano essi Figli scelti dal cuore, avrete compiuto il terzo passo della vostra crescita.
Potrete così udire le note universali trapassarvi dentro, e capirete che attraverso di voi la Vita ha composto un nuovo canto".
da Il Profeta del Vento, di Stefano Biavaschi

essersi autorinchiuso in un vaso di vetro con il pretesto di sentirsi al sicuro

Ascoltiamo i messaggi umanitari, le provocazioni del vangelo e giungiamo anche a condividerli e ad ammirarli, ma non abbiamo la forza di impegnarci a tradurli in atto nella nostra vita. L'immediato, il contingente ci soddisfano per qualche tempo; poi, inesorabilmente, li troviamo inadeguati a soddisfarci in pienezza. Un pesciolino si illuderebbe se, dopo essersi autorinchiuso in un vaso di vetro con il pretesto di sentirsi al sicuro, credesse di espletare al massimo l'esigenza di guizzare nell'acqua. Così succede a noi. Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza; in altre parole ha messo in noi un'esigenza potenziale di immensità e di eternità. Se dimentichiamo questo dato di fatto e ci assuefacciamo alla paralisi e alla claustromania, perdiamo inevitabilmente l'entusiasmo per la vita e cominciamo a sperimentare un senso di soffocamento. 

domenica 28 novembre 2010

il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa

1 – La strategia della distrazione.
L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione.
Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 – La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 – La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione.
Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….
7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far sì che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…
9 – Rafforzare il senso di colpa.
Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca.
Negli ultimi 50’anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.
Noam Chomsky