sabato 17 settembre 2011

gioventù che si è trasformata in tempo


Gli adulti e gli anziani non chiedono altro che di essere metaforicamente mangiati. Chiedono di darsi, di servire e lasciare qualcosa al momento di morire; qualcosa che serva di alimento all’eterna gioventù del mondo, con il suo ineffabile segreto, la gioventù che, finché dura, non ha passato né futuro, è eterna. Eterna. Per questo a volte i giovani si angosciano, perché si sentono prigionieri dell’eternità della loro gioventù. La maturità, al contrario, è tempo accumulato, tempo adoperato, istante dopo istante, compresa l’eternità della gioventù che si è trasformata in tempo, questo tesoro.
Maria Zambrano, Per l’amore e per la libertà, Marietti 1820

venerdì 16 settembre 2011

appropriarsi del luogo nella realtà


L’esser desti sembra consistere in un esser presente del soggetto a se stesso: in un sentirsi immediatamente come uno. Questo uno fa riferimento nello stesso senso al sentire un essere, il soggetto si sente immediatamente come un essere. Un essere sito in un luogo determinato, pertanto in stato di quiete, in un luogo che gli è proprio, che gli appartiene perché se n’è appropriato costantemente, in un impercettibile sforzo che si fa sensibile nelle situazioni, qualunque esse siano, in cui si sente fluttuare.
E proprio il farsi sensibile di questo sforzo lo rivela e rivela al tempo stesso che ha luogo sempre, che è, a livello più basso, più impercettibile, tensione. Tensione, da qui la fatica dell’esser sempre desti, che sopraggiunge anche quando non si è compiuto alcuno sforzo fisico, né intellettuale, quando il dispendio energetico non è tale da giustificare la caduta nel sonno. È la tensione, alla lunga insopportabile, di appropriarsi del luogo nella realtà, tra la realtà, la tensione dell’esser sempre presente a se stesso.
Maria Zambrano, I sogni e il tempo, Pendragon

giovedì 15 settembre 2011

sono finite le illusioni dei miti e dei poteri!


Gesù Crocifisso
(Mons. Angelo Comastri- arcivescovo di Loreto)
           
Gesù crocifisso,
tutti ci possono ingannare, abbandonare, deludere:
soltanto Tu non ci deluderai mai!
Tu ci hai lasciato che le nostre mani
ti inchiodassero crudelmente alla croce
per dirci che il tuo amore è vero,
il tuo amore è fedele, è irrevocabile!

Gesù crocifisso,
gli occhi dei nostri anziani ti hanno cercato
nella giornate faticose della loro vita
e in Te hanno trovato consolazione e pace.
Gli occhi dei nostri genitori hanno visto le tue ferite
e hanno avvertito la potenza dell’amore di Dio
che non invecchia, né appassisce
mentre passano i secoli e i millenni.
I nostri occhi oggi vedono le tue mani inchiodate
eppure capaci di camminare e di far camminare,
vedono il tuo cuore aperto da una lancia
eppure capace di dare sempre il perdono che salva.

Gesù crocifisso,
sono finite le illusioni dei miti e dei poteri!
Torniamo a Te, unica Speranza e unico Liberatore,
unica Gioia e unica Verità che riempie il cuore
e dà senso e dignità alla vita di tutti.
Gesù crocifisso, abbi pietà di noi peccatori!

Amen

mercoledì 14 settembre 2011

Abbiamo bisogno di attenzione, concentrazione, volontà

 Qualsiasi risultato richiede disciplina. Se
vogliamo ottenere qualcosa dobbiamo saper
convogliare le nostre energie. Abbiamo bisogno
di attenzione, concentrazione, volontà.
Ma per quale obiettivo vale la pena attivare ed
esercitare una disciplina interiore? E’ un aspetto
fondamentale perché, troppo spesso, le varie forme
di “disciplina” cadono e si perdono per strada
perchè non siamo così convinti di ciò che stiamo
facendo. In altre parole, la motivazione è debole.
Vorrei dunque proporre la pratica della gentilezza
come forma di disciplina interiore. A questo
proposito, il Dalai Lama ci ricorda che, fin dalla
nascita, dipendiamo dalla cura e dalla gentilezza
dei nostri genitori e, più tardi, quando siamo
vecchi, di nuovo, dipendiamo dalla gentilezza
degli altri per affrontare disagi, sofferenze,
inabilità. Conclude: “Perché non agire con
gentilezza verso gli altri nella parte restante
della nostra esistenza?” E’ una questione di buon
senso. Se in due fasi così importanti e delicate
della nostra vita – l’infanzia e la vecchiaia – è
necessario ricevere e saper esprimere gentilezza è
molto probabile che sia una qualità fondamentale
per tutta la nostra vita.
Piero Ferrucci* dice che “la gentilezza ci salva la
vita”. La gentilezza fa bene agli altri, ci permette
di stare meglio e di comunicare più facilmente,
trasmette apertura, calore, gratitudine, pazienza,
solidarietà. La ricerca scientifica conferma che
le persone gentili stanno meglio, sono più sane,
più longeve, più benvolute, più felici. Ma questo
era risaputo fin dall’antichità! Un antico scritto
buddista, ricordato da Ferrucci nel suo libro,
elenca i benefici della gentilezza. “Se sei gentile:
dormirai con facilità, ti sveglierai con facilità,
avrai sogni piacevoli, la gente ti vorrà bene, gli
esseri celesti e gli animali ti vorranno bene e
ti proteggeranno, il tuo volto sarà radioso, la
mente serena, morirai senza sentirti confuso,
rinascerai in mondi felici”.    L u i g i   Pa d o v e s e

martedì 13 settembre 2011

E’ questa la Chiesa che vorremmo essere

Essere testimoni della Bellezza che salva nasce dal farne continua e sempre nuova esperienza: ce lo fa capire lo stesso Gesù quando, nel vangelo di Giovanni, si presenta come il "Pastore bello" (così è nell’originale greco, anche se la traduzione normalmente preferita è quella di "buon Pastore"): "Io sono il pastore bello. Il bel pastore offre la vita per le pecore... Io sono il bel pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore" (Gv 10,11. 14s). La bellezza del Pastore sta nell’amore con cui consegna se stesso alla morte per ciascuna delle sue pecore e stabilisce con ognuna di esse una relazione diretta e personale di intensissimo amore. Questo significa che l’esperienza della sua bellezza si fa lasciandosi amare da lui, consegnandogli il proprio cuore perché lo inondi della sua presenza, e corrispondendo all’amore così ricevuto con l’amore che Gesù stesso ci rende capaci di avere. Il luogo in cui questo incontro di amore bello e vivificante con il Pastore è possibile, è la Chiesa: è in essa che il bel Pastore parla al cuore di ciascuna delle sue pecore e rende presente nei sacramenti il dono della sua vita per noi; è in essa che i discepoli possono attingere dalla Parola, dagli eventi sacramentali e dalla carità vissuta nella comunità la gioia di sapersi amati da Dio, custoditi con Cristo nel cuore del Padre. La Chiesa è in tal senso la Chiesa dell’Amore, la comunità della Bellezza che salva: farne parte con adesione piena del cuore che crede e che ama è esperienza di gioia e di bellezza, quale nulla e nessuno al mondo può dare allo stesso modo. Essere chiamati a servire questa Chiesa con la totalità della propria esistenza, nel sacerdozio e nella vita consacrata, è un dono bello e prezioso, che fa esclamare: "Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità" (Salmo 16,6). La conferma di questo ci viene dalla vita dei Santi: essi non solo hanno creduto nel "bel Pastore" e lo hanno amato, ma soprattutto si sono lasciati amare e plasmare da lui. La sua carità è diventata la loro; la sua bellezza si è effusa nei loro cuori e si è irradiata dai loro gesti. Quando la Chiesa dell’amore attua in pieno la sua identità di comunità raccolta dal "bel Pastore" nella carità divina, si offre come"icona" vivente della Trinità e annuncia al mondo la bellezza che salva. E’ questa la Chiesa che ci ha generato alla fede e continuamente ha reso bello il nostro cuore con la luce della Parola, il perdono di Dio e la forza del pane di vita. E’ questa la Chiesa che vorremmo essere, aprendoci allo splendore che irradia dall’alto affinché esso - dimorando nelle nostre comunità - attiri il "pellegrinaggio dei popoli" secondo la stupenda visione che i Profeti hanno della salvezza finale: "Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri" (Is 2,1-3; cf. Mi 4,1-3; Zc 8,20s.;14,16; Is 56,6-8;60,11-14). Attraverso il popolo del "bel Pastore" la luce della salvezza potrà raggiungere tanti attirandoli a Lui e la Sua bellezza salverà il mondo.Carlo Maria Martini, Quale bellezza salverà il mondo, 36-38

lunedì 12 settembre 2011

lasciarmi scuotere dal tuo amore

Signore Gesù, che dalla casa del Padre
sei venuto a piantare la tua tenda in mezzo a noi;
tu che sei nato nell'incertezza di un viaggio
ed hai percorso tutte le strade,
quella dell'esilio, quella dei pellegrinaggi, quella della predicazione:
strappami all'egoismo e dalla comodità, fa’ di me un pellegrino.
Signore Gesù, che hai preso così spesso il sentiero della montagna
per trovare il silenzio e ritrovare il Padre;
per insegnare ai tuoi apostoli e proclamare le beatitudini;
per offrire il tuo sacrificio, inviare i tuoi apostoli e far ritorno al Padre:
attirami verso l'alto, fa’ di me un pellegrino.
Devo ascoltare la tua parola, devo lasciarmi scuotere dal tuo amore.
A me, continuamente tentato di vivere tranquillo.
domandi di rischiare la vita, come Abramo, con un atto di fede;
a me, continuamente tentato di sistemarmi definitivamente,
chiedi di camminare nella speranza, verso di te,
cima più alta, nella gloria del Padre.
Signore, mi creasti per amore, per amare:
fa' ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te,
con tutta la mia vita, con tutti i miei fratelli, con tutto il creato
nell'audacia e nell'adorazione. Cosi sia.
canonico Gratìen Volluz

domenica 11 settembre 2011

un silenzio che generi questa parola

liberamente da una intervista
di F. Fazio a fr. Enzo
nella trasmissione "Che tempo che fa"

il silenzio oggi, purtroppo, è il grande assente, misconosciuto.Se noi ci pensiamo anche solo un momento, per poter davvero ascoltare ci vuole davvero il silenzio. Per parlare con una parola che sia ricca di autorità, che sia autentica, che sia davvero tesa alla comunicazione e non alla chiacchiera e non al rumore, ci vuole un silenzio che generi questa parola.
E poi il silenzio permette altri linguaggi: il linguaggio dello sguardo, il linguaggio del tatto, il linguaggio dell'odorato... il silenzio è davvero ciò che può umanizzarci.
Il silenzio è un antidoto all'aggressività, alla violenza.
C'è un bisogno profondo di silenzio negli uomini. Si è talmente poco abituati al silenzio e alla solitudine che se ne ha paura e sovente si vede che quando uno deve affrontare un tempo di silenzio e di solitudine è assalito dall'angoscia. Ma se vogliamo pensare, se vogliamo ricercare, meditare, rispondere alle domande più profonde che ci abitano (che senso ha la vita, chi sono gli altri per me, da dove vengo, dove vado) occorre che ci sia il silenzio.
Pascal diceva: la più grande disgrazia degli uomini è che non sanno più stare in silenzio per mezzora al giorno in solitudine.
Per una vera umanizzazione si dovrebbe partire dal silenzio come linguaggio da custodire, come maniera per trovare la pace, per trovare una certa calma, per non finire nella barbarie di questo momento storico e non cedere all'aggressività che si vede abbondare dove abbonda la chiacchiera e dove la parola diventa rumore.