sabato 25 gennaio 2014

Queste forme appaiono talora caratterizzate dalla esaltazione "sperimentalistica" della religione, che incoraggia a privilegiarne l'uso eccitante e anestetico.


L'impulso a fuggire il tempo che passa è quindi forte.
Radicata nella sfera più profonda della nostra coscienza,
l'angoscia della fine emerge nei luoghi più impensati,
perfino all'interno della coscienza religiosamente orientata.
Sorge addirittura il sospetto
che alcune forme delle cosiddette "nuove religiosità"
siano obiettivamente omogenee con l'accentuata fuga dalla libertà
che viene descritta come tipica del nostro tempo.
Queste forme appaiono talora caratterizzate dalla esaltazione "sperimentalistica" della religione, che incoraggia a privilegiarne l'uso eccitante e anestetico.
Spesso sono collegate a un precipitoso azzeramento "escatologico" della storia, che sequestra gli adepti da ogni responsabilità della vita presente. In realtà non c'è un vero esercizio della vigilanza, cioè della capacità di raccogliere la provocazione del tempo, che induce l'uomo al cimento della libertà. Dio non lo si incontra nella fuga dalla libertà o nell'ossessione della fine, e neppure l'uomo.
[7] C'è però un altro modo di affrontare il problema. Tra l'illusione di possedere il tempo e la disperazione per il suo venirci meno sta un atteggiamento completamente diverso, evocato con il termine vigilare.

venerdì 24 gennaio 2014

Così si neutralizza il peso del tempo in cui siamo costretti a riflettere, a decidere, a portare responsabilità

Essere disponibili per ogni esperienza, 
giudicandola esclusivamente in base 
alle sensazioni più o meno forti che ne derivano, 
magari per dimostrare a se stessi 
e agli altri una spregiudicata signoria del proprio tempo; 
osare fino al limite per il discutibile vanto di trasgressioni 
che ci fanno sentire molto speciali. 
In questa ricerca, che induce in realtà a lasciarsi passivamente divorare dall'illusione di un'eterna adolescenza,
c'è il segno di una disperata fuga dal tempo. 
Ingenua strategia dell'evasione, 
dove l'uomo si consegna interamente al consumo, 
possibilmente irresponsabile, del tempo, 
attraverso il quale egli cerca di transitare 
come in una specie di piacevole stordimento 
che renda insensibili a ciò che è brutto e penoso. 
Così si neutralizza il peso del tempo in cui siamo costretti
a riflettere, a decidere, a portare responsabilità: 
il tempo della formazione personale, 
della convivenza familiare, 
dell'applicazione al lavoro, 
del vincolo sociale, 
tempi inevitabilmente segnati dalla routine e dalla banalità, 
dal rischio e dalla fatica,
 dall'errore e dalla colpa, 
da una serie di tensioni e di sofferenze 
che sono molto difficili da portare e alle quali si preferisce non guardare in faccia.

giovedì 23 gennaio 2014

si presenta nei modi più subdoli e non meno tragici di una vita sostanzialmente "spenta".

Come può essere veramente tolta la disperazione? 
La forma tragica sarebbe la scelta di morire: 
il tempo e la sua oppressione sono neutralizzati nel modo più radicale 
anticipando drasticamente la fine. 
Una scelta che non assume, per lo più, fortunatamente,la forma diretta e immediata del suicidio, ma si presenta nei modi più subdoli e non meno tragici 
di una vita sostanzialmente "spenta". 
Una vita che sopravvive cronologicamente alla propria fine, 
in qualche modo già anticipata e annunciata; 
penso alla droga vera e propria e a un certo tipo di vita "drogata", 
dove l'uomo cerca, 
nell'assoggettamento a qualcosa che lo sottrae alla fatica del pensare e del volere, 
una compensazione all'incapacità di progettare il proprio futuro. 
Una tale ricerca dagli esiti così umilianti e drammatici, 
è purtroppo omogenea con la diffusa e sottile legittimazione ideologica 
dell'edonismo contemporaneo, 
che riveste la sudditanza allo stimolo del piacere con i valori dell'emancipazione e della conquista di sé.

mercoledì 22 gennaio 2014

All'opposto dell'illusione che pretende di possedere il tempo, sta la malinconia di chi percepisce il suo svanire come un fatto inarrestabile, contro il quale è inutile lottare e che è quindi meglio annegare nell'evasione.


Ma è possibile che proprio sotto questa verità, che alimenta la nostra angoscia, si nasconda anche un'altra verità capace di liberarci?
è pensabile che in quell'affanno che ci spinge a percorrere strade illusorie, ci sia una provocazione salutare che dovremo portare coraggiosamente allo scoperto?
In altre parole:
siamo così sicuri che la morte sia sotto ogni aspetto la fine del tempo?
"State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra" (Lc 21, 34 ss).
All'opposto dell'illusione che pretende di possedere il tempo,
sta la malinconia di chi percepisce il suo svanire come un fatto inarrestabile,
contro il quale è inutile lottare e che è quindi meglio annegare nell'evasione.
I due atteggiamenti - resistenza ed evasione -
sono strettamente collegati:
si può dire che il secondo è una conseguenza del primo,
quando diventa chiara l'illusione del possedere e del fare.
Nella realtà, noi passiamo un pò dall'uno all'altro modo di sentire
perché non possiamo attestarci stabilmente in nessuno dei due.
Anche la disperazione non può durare all'infinito
perché impone all'uomo una qualche decisione di uscirne;
la pressione alla quale essa lo sottopone lo costringe infatti a "sbilanciarsi".

martedì 21 gennaio 2014

Parlavo di una "cosmesi" della morte, appunto perché noi cerchiamo di abbellire il consumarsi del tempo, che della morte è il simbolo, esaltandoci nel consumo di beni illusoriamente duraturi.


Anche l'ambizione del dominio,
inteso come esasperazione
della forza, della riuscita, del successo in ogni campo della vita,
è un modo illusorio di possedere il tempo.
Il potere, per esempio quello politico,
coltivato come fine a se stesso,
come ebbrezza della propria potenza e del proprio dominio sull'altro,
genera l'impressione di poter durare a dispetto del tempo,
prolunga la fantasia di attraversarne il logorio senza esserne travolti.
Infine, la spasmodica ricerca del godimento in ogni forma,
mira a neutralizzare il tempo,
è una sfida alla sua caducità.
Riempire il giorno e la notte di eccitazioni,
concentrarsi puntigliosamente nella cura del proprio piacere corporeo,
del proprio benessere fisico e psichico,
significa aggrapparsi alla vita biologica,
pensando che il tempo del suo godimento
sia tutto il bene di cui possiamo disporre.
Ostentare ricchezza, potere, sicurezza, salute, attivismo,
sono tutti espedienti per esorcizzare l'angoscia del tempo che ci sfugge dalle mani. Parlavo di una "cosmesi" della morte,
appunto perché noi cerchiamo di abbellire il consumarsi del tempo,
che della morte è il simbolo,
esaltandoci nel consumo di beni illusoriamente duraturi.
L'esorcismo funziona come un "trucco" escogitato
per prolungare la nostra partita con la morte;
eppure sappiamo che la partita non potrà durare all'infinito,
e la morte avrà l'ultima mossa.

lunedì 20 gennaio 2014

Se ci incalza, affrontiamolo con foga, in modo da ricavarne tutte le soddisfazioni possibili prima di esserne sconfitti. Se ci svuota di energie, preveniamolo con astuzia, stipandolo di beni e di benessere senza perdere neppure un istante. Sono tanti i modi di riempire il tempo per illudersi di possederlo.


"Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che... si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni dalla ricchezza e dai piaceri della vita" (Lc 6,14).
"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose" (Lc 10,41).
Le parole di Gesù fanno riferimento a un'esperienza universale:
quella della voglia di spremere dal presente tutto il possibile,
dell'ossessione di utilizzare tutti gli attimi e le risorse del tempo a disposizione
per esaltare l'importanza di ciò che si è e di ciò che si ha.
"Il tempo è denaro",
dice un proverbio e bisogna darsi da fare perché fruttifichi al massimo!
Il proverbio latino corrispondente è il carpe diem:
afferra l'attimo fuggente!
"Quant'è bella giovinezza /
che si fugge tuttavia /
Chi vuol essere lieto sia: /
di doman non c'è certezza".
Insomma, se il tempo fugge,
inseguiamolo senza tregua,
per averne il più possibile a nostro vantaggio.
Se ci incalza, affrontiamolo con foga,
in modo da ricavarne tutte le soddisfazioni possibili prima di esserne sconfitti.
Se ci svuota di energie,
preveniamolo con astuzia,
stipandolo di beni e di benessere senza perdere neppure un istante.
Sono tanti i modi di riempire il tempo per illudersi di possederlo.
Il denaro anzitutto.
Se il tempo è denaro, l'accumulo del denaro e
la libertà di spenderlo mi convincono di essere padrone del tempo:
del mio e di quello degli altri.
E posso arrivare a pensare che il mio tempo vale molto,
solo perché costa molto denaro;
o che il tempo degli altri vale poco,
solo perché io posso comprarlo per il mio vantaggio.

domenica 19 gennaio 2014

Un vero e proprio interdetto avrebbe investito i nostri paesi dove la progressiva medicalizzazione della malattia e della vecchiaia, con il relativo sequestro dei sofferenti e degli anziani ai margini del tempo socialmente condiviso, porta sempre più a considerare le situazioni limite come estranee alle condizioni della vita ordinaria.


Due sono le vie attraverso le quali cerchiamo
di sfuggire al problema della fine irreparabile del tempo,
di esorcizzare l'immagine della morte
che fa capolino in ogni piccolo o grande affanno per la vita.
Esse sono l'ostentazione del nostro dominio sul tempo
e l'ossessione di sfuggire in tutti i modi possibili al suo dominio su di noi.
Uno storico contemporaneo giunge,
 attraverso un'ampia ricognizione del tema,
alla seguente constatazione:
la progressiva emarginazione della morte nelle moderne società industriali.
Un vero e proprio interdetto avrebbe investito i nostri paesi dove la progressiva medicalizzazione della malattia e della vecchiaia,
con il relativo sequestro dei sofferenti e degli anziani ai margini del tempo socialmente condiviso,
porta sempre più a considerare le situazioni limite come estranee alle condizioni della vita ordinaria.
Tale fenomeno di esorcizzazione della fine è tuttavia assai più vasto.
Nelle pagine successive vorrei aiutare a smascherare questa operazione di cosmesi della morte,
che è nella sostanza una vera e propria perversione del significato del tempo,
perché ci fa vivere in una pericolosa illusione,
ci allontana dalla vera comprensione di noi stessi
e dall'unico modo che abbiamo di possedere davvero la nostra esistenza.