sabato 2 marzo 2013
Come chi vaneggia non vede oggetti reali, ma il frutto delle sue passioni, così la tua anima, ossessa dal demone dell’oro, vede solo e ovunque oro e argento.
Vedi solo l’oro, pensi solo all’oro; è il tuo sogno quando dormi, è la tua occupazione quando sei sveglio. Come chi vaneggia non vede oggetti reali, ma il frutto delle sue passioni, così la tua anima, ossessa dal demone dell’oro, vede solo e ovunque oro e argento. Preferisci veder l’oro che il sole; vorresti che tutto si tramutasse in oro, e ogni tuo pensiero, e ogni tuo affetto è orientato ad esso. Cosa non escogiti e non intraprendi per l’oro? Il frumento diventa per te oro, il vino si trasforma in oro, la lana la muti in oro; ogni occupazione, ogni affare ti procura oro. L’oro produce se stesso, perché si accresce con l’usura. Eppure non sarai mai sazio e le tue brame non cesseranno mai. Ai bambini golosi ordiniamo spesso di non saziarsi con le loro leccornie, perché l’uso smoderato non rechi loro la nausea. Ma per chi è avido di ricchezze ciò non avviene mai: più ne riceve, più ne brama. Se la ricchezza affluisce, non attaccarci il cuore (Sal 61,11). Tu invece imprigioni questo flusso, e sbarri le uscite. Esso diventa come il mare, che fa poi? Fracassa gli sbarramenti e, pieno da traboccare, distrugge i granai del ricco, ne abbatte al suolo i magazzini. Egli ne costruirà di più grandi? Non è certo neppure che egli non debba lasciarne i resti abbattuti al suo erede; presto infatti può essere rapito, prima ancora che i nuovi granai siano costruiti, secondo i suoi avidi progetti. Il ricco ha trovato la fine che corrisponde al suo animo perverso. Ma voi, se mi seguite, aprirete tutte le porte dei vostri magazzini e baderete che la ricchezza ne esca il più possibile. Un gran fiume si riversa, in mille canali, sul terreno fertile: così per mille vie tu fa’ giungere la ricchezza nelle abitazioni dei poveri. Come una fontana dà acqua sempre più pura se da essa si attinge, mentre l'acqua imputridisce se non la si usa, così è la ricchezza che giace inutile; ma se si muove e corre, diventa fruttuosa, utile alla comunità. Che lode a te si innalza da parte di quelli che soccorri, una lode che tu neppure sospetti! E che lode avrai dal giusto giudice, di cui non puoi dubitare! (Basilio di Cesarea, Omelia contro l’avidità)
venerdì 1 marzo 2013
La pace agita gli oceani nel tripudio delle loro canzoni infinite
La pace è la donna con il suo bambino. / La pace sono io, /che parlo all'aurora perché mi appartiene. / La pace è il mio cuore / innamorato di ogni creatura vivente. / La pace sono tutte le strade del mondo / dove gli esseri umani raccontano le parabole / dei loro sogni e delle loro vite. / La pace rende fecondi i deserti / che reclamano ancora i loro misteri. / La pace agita gli oceani / nel tripudio delle loro canzoni infinite. / La pace accende tutti i firmamenti dell’amore. // È il Salmo 1 di una Salmodia della Pace di padre Raffaele Nogaro
giovedì 28 febbraio 2013
Questa esperienza cerca la sua ragione ultima e la trova in questo essere misterioso che chiamiamo Dio.
Molti e diversi sono i modi con cui ci si avvicina al mistero di Dio. La nostra tradizione occidentale ha cercato di comprendere Dio possibilmente anche con una definizione. Lo si è chiamato ad esempio Sommo Bene, Essere Sussistente, Essere Perfettissimo... Non troviamo nessuna di queste denominazioni nella tradizione ebraica. La Bibbia non conosce nomi astratti di Dio, ma ne enumera le opere. Si può affermare che ciò che la Bibbia dice su Dio viene detto anzitutto con dei verbi, non con dei sostantivi. Questi verbi riguardano le grandi opere con cui Dio ha visitato il suo popolo. Sono verbi come creare, promettere, scegliere, eleggere, comandare, guidare, nutrire ecc. Si riferiscono a ciò che Dio ha fatto per il suo popolo. C'è quindi un'esperienza concreta, quella di essere stati aiutati in circostanze difficili, dove l'opera umana sarebbe venuta meno. Questa esperienza cerca la sua ragione ultima e la trova in questo essere misterioso che chiamiamo Dio. D'altra parte ha qualche ragione anche la tradizione occidentale. Infatti tutte le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò che sono e che hanno. Dio solo è in se stesso la pienezza dell'essere e di ogni perfezione, e colui che è senza origine e senza fine. Tuttavia nel mistero cristiano la natura di Dio ci appare gradualmente come avvolta da una luce ancora più misteriosa. Non è una natura semplicemente capace di tenere salda se stessa, di essere indipendente, di non aver bisogno di nessuno. È una realtà che si protende verso l'altro, in cui è più forte la relazione e il dono di sé che non il possedere se stesso. Per questo Gesù sulla croce ci rivela in maniera decisiva l'essere di Dio come essere per altri: è l'essere di Colui che si dona e perdona. (Carlo Maria Martini, La tentazione dell’ateismo).
mercoledì 27 febbraio 2013
Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado.
Ogni violento si picca di essere coraggioso, ma la maggior parte di loro sono solo vigliacchi. Combattono solo se la paura che hanno del nemico è minore di quella che nutrono per coloro che li mandano a combattere. Si affrettano ad abbattere il nemico, per timore di essere abbattuti. Esposti, fuggono, accerchiati, si arrendono. Ma il nonviolento è sempre accerchiato, esposto, e pronto a farsi battere, la sua nonviolenza consiste nel rifiutare di difendersi, nel rifiutare di indietreggiare, nel rifiutare di tacere, nel rifiutare di essere spinti da parte, nel rifiutare di farsi commiserare, di farsi dimenticare, di farsi perdonare. Se gli manca il coraggio, la sua nonviolenza si annulla. Il furbo che adula il tiranno per trarne profitto o protezione o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza, gioca anzi con essa al massimo grado. La furbizia è violenza rivestita di viltà e foderata di tradimento. La nonviolenza è l’esatto contrario della furbizia; è un atto di fiducia nell’uomo e di fede in Dio, è una testimonianza della verità fino alla conversione del nemico. Essa tende non a eliminare il nemico, ma a destarne la coscienza. Non a metterlo in fuga, ma a metterlo di fronte a se stesso. Non a ridurlo in balia, ma ad affidarlo al suo proprio giudizio. Non a soggiogarlo, ma a liberarlo dalla sua cecità e dalla catena di misfatti che ne sono derivati. Non a umiliarlo, ma a ricordargli che il suo onore lo obbliga a fare onore al diritto. Non a imporgli la pace e a dettargli la legge , ma a condurlo all’accordo. (Lanza del Vasto, Vinöbâ ou le nouveau pélerinage).
martedì 26 febbraio 2013
Domani, figlio mio, tutto sarà differente!
Domani, figlio mio, tutto sarà differente. /Se ne andrà l’angoscia dalla porta sul retro / che chiuderanno per sempre/ le mani di uomini nuovi. // Regnerà il contadino sulla sua terra / - piccola ma sua - / fiorita nei baci del suo lavoro allegro. // Non saranno prostitute le figlie dell’operaio, / né del contadino; / pane e vestiti si otterranno col proprio lavoro onorato, / finiranno le lacrime della casa indigente. // Domani, figlio mio, / tutto sarà differente. / Senza frusta, né carcere, né fucile / a sopprimere le idee. // Te ne andrai per le vie delle tue città, / mano nella mano dei tuoi figli, / come ora io non possa fare con te! // Non rinchiuderà il carcere i tuoi giovani anni / come rinchiude i miei; / non morirai in esilio / con gli occhi tremuli, / anelando di vedere i bei paesaggi della tua patria, / come è morto mio padre. / Domani, figlio mio, tutto sarà differente! // (Edwin Castro, Mañana, hijo mío)
lunedì 25 febbraio 2013
Non provare mai nel tuo intimo a fare il furbo mai nel tuo intimo a mentirti giocando a mormorare che il male non è male che il male è bene o che è neutro!
Quando soffri / ama più forte. / Ama quelli / che sono più in lacrime / di te / più al freddo / con più fame / e più soli in se stessi, / e quasi più inesistenti / più assenti / a se stessi. // Non esiste più / per te / altra gioia profonda / possibile. // Amali abbastanza / per farli essere / tutta la pienezza / di ciò che possono / ti faranno male / amali di più. // Se la tua vocazione / - per un periodo? / per sempre? / che puoi saperne adesso? - / è veramente / di entrare in questa follia / di assoluto / non c’è altro modo / allora / per mantenersi dritto / vacillante / e comunque dritto / se non questo amore / minuscolo / in tutte le minuscole offerte / di tutti i minuscoli istanti // questo amore / dei più piccoli / dei più gracili / dei più meschini / dei più senza gradi // poiché / è allora / che il grado unico / compare // sotto il più disfatto / sotto il più insudiciato / sotto il più schernito / sotto l’ultimo / dei visi / il viso di un uomo / immagine / dell’Eterno Invisibile Viso // Lascia gemere / e borbottare / e lamentarsi / il tuo essere // Non provare mai / nel tuo intimo / a fare il furbo / mai / nel tuo intimo / a mentirti / giocando a mormorare / che il male non è male / che il male è bene // o che è neutro! // Tutto il disordine / tutto ciò che froda / è frode / è il brutto / che rovina la Bellezza // Sì, Signore / sono vigliacco / e fragile / e tremante // ah! essere finalmente / fuori del cerchio del tempo / dove si mischia / così tanta colpa / al più piccolo bene // Ma, Signore, non è / perché sono debole / e miserabile / e così avido / per necessità di perdono // non è perché mi serve così tanto / il Tuo perdono / che dirò: scappo / e abbandono // abbandono quelli che piangono / e che sono soli nella loro pena. // Sarebbe stupido / aggiungere la stupidità alla debolezza / e cattivo // Signore / poiché sono così vigliacco / ah! è chiaro / bisogna che io ami / cento e mille volte di più // e che io serva / e che io rida / e che sorrida a ciascuno / anche quando bisogna / rimproverare per amore / e che nasconda le mie lacrime / e la confusione del mio rimorso / e lo spezzarsi di tanta confusione / nel più profondo di me. // Solo la bontà / la vera e leale bontà / la pratica e reale bontà / che fa sì che io voglia / privarmi / affinché meno altri ancora / vengano privati / lava e / come la neve / fa ritornare / immacolato il candore // (Abbé Pierre, A dei novizi...).
domenica 24 febbraio 2013
Non basta che l’altro veda: deve sentire che la correzione scaturisce dall’affetto e non da rancore.
Anche se l’amico si sente offeso, tu continua a correggerlo. Anche se l’amaro della correzione lo ferisce, tu continua a correggerlo. Le ferite d’un amico sono più tollerabili dei baci degli adulatori. Riprendi dunque l’amico quando sbaglia. Soprattutto, però bada di correggere senza irritazione e senza asprezza, per non sembrare che stai sfogando la tua stizza invece di rimproverare l’altro. Ho conosciuto della gente che maschera l’intimo astio o il bollore della propria collera con il nome di zelo e di franchezza. Seguire le proprie reazioni istintive non hai mai giovato a nessuno, anzi fa molto male. Tra amici questo comportamento è inescusabile. Dobbiamo saper compatire l’amico, comprendere la sua fragilità, considerarne i limiti come se fossero nostri, correggerlo con umiltà e simpatia. Il rimprovero sarà fatto con volto mesto, a mezza voce, mescolando lagrime e parole. Non basta che l’altro veda: deve sentire che la correzione scaturisce dall’affetto e non da rancore. Se lui rifiuta il primo rimprovero, forse accetterà il secondo. Intanto tu prega, piangi, mostrati afflitto e conservagli un tenero affetto. (Aelredo di Rievaulx, Trattato sull’amicizia, 106-107).
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