sabato 28 settembre 2013
quando tu sei penetrato più addentro, la sua origine è ancora un tratto più in là: come lo zampillare della sorgente che proprio quando tu sei più vicino, più si allontana.
Dove nasce l’amore? (…) questo luogo tu non puoi vederlo.
Per quanto tu lo penetri in profondità,
l’origine si sottrae sempre più lontana e segreta.
Anche quando tu sei penetrato più addentro,
la sua origine è ancora un tratto più in là:
come lo zampillare della sorgente che proprio quando tu sei più vicino,
più si allontana. (…)
Il mormorio della sorgente ci attira con il suo gorgogliare
e quasi invita l’uomo a seguire il suo corso,
a penetrare, non per pura curiosità, fino alla sorgente e a manifestare il suo segreto;
come i raggi del sole invitano l’uomo a contemplare la magnificenza del mondo,
ma colpiscono con la cecità il presuntuoso che osasse per curiosità scoprire l’origine della luce; come la fede si offre all’uomo come guida nella via della vita,
ma pietrifica lo sfacciato che pretendesse di comprenderla;
così il desiderio e il segreto dell’amore è che la sua origine nascosta nel suo intimo debba restare un mistero, che nessun curioso e presuntuoso osi disturbarla per vedere ciò che non si può vedere, poiché questa curiosità non fa che dissipare la gioia e la benedizione
(Kierkegaard, Atti dell'Amore)
venerdì 27 settembre 2013
non è sempre nella gioia e nel piacere che le offerte della vita possono essere interiorizzate
Sotto gli occhi mi capita questo. Non ho nulla per cui preoccuparmi ma qualcosa rallenta il mio passo. Devo scoprire ogni giorno quel qualcosa di nuovo che la vita mi offre che ancora non ho accolto. che non ho scoperto, che ancora mai non mi è stato offerto.
IL CAMMINO DELLA CREAZIONE
Di Carlo Molari
La perfezione non sta agli inizi, la perfezione sta alla fine del processo.
La creazione non è cosa compiuta.
Ora avviene.
Cosa implica questo?
Implica che noi ogni giorno aprendo gli occhi, dovremmo avere questa attitudine:
che cosa di nuovo oggi la vita mi offre?
Che non vuol dire semplicemente quale piacere o quale gioia,
perché non è sempre nella gioia e nel piacere che le offerte della vita possono essere interiorizzate. Ci sono anche situazioni negative perché
siamo incompiuti, siamo inadeguati, non abbiamo ancora raggiunto la pienezza!
Per cui lo stupore non è sempre solo l'attesa di quale piacere oggi potrò provare di più,
ma di quale a offerta di vita oggi mi sarà data.
Ogni giorno dovremmo cominciare così il nostro cammino.
E chi è abituato a fare una preghiera al mattino,
dovrebbe impostarla cosi:
"Che cosa di nuovo oggi la vita mi offre
che ancora non ho accolto,
che non ho scoperto,
che ancora mai mi è stato offerto?"
giovedì 26 settembre 2013
e) Il rinnovamento missionario e conciliare della Chiesa
Madeleine, credendo alla divina originalità e perenne giovinezza della Chiesa, lavora per una “Chiesa amabile e amante”, capace di far passare dell'amore in tutti i segni istituzionali, soprattutto verso i non credenti. Non quindi una Chiesa chiusa in se stessa come una fortezza assediata, non arroccata nella difesa del passato, ma tutta missionaria, in cui suscitare una più grande corrente d'amore verso tutti i non credenti, avendo il coraggio di aprire sentieri nuovi nei deserti del nostro tempo, accettando la sfida dei rapidi cambiamenti in atto, della mancanza di carte stradali e di ricette già pronte per l'evangelizzazione contemporanea.
Lavora per una Chiesa in cui vivere una comunione piena sotto il segno della "funzione di reciprocità" tra tutti i doni e le vocazioni, una Chiesa che accolga nel suo grembo la ricchezza e il protagonismo dei popoli. Una Chiesa che non può tacere né rimanere indifferente quando popoli interi o anche solo singoli uomini vengono schiacciati dalla povertà e dall'ingiustizia o umiliati e privati della loro dignità, e senza rincorrere le simpatie e le alleanze impure vecchie o nuove (con le logiche e i sistemi di potere e del denaro), non si limita alla conservazione dello status quo, e, senza perdere di vista il fatto che la vita non sopporta salti e rotture, resiste alla tentazione dell'immobilismo.
Una Chiesa che sappia educare il cristiano a vivere la fede come una notizia buona e perennemente attuale, di cui è responsabile verso il Cristo e verso tutti gli uomini che non credono, una Chiesa che senza ridurre in sé ciò che appartiene al mistero sa però parlare un linguaggio attuale e accessibile alla gente delle strade.
Una Chiesa che faccia comprendere a ogni cristiano che “lo status quo, in rapporto alla fede, è contro-natura”, perché “l'acustica che la Parola del Signore esige da noi è il nostro «oggi»”. Una Chiesa che sappia quindi educare “ad adattare rapidamente alla fede noi stessi e le circostanze”, per fare uscire dalle "fortezze" dei conventi e liberare dalle "ricette", dalle forme "convenzionali" e dai "sistemi" di "scuola" i grandi "cammini evangelici".
f) La tentazione sul piano dell'efficacia
A che serve il cristiano? Madeleine affronta direttamente questa radicale provocazione epocale, resa ancora più drammatica dalla desolante impressione di un arretramento progressivo del Vangelo e della Chiesa da settori interi della società, apparentemente impermeabili all'annuncio cristiano. “L’efficienza umana marcia a pieno ritmo, mentre pare che si faccia benissimo a meno di Dio e che, in ogni caso, Dio non manchi a niente e a nessuno”. Constata inoltre che molti cristiani non colgono il senso dell’originalità cristiana e giudicano la fede anacronistica, ridicola e inutile. Da qui la tentazione di sbarazzarsi della fede, preferendo delle solidarietà totali con gli uomini del nostro tempo, senza chiare prese di distanza evangeliche ed ecclesiali.
Ma il cristiano – ricorda Madeleine – ha la missione di testimoniare e innestare nel tempo l’amore eterno di Dio e lo può fare solo vivendo alla maniera di Cristo, coniugando prossimità fraterna e preferenza per Dio: “Senza riferimento a Dio - che è per noi il solo bene assoluto e grazie al quale tutti gli altri beni sono buoni perché vengono da Lui - la nostra testimonianza è una contro-testimonianza; senza bontà realista e smisurata fino alla carità, è come se non ci fosse testimonianza, perché è fuori dalla portata degli occhi, delle orecchie, delle mani, del cuore degli uomini. Nei due casi e in modi opposti, ma equivalenti, ci sarebbe rottura con l'insieme della testimonianza evangelica”.
L'azione del cristiano è per lei eminentemente teologale: "Noi siamo 'caricati' di energia senza proporzioni con le misure del mondo: la fede che solleva le montagne, la speranza che nega l'impossibile, la carità che fa ardere la terra. Ogni minuto della giornata, non importa dove esso ci voglia o per che cosa, permette a Cristo di vivere in noi in mezzo gli uomini".
Scrive a un’amica: “San Giovanni della Croce le parlerebbe, poiché egli la vede, dell'immensa e incosciente miseria del mondo oggi. Ciò che Dio sicuramente vuole è una compassione e una speranza proporzionate a una tale miseria, una fede capace di glorificare Dio là dove vuole esserlo. In questo mondo ‘che cambia’ così improvvisamente, così brutalmente, si direbbe che il Signore voglia che la sua redenzione passi attraverso delle vite che si lasciano cambiare a suo piacimento... sconvolgere. Sembra volere della gente che in questa sorta di avventura sa che non manca di niente ed è in pace”.
mercoledì 25 settembre 2013
c) Il messianismo marxista
Per Madeleine il marxismo, lottando contro la povertà e l'ingiustizia sociale interessa popoli interi, fa leva sul "dolore dei poveri", la "forza universale più compromessa col mistero".
Ciò costituisce ai suoi occhi una grande provocazione per la Chiesa e per il credente, chiamati in causa sul piano della propria coerenza e responsabilità-complicità nella coscienza dell'interdipendenza e solidarietà mondiale, ma anche sul senso stesso di Dio e della liberazione cristiana.
“Possiamo sperare davvero e con speranza la Redenzione del mondo, senza avere un cuore appassionato di vedere cessare le ingiustizie del mondo e le loro conseguenze, anche se esse non sono né operano tutto il male?”. Tuttavia con altrettanto coraggio aggiunge: “Chiamare felicità la guerra, la fame, l'oppressione equivarrebbe a tradire Cristo. Ma è necessario che qualcuno lo dica: in un mondo in cui l’ipotesi di Dio fosse liquidata, i piatti sarebbero forse pieni, le case numerose, le biblioteche fornite... ma mancando del suo minimo vitale la ragione umana, circondata da queste ricchezze, morirebbe di fame e di disperazione”.
Grazie al punto di osservazione singolare e privilegiato di Ivry, Madeleine sperimenta con largo anticipo rispetto al movimento missionario sorto negli anni quaranta, la necessità di una risposta apostolica imperniata sulla prossimità di vita, ma anche le difficoltà e i pericoli specifici. Avverte la necessità di evitare ogni improvvisazione, lasciandosi costantemente interpellare dai punti di vista dei militanti e dei non credenti, amandoli di vero cuore, mantenendo però sempre lucidità di riflessione e ascesi del cuore (VM 151s). Se avverte la necessità di evitare dei legami organici (una cooperazione radicale sarebbe la caricatura della dialettica, piantare al cuore della nostra vita un'azione che lotta contro il suo proprio fine: VM 136), collabora però lealmente di volta in volta su obiettivi puntuali condivisibili, sempre offrendo le proprie motivazioni evangeliche, e mantenendo insieme a un'infrangibile comunione ecclesiale (ritorno vigoroso a un realismo di Chiesa: VM 155) un'attitudine redentiva senz’amputazioni (“tendenza di salvezza”).
d) La provocazione degli ateismi contemporanei
Madeleine ne parla come di “deserti” contemporanei, nei quali occorre aprire sentieri nuovi per l'annuncio del Vangelo. Ciò è possibile solo per chi cammina con una fede nuda, spoglia da appesantimenti e incrostazioni, ma anche vissuta senza amputazioni e con massimo realismo, in una piena comunione ecclesiale. Madeleine avverte la provocazione radicale degli ateismi contemporanei: Dio è assurdo, e se non è dannoso, è quantomeno inutile e superfluo. Per cui la fede a che serve? Madeleine coglie cioè che non sono in gioco solo le modalità dell'evangelizzazione, ma il suo stesso significato e la sua necessità. Solo il cristiano che riscopre l'inaudito e straordinario dono della fede, può diventare missionario, anzi, lo diviene per il fatto stesso che pone con la sua esistenza il fatto violento di un uomo per cui Dio esiste ed è il Bene supremo. Da qui la sua paradossale lettura dell'ateismo ritenuto “condizione favorevole alla nostra conversione”, alla riscoperta dello statuto violento della vita cristiana, in cui il rivolgimento della conversione è un processo che dura tutta la vita.
Convinta che “è nelle relazioni normali con il nostro prossimo, chiunque esso sia, che troviamo le circostanze normali per consolidarci e svilupparci nella fede”, Madeleine considera gli ambienti atei una paradossale “condizione favorevole alla nostra conversione”.
Proprio i contatti con questi “deserti contemporanei” provocano il cristiano a riscoprire ciò che la fede ha di inaudito e gratuito, “ci insegnano a essere abbagliati dalla grazia” e, “se ci fanno penetrare in un’ansietà, in un certo dolore missionario, chiariscono i veri fondamenti della gioia cristiana”.
La fede è la vera "donna povera", "contemporanea" e "prossima" ad ogni tempo, ad ogni civilizzazione, ad ogni nazione come una "sorella": per una vera vita cristiana votata a un apostolato pericoloso solo questa "fede prossima e spoglia" è capace di situare nella loro autentica prospettiva gli elementi necessari.
Per Madeleine il marxismo, lottando contro la povertà e l'ingiustizia sociale interessa popoli interi, fa leva sul "dolore dei poveri", la "forza universale più compromessa col mistero".
Ciò costituisce ai suoi occhi una grande provocazione per la Chiesa e per il credente, chiamati in causa sul piano della propria coerenza e responsabilità-complicità nella coscienza dell'interdipendenza e solidarietà mondiale, ma anche sul senso stesso di Dio e della liberazione cristiana.
“Possiamo sperare davvero e con speranza la Redenzione del mondo, senza avere un cuore appassionato di vedere cessare le ingiustizie del mondo e le loro conseguenze, anche se esse non sono né operano tutto il male?”. Tuttavia con altrettanto coraggio aggiunge: “Chiamare felicità la guerra, la fame, l'oppressione equivarrebbe a tradire Cristo. Ma è necessario che qualcuno lo dica: in un mondo in cui l’ipotesi di Dio fosse liquidata, i piatti sarebbero forse pieni, le case numerose, le biblioteche fornite... ma mancando del suo minimo vitale la ragione umana, circondata da queste ricchezze, morirebbe di fame e di disperazione”.
Grazie al punto di osservazione singolare e privilegiato di Ivry, Madeleine sperimenta con largo anticipo rispetto al movimento missionario sorto negli anni quaranta, la necessità di una risposta apostolica imperniata sulla prossimità di vita, ma anche le difficoltà e i pericoli specifici. Avverte la necessità di evitare ogni improvvisazione, lasciandosi costantemente interpellare dai punti di vista dei militanti e dei non credenti, amandoli di vero cuore, mantenendo però sempre lucidità di riflessione e ascesi del cuore (VM 151s). Se avverte la necessità di evitare dei legami organici (una cooperazione radicale sarebbe la caricatura della dialettica, piantare al cuore della nostra vita un'azione che lotta contro il suo proprio fine: VM 136), collabora però lealmente di volta in volta su obiettivi puntuali condivisibili, sempre offrendo le proprie motivazioni evangeliche, e mantenendo insieme a un'infrangibile comunione ecclesiale (ritorno vigoroso a un realismo di Chiesa: VM 155) un'attitudine redentiva senz’amputazioni (“tendenza di salvezza”).
d) La provocazione degli ateismi contemporanei
Madeleine ne parla come di “deserti” contemporanei, nei quali occorre aprire sentieri nuovi per l'annuncio del Vangelo. Ciò è possibile solo per chi cammina con una fede nuda, spoglia da appesantimenti e incrostazioni, ma anche vissuta senza amputazioni e con massimo realismo, in una piena comunione ecclesiale. Madeleine avverte la provocazione radicale degli ateismi contemporanei: Dio è assurdo, e se non è dannoso, è quantomeno inutile e superfluo. Per cui la fede a che serve? Madeleine coglie cioè che non sono in gioco solo le modalità dell'evangelizzazione, ma il suo stesso significato e la sua necessità. Solo il cristiano che riscopre l'inaudito e straordinario dono della fede, può diventare missionario, anzi, lo diviene per il fatto stesso che pone con la sua esistenza il fatto violento di un uomo per cui Dio esiste ed è il Bene supremo. Da qui la sua paradossale lettura dell'ateismo ritenuto “condizione favorevole alla nostra conversione”, alla riscoperta dello statuto violento della vita cristiana, in cui il rivolgimento della conversione è un processo che dura tutta la vita.
Convinta che “è nelle relazioni normali con il nostro prossimo, chiunque esso sia, che troviamo le circostanze normali per consolidarci e svilupparci nella fede”, Madeleine considera gli ambienti atei una paradossale “condizione favorevole alla nostra conversione”.
Proprio i contatti con questi “deserti contemporanei” provocano il cristiano a riscoprire ciò che la fede ha di inaudito e gratuito, “ci insegnano a essere abbagliati dalla grazia” e, “se ci fanno penetrare in un’ansietà, in un certo dolore missionario, chiariscono i veri fondamenti della gioia cristiana”.
La fede è la vera "donna povera", "contemporanea" e "prossima" ad ogni tempo, ad ogni civilizzazione, ad ogni nazione come una "sorella": per una vera vita cristiana votata a un apostolato pericoloso solo questa "fede prossima e spoglia" è capace di situare nella loro autentica prospettiva gli elementi necessari.
martedì 24 settembre 2013
Ci sembra che la vocazione della 'Carità' sia vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera, dall'olio del Buon samaritano fino all'aceto del Calvario
Madeleine Delbrêl muore il 13 ottobre 1964, il giorno in cui un laico prende la parola al Concilio, ma la sua testimonianza è di estrema attualità. Questa donna, che su molti punti ha anticipato profeticamente il rinnovamento conciliare, può essere un riferimento ispiratore nel nostro tempo di cambiamenti rapidi, che esigono una profonda conversione di tutta la vita ecclesiale in senso missionario. Possiamo applicarle quanto lei stessa scriveva a proposito dei santi:
Ad ogni tornante della storia sembra proprio
che il Signore abbia voluto fare a certe vocazioni il dono di vivere il suo Vangelo alla lettera,
affinché la loro carne e il loro sangue ne siano come l'edizione provvidenzialmente destinata agli uomini del loro tempo.
Vogliamo rileggere ora la sua testimonianza al centro di alcuni crocevia delle molteplici sfide epocali che abbiamo innanzi.
a) L’inquietudine religiosa contemporanea
Madeleine registra i segnali di questa inquietudine e ricerca religiosa particolarmente nel mondo artistico-letterario francese degli anni venti: da questo mondo lei stessa proviene, non lo sconfessa, ma piuttosto si sente inizialmente chiamata a un'opera-missione di ascolto culturale, decifrazione e annuncio della “strada” che porta all'épanouissement de la vie.
b) La ricerca dell’essenziale evangelico
Per Madeleine si tratta di lasciare che lo Spirito modelli in noi
il Cristo di adesso,
il Gesù di oggi,
attraverso una vita di Vangelo integrale e realista,
e un'azione soprannaturale basata sul proprio lavoro umano, relativizzando ogni specializzazione apostolica e spirituale.
Ne nasce una forma di vita in cui far coesistere il più radicale dono di se stessi a Dio con un'esistenza da semplice “gente delle strade”, che non pone alcun ostacolo a una fraternità universale:“Questa contraddizione che ci abita – scrive Madeleine - è più imbarazzante da guardare che da assimilare”.
E altrove scrive: "Ci sembra che la vocazione della 'Carità' sia vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera, dall'olio del Buon samaritano fino all'aceto del Calvario, donandogli così amore per amore, pagando il suo amore con dell'amore, consegnandosi interamente mani e piedi al suo amore, perché amandolo a perdita di cuore e lasciandosi amare fino in fondo, i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e non facciano che uno".
In Madeleine si fondono le intuizioni carmelitane (silenzio, solitudine, croce) con l'immersione tra la gente da fratello universale di Charles de Foucauld e la semplicità-gioia-fraternità evangeliche della vita francescana. Anticipa di fatto la stessa discendenza ufficiale foucauldiana, prendendo laicamente sul serio la storia, il lavoro e la vocazione umana di ciascuno, deassolutizzando ogni specializzazione apostolica e spirituale, volendo vivere in pieno giorno, pubblicamente e comunitariamente la propria testimonianza evangelica.
Ad ogni tornante della storia sembra proprio
che il Signore abbia voluto fare a certe vocazioni il dono di vivere il suo Vangelo alla lettera,
affinché la loro carne e il loro sangue ne siano come l'edizione provvidenzialmente destinata agli uomini del loro tempo.
Vogliamo rileggere ora la sua testimonianza al centro di alcuni crocevia delle molteplici sfide epocali che abbiamo innanzi.
a) L’inquietudine religiosa contemporanea
Madeleine registra i segnali di questa inquietudine e ricerca religiosa particolarmente nel mondo artistico-letterario francese degli anni venti: da questo mondo lei stessa proviene, non lo sconfessa, ma piuttosto si sente inizialmente chiamata a un'opera-missione di ascolto culturale, decifrazione e annuncio della “strada” che porta all'épanouissement de la vie.
b) La ricerca dell’essenziale evangelico
Per Madeleine si tratta di lasciare che lo Spirito modelli in noi
il Cristo di adesso,
il Gesù di oggi,
attraverso una vita di Vangelo integrale e realista,
e un'azione soprannaturale basata sul proprio lavoro umano, relativizzando ogni specializzazione apostolica e spirituale.
Ne nasce una forma di vita in cui far coesistere il più radicale dono di se stessi a Dio con un'esistenza da semplice “gente delle strade”, che non pone alcun ostacolo a una fraternità universale:“Questa contraddizione che ci abita – scrive Madeleine - è più imbarazzante da guardare che da assimilare”.
E altrove scrive: "Ci sembra che la vocazione della 'Carità' sia vivere l'amore di Gesù interamente e alla lettera, dall'olio del Buon samaritano fino all'aceto del Calvario, donandogli così amore per amore, pagando il suo amore con dell'amore, consegnandosi interamente mani e piedi al suo amore, perché amandolo a perdita di cuore e lasciandosi amare fino in fondo, i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e non facciano che uno".
In Madeleine si fondono le intuizioni carmelitane (silenzio, solitudine, croce) con l'immersione tra la gente da fratello universale di Charles de Foucauld e la semplicità-gioia-fraternità evangeliche della vita francescana. Anticipa di fatto la stessa discendenza ufficiale foucauldiana, prendendo laicamente sul serio la storia, il lavoro e la vocazione umana di ciascuno, deassolutizzando ogni specializzazione apostolica e spirituale, volendo vivere in pieno giorno, pubblicamente e comunitariamente la propria testimonianza evangelica.
lunedì 23 settembre 2013
la missione cristiana rimane quello che è sempre stata sin dall’inizio. Però adesso deve fare i conti con un mondo scristianizzato, dove il cristianesimo collettivamente assimilato e recepito non parla automaticamente dell’autentica comunione cristiana con il Signore.
Commenta ancora SEQUERI:
"Per noi credenti, religiosi, discepoli attivi, responsabili della missione,
questo paradosso deve invece diventare standard:
la missione comporta la capacità di vivere in forma comunitaria la tipica solitudine del discepolo. Che cos’è questo elemento comunitario,
questa idea della fraternità all’altezza della missione
in un luogo dove fondamentalmente la Chiesa non c’è nella forma a cui noi siamo abituati
– si chiede Madeleine?
E questa è la novità.
Questi sono paesi cristiani e vediamo in essi larghe aree dove
la Chiesa che c’era prima non c’è più.
Non so se possiamo dire:
“Non c’è più la fede, non c’è più il cristianesimo”,
ma di certo non c’è più la Chiesa che c’era prima.
Questo Madeleine dice che lo si vede chiaramente.
Allora per la Chiesa non era così semplice ammetterlo.
"Per noi credenti, religiosi, discepoli attivi, responsabili della missione,
questo paradosso deve invece diventare standard:
la missione comporta la capacità di vivere in forma comunitaria la tipica solitudine del discepolo. Che cos’è questo elemento comunitario,
questa idea della fraternità all’altezza della missione
in un luogo dove fondamentalmente la Chiesa non c’è nella forma a cui noi siamo abituati
– si chiede Madeleine?
E questa è la novità.
Questi sono paesi cristiani e vediamo in essi larghe aree dove
la Chiesa che c’era prima non c’è più.
Non so se possiamo dire:
“Non c’è più la fede, non c’è più il cristianesimo”,
ma di certo non c’è più la Chiesa che c’era prima.
Questo Madeleine dice che lo si vede chiaramente.
Allora per la Chiesa non era così semplice ammetterlo.
Gente come Madeleine Delbrêl percepisce ormai il dovere di interrogarsi su questo fatto:
la missione cristiana rimane quello che è sempre stata sin dall’inizio.
Però adesso deve fare i conti con un mondo scristianizzato,
dove il cristianesimo collettivamente assimilato e recepito
non parla automaticamente dell’autentica comunione cristiana con il Signore.
E’ qui la radice della solitudine.
La solitudine del discepolo, la solitudine del Signore.
L’autenticità dell’evangelizzazione, della testimonianza,
si sposa con la percezione della solitudine,
cioè del non essere compresi immediatamente alla luce di quella differenza,
che restituisce il cristianesimo alla sua genuinità.
Anche quelli che ti vogliono bene,
perché vedono che hai una buona azione sociale,
perché sei bravo con i ragazzi,
perché ti batti anche tu per gli operai,
un po’ di confusione la fanno sempre:
un po’ di contrapposizione fra te e il cristianesimo che conoscono ce la mettono sempre.
Madeleine esprime questa dialettica parlando della necessità ineliminabile
di distinguere sempre fra la “tendenza di alleanza”,
che ci spinge a cercare l’amicizia come grembo dell’annuncio,
e la “tendenza di salvezza”,
che ci stimola ad evitare di adattare l’evangelo sino ad annacquare il tema forte della sua verità a riguardo della riconciliazione con Dio.
La tendenza di alleanza – nota Madeleine -
ci inclina a pareggiare la salvezza, la redenzione dell’uomo, il compimento dell’umano
dentro i limiti dell’alleanza riuscita:
l’amicizia, la simpatia che è suscitata, il convergere verso comuni obiettivi.
E si tratta di una seduzione molto forte,
perché è cosa buona,
perché le verità non vanno contrapposte.
Una Chiesa che proclama la salvezza senza essere fatta
di amici dei figli degli uomini e delle donne,
non solo non è credibile,
ma è estranea al cristianesimo.
Però alla tendenza di alleanza,
va unita la tendenza di salvezza, che invece lascia lo scarto.
Anche in una simpatia umana fa in qualche modo percepire
che c’è dell’altro e che in definitiva ciò che è decisivo,
anche per i legami fra gli esseri umani,
è altrove.
la missione cristiana rimane quello che è sempre stata sin dall’inizio.
Però adesso deve fare i conti con un mondo scristianizzato,
dove il cristianesimo collettivamente assimilato e recepito
non parla automaticamente dell’autentica comunione cristiana con il Signore.
E’ qui la radice della solitudine.
La solitudine del discepolo, la solitudine del Signore.
L’autenticità dell’evangelizzazione, della testimonianza,
si sposa con la percezione della solitudine,
cioè del non essere compresi immediatamente alla luce di quella differenza,
che restituisce il cristianesimo alla sua genuinità.
Anche quelli che ti vogliono bene,
perché vedono che hai una buona azione sociale,
perché sei bravo con i ragazzi,
perché ti batti anche tu per gli operai,
un po’ di confusione la fanno sempre:
un po’ di contrapposizione fra te e il cristianesimo che conoscono ce la mettono sempre.
Madeleine esprime questa dialettica parlando della necessità ineliminabile
di distinguere sempre fra la “tendenza di alleanza”,
che ci spinge a cercare l’amicizia come grembo dell’annuncio,
e la “tendenza di salvezza”,
che ci stimola ad evitare di adattare l’evangelo sino ad annacquare il tema forte della sua verità a riguardo della riconciliazione con Dio.
La tendenza di alleanza – nota Madeleine -
ci inclina a pareggiare la salvezza, la redenzione dell’uomo, il compimento dell’umano
dentro i limiti dell’alleanza riuscita:
l’amicizia, la simpatia che è suscitata, il convergere verso comuni obiettivi.
E si tratta di una seduzione molto forte,
perché è cosa buona,
perché le verità non vanno contrapposte.
Una Chiesa che proclama la salvezza senza essere fatta
di amici dei figli degli uomini e delle donne,
non solo non è credibile,
ma è estranea al cristianesimo.
Però alla tendenza di alleanza,
va unita la tendenza di salvezza, che invece lascia lo scarto.
Anche in una simpatia umana fa in qualche modo percepire
che c’è dell’altro e che in definitiva ciò che è decisivo,
anche per i legami fra gli esseri umani,
è altrove.
D’altro canto, anche dalla parte dei cristiani fra loro,
Madeleine riconosce che adesso
non abbiamo più la possibilità di vivere nel grembo comunitario al quale eravamo abituati.
Bisogna che impariamo ad interiorizzare
questa idea della comunità fraterna dei discepoli,
per cui i legami ecclesiali
- non solo i legami con gli altri -
là dove si fanno forti, molto fraterni, molto comunitari,
quando incoraggiano a dimenticare la solitudine iscritta nella condizione del discepolo,
sono già diventati un po’ corruttori.
Sono diventati già un cantuccio caldo in cui stare.
Deve rimanere un po’ di spazio nel nostro amore fraterno.
Perché se no anche quello è corruttore."
Madeleine riconosce che adesso
non abbiamo più la possibilità di vivere nel grembo comunitario al quale eravamo abituati.
Bisogna che impariamo ad interiorizzare
questa idea della comunità fraterna dei discepoli,
per cui i legami ecclesiali
- non solo i legami con gli altri -
là dove si fanno forti, molto fraterni, molto comunitari,
quando incoraggiano a dimenticare la solitudine iscritta nella condizione del discepolo,
sono già diventati un po’ corruttori.
Sono diventati già un cantuccio caldo in cui stare.
Deve rimanere un po’ di spazio nel nostro amore fraterno.
Perché se no anche quello è corruttore."
domenica 22 settembre 2013
L’evangelizzazione la fa la Chiesa tutta insieme, chiunque la rappresenti. E la Chiesa è quella che c’è, non quella che dovrebbe esserci
Commenta SEQUERI:
"Una seconda intuizione la chiamo la totalità della Chiesa.
Un’idea che colpisce molto nella Delbrêl,
che pure vive in tempi duri per quanto riguarda il peso istituzionale dell’unità ecclesiale.
La Chiesa deve uscire dall’incantamento del vecchio mondo
in cui abitava abbastanza confortevolmente,
per imparare a patire e ad amare indisgiungibilmente il nuovo mondo che si va formando:
anche attraverso dure contrapposizioni.
La si può capire se, istituzionalmente, si sente assediata e minacciata.
Si è fatta la separazione della filosofia, il divorzio delle arti, la secolarizzazione della politica.
"Una seconda intuizione la chiamo la totalità della Chiesa.
Un’idea che colpisce molto nella Delbrêl,
che pure vive in tempi duri per quanto riguarda il peso istituzionale dell’unità ecclesiale.
La Chiesa deve uscire dall’incantamento del vecchio mondo
in cui abitava abbastanza confortevolmente,
per imparare a patire e ad amare indisgiungibilmente il nuovo mondo che si va formando:
anche attraverso dure contrapposizioni.
La si può capire se, istituzionalmente, si sente assediata e minacciata.
Si è fatta la separazione della filosofia, il divorzio delle arti, la secolarizzazione della politica.
La Chiesa della prima metà del novecento,
guardando a se stessa, alla vitalità, all’efficienza, alla santità, alla qualità, alla generosità
che erano reali dei suoi membri, del suo apparato, del suo corpo,
ha cercato di consolarsi tra sé e sé.
Certo il mondo fuori è brutto e cattivo,
fa le guerre,
è pieno di ateismo.
Però c’è una parte del mondo che resiste, e siamo noi.
guardando a se stessa, alla vitalità, all’efficienza, alla santità, alla qualità, alla generosità
che erano reali dei suoi membri, del suo apparato, del suo corpo,
ha cercato di consolarsi tra sé e sé.
Certo il mondo fuori è brutto e cattivo,
fa le guerre,
è pieno di ateismo.
Però c’è una parte del mondo che resiste, e siamo noi.
Possiamo comprendere questa reazione.
Però questi sono i decenni in cui l’impulso del Signore e dello Spirito
impongono alla Chiesa di guardare fuori di sé,
perché la Chiesa c’è per questo,
non per guardare se stessa.
E le sollecitazioni sono piuttosto rudi.
Le resistenze della Chiesa istituzionale sono forti,
spesso incomprensibili e dolorose.
Eppure Madeleine, che certo non manca di audacia e spregiudicatezza evangelica
nel sollecitare la Chiesa alla necessaria apertura,
martella i suoi sulla custodia del legame con la Chiesa tutta.
Madeleine lo fa sino a lambire la soglia della tensione con la stessa Mission de France,
con la spiritualità dell’immersione:
insomma, con il grembo stesso in cui la sua esperienza si è nutrita
e consolidata nella sua buona coscienza evangelica.
L’evangelizzazione la fa la Chiesa tutta insieme,
chiunque la rappresenti.
E la Chiesa è quella che c’è, non quella che dovrebbe esserci.
Guai a noi se ci mettiamo in mente di pensare che rappresentiamo la Chiesa evangelizzante,
e pertanto stabiliamo la differenza fra quella autentica e quella che non è più del Signore.
In quello stesso momento,
saremmo noi a rischio della nostra appartenenza al Signore.
Succede anche oggi:
pensiamo che la Chiesa viva è quella che è in un certo modo,
come dovrebbe essere,
e l’altra è quella che si è fermata.
Guarda – direbbe Madeleine - che l’altra è anche quella che
pulisce i pavimenti,
tiene in piedi il tetto,
fa da mangiare,
lava e stira.
La Chiesa è tutto questo.
Questa è la Chiesa di tutti.
Però questi sono i decenni in cui l’impulso del Signore e dello Spirito
impongono alla Chiesa di guardare fuori di sé,
perché la Chiesa c’è per questo,
non per guardare se stessa.
E le sollecitazioni sono piuttosto rudi.
Le resistenze della Chiesa istituzionale sono forti,
spesso incomprensibili e dolorose.
Eppure Madeleine, che certo non manca di audacia e spregiudicatezza evangelica
nel sollecitare la Chiesa alla necessaria apertura,
martella i suoi sulla custodia del legame con la Chiesa tutta.
Madeleine lo fa sino a lambire la soglia della tensione con la stessa Mission de France,
con la spiritualità dell’immersione:
insomma, con il grembo stesso in cui la sua esperienza si è nutrita
e consolidata nella sua buona coscienza evangelica.
L’evangelizzazione la fa la Chiesa tutta insieme,
chiunque la rappresenti.
E la Chiesa è quella che c’è, non quella che dovrebbe esserci.
Guai a noi se ci mettiamo in mente di pensare che rappresentiamo la Chiesa evangelizzante,
e pertanto stabiliamo la differenza fra quella autentica e quella che non è più del Signore.
In quello stesso momento,
saremmo noi a rischio della nostra appartenenza al Signore.
Succede anche oggi:
pensiamo che la Chiesa viva è quella che è in un certo modo,
come dovrebbe essere,
e l’altra è quella che si è fermata.
Guarda – direbbe Madeleine - che l’altra è anche quella che
pulisce i pavimenti,
tiene in piedi il tetto,
fa da mangiare,
lava e stira.
La Chiesa è tutto questo.
Questa è la Chiesa di tutti.
Non è soltanto l’accettazione della Chiesa concreta
che è sempre quella che c’è adesso.
E’ la persuasione del fatto che quella
che c’è in questo momento,
presa appunto nel suo insieme,
è la Chiesa più viva che abbiamo.
Noi finiamo per essere più romantici di quanto non vorremmo a volte.
La Chiesa più viva che c’è non è quella che sta per venire,
è quella che c’è adesso:
con noi dentro, appunto
(e molti altri, che non vediamo neppure, ancora più vivi di noi).
Perché alla Chiesa da parte del Signore non manca mai niente per essere viva.
che è sempre quella che c’è adesso.
E’ la persuasione del fatto che quella
che c’è in questo momento,
presa appunto nel suo insieme,
è la Chiesa più viva che abbiamo.
Noi finiamo per essere più romantici di quanto non vorremmo a volte.
La Chiesa più viva che c’è non è quella che sta per venire,
è quella che c’è adesso:
con noi dentro, appunto
(e molti altri, che non vediamo neppure, ancora più vivi di noi).
Perché alla Chiesa da parte del Signore non manca mai niente per essere viva.
Madeleine dice che chi va in missione annunciando il Signore in riferimento a sé,
al massimo “testimonia la propria firma, ma non il Signore”.
al massimo “testimonia la propria firma, ma non il Signore”.
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