sabato 26 marzo 2011
un nemico che lusinga
Ilario di Poitiers (ca. 315-367), così si esprimeva:
«C’è all’orizzonte un persecutore insidioso: un nemico che lusinga, non flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni, ma ci fa ricchi; non ci imprigiona spingendoci verso la libertà, ma ci onora nel palazzo spingendoci alla schiavitù; non ci stringe i fianchi con catene, ma vuole il possesso del nostro cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro, il potere, il successo, i primi posti nella società».
E John Henry Newman affermava:
«Quando in un dato paese e in un dato momento della storia, vedo che gli applausi piovono, che la religione è onorata da tutti e che Dio come la Chiesa hanno un grande successo, ogni spirito prudente e veramente ispirato dalla fede sarà non già tranquillo, come spesso siamo stati, ma inquieto, temendo che sia qualche specie di idolo che si adora al posto del vero Dio, e che sia una qualche deformazione della religione ad avere un tale successo». http://paroledivita.myblog.it/
venerdì 25 marzo 2011
avere a capo dei coppieri
Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino a ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi, e questi, per non parer troppo severi danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo, né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una malapianta: la tirannia.
(Platone: "La Repubblica")
giovedì 24 marzo 2011
fare compagnia
La solitudine non è vivere da soli,
la solitudine è il non essere capaci
di fare compagnia a qualcuno
o a qualcosa che sta dentro di noi,
la solitudine non è un albero
in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui,
è la distanza
tra la linfa profonda e la corteccia,
tra la foglia e la radice.
(José Saramago)
la solitudine è il non essere capaci
di fare compagnia a qualcuno
o a qualcosa che sta dentro di noi,
la solitudine non è un albero
in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui,
è la distanza
tra la linfa profonda e la corteccia,
tra la foglia e la radice.
(José Saramago)
mercoledì 23 marzo 2011
sembra poco ma non lo è
Di fronte ad eventi come quelli a cui assistiamo passivamente pensiamo di essere impotenti. Come
uomini forse sì, ma come cristiani no, abbiamo uno strumento molto potente: la preghiera. Nel Vangelo di Matteo (7, 7-12) di qualche giorno fa si leggeva: “Chiedete e vi sarà dato; cercato e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto”. Questa certezza, dunque, cioè che la nostra preghiera sia ascoltata, che il nostro è un Dio fedele che risponde, deve accompagnarci sempre. Non dobbiamo, però, dimenticare che “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, come si legge nella Lettera ai Romani (8, 26).
Non è facile ma dobbiamo pregare affidandoci a Dio e chiedendo che ‘sia fatta la tua volontà’ e non la nostra, con la certezza che Dio ascolta le nostre preghiere e ci dona sempre ciò di cui abbiamo bisogno, che non sempre corrisponde a quello che chiediamo...
Ecco allora che in questi giorni possiamo orientare le nostre preghiere, le nostre penitenze e la nostra carità verso i fratelli più sfortunati che si trovano in gravi difficoltà. È l’unica cosa che possiamo fare noi cristiani… sembra poco ma non lo è.http://www.laperfettaletizia.com/2011/03/la-forza-della-preghiera.html
sei cose impossibili prima di colazione
Alice rise:
“È inutile che ci provi”, disse; “non si può credere a una cosa impossibile”.
“Oh, poverina. Forse non ti sei allenata molto”, ribattè la Regina.
“Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione”.
Lewis Carroll, da “Alice nel paese delle meraviglie”
“È inutile che ci provi”, disse; “non si può credere a una cosa impossibile”.
“Oh, poverina. Forse non ti sei allenata molto”, ribattè la Regina.
“Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione”.
Lewis Carroll, da “Alice nel paese delle meraviglie”
non dobbiamo essere come ci vogliono gli altri
Miguel Ruiz ci dice che ognuno vive nel proprio "sogno" e si crea il proprio mondo. Quando capiremo che non dobbiamo essere come ci vogliono gli altri inizieremo ad apprezzare la vita.
Ed eccoli i quattro accordi:
Ed eccoli i quattro accordi:
- SII IMPECCABILE CON LA PAROLA Parlate con integrità. Dite solo quello che pensate. Non usate le parole contro di voi o per spettegolare sugli altri. Usate il potere della parola al servizio della verità e dell'amore.
- NON PRENDERE NULLA IN MODO PERSONALE Niente di quello che fanno gli altri è causa vostra. Tutto ciò che fanno è una proiezione della loro realtà, del loro stesso sogno. Diventando immuni alle opinioni e alle azioni degli altri non sarete più le vittime di un'inutile sofferenza.
- NON SUPPORRE NULLA Trovate il coraggio di fare domande e di esprimere ciò che volete davvero. Comunicate con gli altri con la massima chiarezza per evitare incomprensioni, amarezze e drammi. Quest'unico accordo è sufficiente per trasformare completamente la vostra vita.
- FAI SEMPRE DEL TUO MEGLIO Il vostro meglio cambia di momento in momento, è diverso se siete sani o ammalati. In qualunque circostanza fate semplicemente del vostro meglio, rinunciando a giudicarvi, a farvi violenza e al rimpianto.
martedì 22 marzo 2011
il tempo presente
ll tempo presente ci procura una grande quantità di ignudi e senza tetto. Alle porte di ognuno vi è una folla di deportati. Non mancano stranieri e profughi; ovunque si vede la mano tesa a chiedere. Per costoro la casa è all'aperto, loro riparo sono i portici, i crocicchi e gli angoli più riposti delle piazze... Gregorio di Nissa, Omelia sull'amore per i poveri
Il lume che offro
Perché accendiamo candele in chiesa
Signore,
In non so pregare, non so che dire,
non ho molto tempo.
Il lume che offro
è un pezzo del mio tempo,
un po’ del mio bene,
un po’ di me stesso.
Che io lascio qui, davanti a te, Signore…
Questo lume è la mia preghiera.
Che io continuo andandomene…
(Letta in una chiesa di Carcassonne (Francia) accanto alle candele accese davanti al Crocifisso)
lunedì 21 marzo 2011
Che ricca vita mi viene incontro ad ogni pagina
Non mi è mai capitato di incontrare nessun giovane che non avesse una vita ricca, ma solo giovani che non sapevano del loro tesoro perchè coperto dal fango che malgrado loro, aveva affossato la loro ricchezza. Nessuno aveva insegnato loro come procurarsi gli attrezzi per disseppellirlo.
Etty ha indicato una strada. Vediamola.
Etty si autodescrive e si autocomprende proprio a partire dalla sua capacità di riflessione e di penetrazione del reale attraverso la grata del suo cuore in espansione: la mia camera è così bella e tranquilla . Io trascorro delle mezze nottate alla mia scrivania, a leggere e a scrivere vicino alla mia piccola lampada. Ho qui circa 1500 pagine di diario dell’anno scorso e ora me le rileggo (25).
Sembra che Etty si rilegga continuamente ma lungi dall’essere questo un esercizio di narcisismo è, in realtà, un continuo stupore e un invito pressante ad un’ulteriore crescita ed espansione della sua coscienza: Che ricca vita mi viene incontro ad ogni pagina! E pensare che è stata la mia vita e che lo è tuttora. Allo stupore si aggiunge subito la percezione e la penetrazione del senso profondo e del fine preciso di ogni riflessione: Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa (25).
Non sai quanto mi hai fatta felice
"Ho passato molto tempo con te - disse - ben prima che ci ritrovassimo in questa stanza. Ti parlavo di me, della mia vita, dei miei libri, dei miei genitori, di quello che avevo amato, di quello che mi aveva fatto soffrire, degli uomini, di tutto. L'amore è un dialogo che può essere infinito, anche quando si è soli. Tu credevi che fossi sdraiata sul letto a leggere. Invece pensavo a te. Sapevo che eri di sotto, sentivo quasi fisicamente la tua presenza, avresti dovuto solo salire. Avevo voglia di chiamarti, ma non avevo il coraggio di farlo. Se sapessi tutto quello che ti ho detto! Ero felice di rivederti nel metro. Speravo che tu ci fossi, molte volte ti ho aspettato sul binario. Eri attratto da me, ma non sapevi come fare. E questo mi piaceva enormemente. E' vero, non avevi il portamento, nè l'eleganza, e tanto meno la sicurezza del tipo di cui ti ho parlato, ma era proprio questo che mi piaceva di te. Più che un uomo, sembravi un essere umano. Più ti sforzavi di sembrare indifferente, più mi piacevi. Adoravo il tuo pudore. Non sai quanto mi hai fatta felice! Avevo un ammiratore, uno di quelli veri, di quelli che non hanno il coraggio. Capisci? Un ammiratore all'antica, segretamente innamorato, rispettoso, premuroso: ti ho ancora davanti agli occhi mentre volti la pagina del libro, l'ho trovato molto romantico..."
(Jean-Pierre Gattégno-Per molto tempo sono andato a letto presto)
(Jean-Pierre Gattégno-Per molto tempo sono andato a letto presto)
domenica 20 marzo 2011
Ma io glielo dico...l'uomo non può vivere tutta la sua vita nelle osterie
"Arriva sempre un'età in cui i giovani trovano insipido il pane e il vino della propria casa. Essi cercano altrove il loro nutrimento. Il pane e il vino delle osterie che si trovano nei crocicchi delle grandi strade possono solo calmare la loro fame e la loro sete. Ma l'uomo non può vivere tutta la sua vita nelle osterie."Silone Ignazio, Vino e pane
Stefania Falsini Storia di una mamma e di certi messaggi che per colpa di tanti «comportamenti innocenti» non arrivano più al cuore ai nostri figli piccoli.
Chi glielo dice a mio figlio che quando avrà 14 anni non potrà uscire quattro sere a settimana per mangiare la pizza con gli amici, che ogni tanto è giusto fermarsi, magari riposare un po', regalarsi un tempo di noia da riempire con pensieri liberi?
Chi glielo dice che il silenzio non fa paura, anzi ci aiuta ad ascoltare noi stessi?
Che è meglio rimanere in piedi per la forza interiore e per l'equilibrio conquistati a fatica nel tempo e non per forza centrifuga, che ogni tanto bisognerà anche rompersi le palle a fare i compiti.
Forse glielo diranno le maestre della scuola materna dove si organizzano quasi tutti i giorni feste di ogni sorta senza soluzione di continuità all'insegna del magna magna e del non so nemmeno che si festeggia ma l'importante è fare casino.
Oppure glielo diranno le zelanti mammine dei suoi compagni di classe che mi inondano la casella postale con mail in cui fanno a gara su chi porta cosa per le povere creature che non sia mai non mangiano.
Chi glielo dice che non è giusto né sano non toccare nulla del pasto che viene servito a mensa perché si ha la pancia piena di patatine, succhi di frutta e merendine? Glielo dovrebbero dire le mammine di cui sopra che indicono riunioni perché qualcuno verifichi che il cibo della mensa è veramente biologico.
Io vorrei dirgli che festeggiare il compleanno di un amichetto è un modo per dire che sei felice che lui sia nato, che sei felice di averlo conosciuto. Che la tua vita non sarebbe la stessa senza di lui.
Io vorrei dirgli che c'è un tempo di ordinarietà e che ci sono momenti di solennità, che le cose belle si celebrano con cura e attenzione, che le feste segnano i fatti importanti della vita.
Io vorrei dirgli che fare un regalo per un amico non è mamma che mette una quota nel mucchio ma è chiedersi cosa gli potrebbe fare piacere oppure come potremmo sorprenderlo.
Io glielo dico. Non so se la mia voce riuscirà ad arrivare alle sue orecchie nonostante il frastuono. Ma io glielo dico.
Stefania Falsini Storia di una mamma e di certi messaggi che per colpa di tanti «comportamenti innocenti» non arrivano più al cuore ai nostri figli piccoli.
Chi glielo dice a mio figlio che quando avrà 14 anni non potrà uscire quattro sere a settimana per mangiare la pizza con gli amici, che ogni tanto è giusto fermarsi, magari riposare un po', regalarsi un tempo di noia da riempire con pensieri liberi?
Chi glielo dice che il silenzio non fa paura, anzi ci aiuta ad ascoltare noi stessi?
Che è meglio rimanere in piedi per la forza interiore e per l'equilibrio conquistati a fatica nel tempo e non per forza centrifuga, che ogni tanto bisognerà anche rompersi le palle a fare i compiti.
Forse glielo diranno le maestre della scuola materna dove si organizzano quasi tutti i giorni feste di ogni sorta senza soluzione di continuità all'insegna del magna magna e del non so nemmeno che si festeggia ma l'importante è fare casino.
Oppure glielo diranno le zelanti mammine dei suoi compagni di classe che mi inondano la casella postale con mail in cui fanno a gara su chi porta cosa per le povere creature che non sia mai non mangiano.
Chi glielo dice che non è giusto né sano non toccare nulla del pasto che viene servito a mensa perché si ha la pancia piena di patatine, succhi di frutta e merendine? Glielo dovrebbero dire le mammine di cui sopra che indicono riunioni perché qualcuno verifichi che il cibo della mensa è veramente biologico.
Io vorrei dirgli che festeggiare il compleanno di un amichetto è un modo per dire che sei felice che lui sia nato, che sei felice di averlo conosciuto. Che la tua vita non sarebbe la stessa senza di lui.
Io vorrei dirgli che c'è un tempo di ordinarietà e che ci sono momenti di solennità, che le cose belle si celebrano con cura e attenzione, che le feste segnano i fatti importanti della vita.
Io vorrei dirgli che fare un regalo per un amico non è mamma che mette una quota nel mucchio ma è chiedersi cosa gli potrebbe fare piacere oppure come potremmo sorprenderlo.
Io glielo dico. Non so se la mia voce riuscirà ad arrivare alle sue orecchie nonostante il frastuono. Ma io glielo dico.
Farle piacere...
"Farle piacere - risposi - Volevo farle piacere. Ha ragione, l'ho seguita dappertutto, le ho regalato dei libri. Se vuole, potrei fargliene avere altri, libri per tutta la vita. Era bellissimo guardarla nel metro, mentre leggeva. Accanto a lei le persone sembravano morte. I suoi occhi invece erano vivi, scorrevano in fretta quelle righe ma si capiva che le assorbivano, che il testo le rimaneva impresso nelle pupille...E' per questo che una volta l'ho aiutata a voltare le pagine, ricorda? Mi sarebbe piaciuto aiutarla ancora...Io per i discorsi non valgo niente. Non che sia un analfabeta, ma non ho cultura. Cosa vuole che dica a una donna? Quando la fissavo nel metro, mentre era completamente assorta in un libro quando tutti gli altri viaggiatori tenevano lo sguardo fisso nel vuoto, pensavo che lei non fosse una donna per me. La sera, quando attraverso la sua finestra vedevo la lampada del comodino accesa mentre gli altri guardavano la televisione, me ne convincevo ancora di più: era troppo diversa per me. Troppo per me".
(Jean-Pierre Gattégno-Per molto tempo sono andato a letto presto)
(Jean-Pierre Gattégno-Per molto tempo sono andato a letto presto)
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