Commenta P.SEQUERI, nella sua relazione tenuta a Bologna il 19 ottobre 2004 durante la giornata di studio sulla Delbrêl, promossa dalla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna:
"E’ questo modo di esserci arrivata alla fede che dà rilievo
alla profonda persuasione di Madeleine circa la necessità
di custodire il dono della fede come dono.
Questo dono non diventa un’altra cosa una volta che è arrivato.
Arriva come un dono e rimane un dono:
non si trasforma in dotazione, corredo, abitudine, qualità biografica.
Conserva l’enigma della sua inspiegabilità,
la fragilità del suo possesso,
la corposità della sua presenza.
Genera emozione e tensione, continuamente, nella stessa misura.
E’ realtà rocciosa dell’irruzione della vita di Dio in noi,
e insieme diversità irriducibile ad ogni forma di vita
che pure ne scaturisce.
Si comporta e si manifesta come un dono che suscita gratitudine,
non come una donazione arbitraria
che vincola ad una restituzione coatta.
Il cristianesimo, infatti, è religione
nella quale Dio vuol essere amato e non subito:
anche se è il Signore creatore dell’universo.
"E’ questo modo di esserci arrivata alla fede che dà rilievo
alla profonda persuasione di Madeleine circa la necessità
di custodire il dono della fede come dono.
Questo dono non diventa un’altra cosa una volta che è arrivato.
Arriva come un dono e rimane un dono:
non si trasforma in dotazione, corredo, abitudine, qualità biografica.
Conserva l’enigma della sua inspiegabilità,
la fragilità del suo possesso,
la corposità della sua presenza.
Genera emozione e tensione, continuamente, nella stessa misura.
E’ realtà rocciosa dell’irruzione della vita di Dio in noi,
e insieme diversità irriducibile ad ogni forma di vita
che pure ne scaturisce.
Si comporta e si manifesta come un dono che suscita gratitudine,
non come una donazione arbitraria
che vincola ad una restituzione coatta.
Il cristianesimo, infatti, è religione
nella quale Dio vuol essere amato e non subito:
anche se è il Signore creatore dell’universo.
Un secondo aspetto a riguardo della realtà della fede è
l’intuizione del suo peso ontologico.
La fede, quando è all'opera in quanto fede nella vita del cristiano,
sposta le cose.
Crea varchi, per la forza di quello che Madeleine chiama il soprannaturale,
il mondo di Dio, l'azione di Dio,
le cose che Dio fa per trasformare il mondo.
Quindi non converte semplicemente le menti,
non comunica solo nuove idee dalle quali nasce poi una pratica che trasforma il mondo.
E' come avere la percezione di mettersi nel luogo
in cui lo Spirito Santo sta gemendo e pulsando, come dice Rm 8.
La fede sta sul campo.
A quel punto capisci anche il mistero dell'incarnazione:
sai che Dio muove il mondo in Gesù.
E non hai più l’ossessione di non rendere abbastanza per il solo fatto che sei un credente.
Se sei un credente il mondo si smuove.
Perché il credente crede nelle qualità massicce della fede.
Quando Dio ti tocca c'è un contatto, una contiguità.
La fede è questo:
percepire la contiguità fra Dio e gli umani,
che macera e macina il grano del Figlio
anche quando tu non dici niente.
Su questo abbiamo un po' da recuperare.
Noi siamo in paesi di antichissima tradizione cristiana
dei quali continuiamo a lamentare
il fatto che qui il cristianesimo si erode, la fede cede...
Ma possiamo anche domandarci,
sopraffatti da tutto questo gran parlare su che cosa si dovrebbe fare:
come mai un cristianesimo che si fa così poco, si spiega così tanto?
Su tutto facciamo corsi, maturazioni, percorsi.
Siamo sempre lì a maturare…"
La fede è questo:
percepire la contiguità fra Dio e gli umani,
che macera e macina il grano del Figlio
anche quando tu non dici niente.
Su questo abbiamo un po' da recuperare.
Noi siamo in paesi di antichissima tradizione cristiana
dei quali continuiamo a lamentare
il fatto che qui il cristianesimo si erode, la fede cede...
Ma possiamo anche domandarci,
sopraffatti da tutto questo gran parlare su che cosa si dovrebbe fare:
come mai un cristianesimo che si fa così poco, si spiega così tanto?
Su tutto facciamo corsi, maturazioni, percorsi.
Siamo sempre lì a maturare…"
La sua intuizione spirituale, condivisa da altre amiche, dà vita a piccole comunità (chiamate allora "Carità", oggi “Equipes Madeleine Delbrêl”). La loro vocazione è quella di vivere insieme nella verginità, da semplici figlie della Chiesa, una vita di Vangelo integrale, nella linea ordinaria dell'esistenza, senza specializzazioni apostoliche, desiderose di essere disponibili senza restrizioni alle esigenze del Vangelo nelle varie circostanze della vita.
Un testo programmatico di Madeleine venne pubblicato su di una rivista di spiritualità carmelitana, una rivista monastica che pure accoglieva l’intuizione spirituale di una donna che viveva non in un monastero, ma “nelle strade”. Ascoltiamone i primi paragrafi:
NOI DELLE STRADE (1938)
Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito,
ma c'è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi.
Ma ce n'è altra che egli lascia nella moltitudine, che non «ritira dal mondo».
E' gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un'ordinaria vita da celibe.
Gente che ha malattie ordinarie, lutti ordinari.
Gente che ha una casa ordinaria, vestiti ordinari.
E' la gente della vita ordinaria.
Gente che s'incontra in una qualsiasi strada.
Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via,
come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è rinchiusa definitivamente dietro di loro.
Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada,
che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità.
Noi crediamo che niente di necessario ci manca,
perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato.