Forse in Italia soffriamo di una lieve schizofrenia. Diamo per scontato che il giovane debba vivere coi suoi per venti, trent'anni – finché non mette su famiglia a sua volta. Tuttavia è altrettanto scontato che sin da 14, 15 anni, lo stesso giovane debba consumare quanto e più di un adulto. Lasciamo per un attimo perdere la componente affettiva e chiediamoci: dove li trova i soldi? E se i genitori non ne guadagnano abbastanza?
Ora, se due coniugi vengono ai ferri corti possono divorziare. Ma un ragazzino che ritenga i suoi genitori inadatti al proprio stile di vita ha davanti a sé ancora cinque, dieci anni di convivenza.
Il professore di Padova ucciso dal proprio figlio per un voto falsificato avrebbe comprato l'auto al figlio soltanto dopo la laurea. Diciamo a 24, 25 anni. Questo non faceva di lui un padre-padrone, e tutto sommato i soldi erano suoi. Ma anch'io, la prima volta che ho saputo la notizia, ho pensato: che padre degenere. Negare al figlio il sacrosanto diritto all'automobile. Sul serio, per un attimo ho pensato a questo.
(D'altro canto è vero che costringere un figlio a prendere una laurea "per non deluderlo" può equivalere a tenerlo sequestrato in casa per cinque anni, con un doppio ricatto affettivo ed economico, e nessun genitore verrà mai accusato di plagio in questi casi).
Con questo, non voglio assolutamente giustificare gli assassinii in famiglia. Non voglio neanche dare la colpa alla società dei consumi. In effetti, cosa sto facendo? Forse anch'io, da sociologo spicciolo, in piena emulazione giornalistica, accorro sul luogo del delitto e reclamo la mia piccola stilla di sangue. Un avvoltoio no. Diciamo una fastidiosa zanzara.
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