sabato 26 febbraio 2011

De Maria numquam satis

«De Maria numquam satis», recita da secoli una pia antifona. Quanto infatti è stato scritto, poetato, narrato, cantato sulla madre di Gesù! Da Jacopone a Péguy, a Claudel, a Eliot da Dante a Lope de Vega, a Bernanos, a Hopkins; da Petrarca a Turoldo. Per non parlare dei santi (Bonaventura, Bernardo, Bernardino) e degli oscuri o anonimi, che con ingenuità, rozzezza o retorica hanno invaso di lodi la "Donna del Paradiso".Eppure non basta («numquam satis»), non basterà mai.



Oggi è sabato, leggiamo o meglio parliamo di Lei per limitare quel «De Maria numquam satis»

sei Tu a condurre tra sofferenze e dolori



"Quando nel mio corpo o nel mio spirito inizia a mostrarsi l'avanzare dell'età, quando i mali, che ci sminuiscono e ci trascinano via, piombano su di me dal di fuori o sorgono dentro di me, nel momento doloroso in cui improvvisamente divento cosciente che sono malato e invecchio, specialmente in quel momento in cui sento che sfuggo a me stesso...in tutte queste ore oscure fammi capire, o Signore, che sei Tu a condurre tra sofferenze e dolori le fasi della mia vita, per penetrare fino alle midolla del mio essere e attirarmi a Te".
Pierre Teilhard de Chardin

lo stesso sorriso Che il vento crudele ti aveva rubato Che torna fedele

A mano a mano ti accorgi che il vento 
Ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso 
La bella stagione che sta per finire 
Ti soffia sul cuore e ti ruba l'amore 


A mano a mano si scioglie nel pianto 
Quel dolce ricordo sbiadito dal tempo 
Di quando vivevi con me in una stanza 
Non c'erano soldi ma tanta speranza 


E a mano a mano mi perdi e ti perdo 
E quello che è stato ti sembra più assurdo 
Di quando la notte eri sempre più vera 
E non come adesso nei sabato sera.... 

Ma...dammi la mano e torna vicino 
Può nascere un fiore nel nostro giardino 
Che neanche l'inverno potrà mai gelare 
Può crescere un fiore da questo mio amore per te 


E a mano a mano vedrai che nel tempo 
Lì sopra il suo viso lo stesso sorriso 
Che il vento crudele ti aveva rubato 
Che torna fedele 
L'amore è tornato da te.... 


Ma...dammi la mano e torna vicino 
Può nascere un fiore nel nostro giardino 
Che neanche l'inverno potrà mai gelare 
Può crescere un fiore da questo mio amore per te 
RINO GAETANO
(ascolta...)

pensare che gli altri possano parlare acidamente di noi


E' singolare quanto poco siamo inclini a pensare che gli altri possano parlare acidamente di noi e come ci arrabbiamo e ci sentiamo feriti quando ci giunge prova che essi l'abbiano fatto. Non è forse troppo affermare che tutti noi di tanto in tanto parliamo dei nostri più cari amici in un modo in cui ai nostri cari amici piacerebbe ben poco sentirsi menzionare, e tuttavia ci aspettiamo che i nostri più cari amici invariabilmente parlino di noi come se fossero ciechi davanti ai nostri difetti, ma intensamente consapevoli di ogni sfumatura delle nostre virtù
  Anthony Trollope, Le torri di Barchester   
Anthony Trollope (1815-1882), autore di quarantasette romanzi, dei grandi della letteratura inglese dell'Ottocento è il meno conosciuto in Italia, nonostante lo straordinario successo tra i lettori di lingua inglese e la fortuna più recente tra i critici. Questa casa editrice di Trollope ha pubblicato: Orley Farm (1999), Lady Anna (2003), Un'autobiografia (2008),La vita oggi (2010) e tutti i romanzi del cosiddetto «ciclo del Barsetshire»:La Canonica di Framley (2001, 2006), L'amministratore (2003), Le torri di Barchester (2004), Il Dottor Thorne (2005), La casetta ad Allington (2007) e Le ultime cronache del Barset (2009)
Trovo queste segnalazioni http://nonsoloproust.splinder.com/

venerdì 25 febbraio 2011

I bassifondi del vangelo


Nel Vangelo i personaggi guasti sono parecchi. Se fosse un romanzo, i critici timorati farebbero le loro riserve, ma poiché è il Libro di Gesù, gli si levano contro i farisei di ogni tempo.
Uditeli: «Il Vostro Maestro va coi peccatori, mangia con loro: è amico dei pubblicani».
Ai Discepoli Gesù dichiara: «La gente sana non ha bisogno del medico»;
Ai farisei, in tono un po' diverso: «I pubblicani e le donne della strada vi precederanno nel Regno dei Cieli».
Lo scandalo del bene non è facilmente sopportabile. Ci vuole più fede per credere che «il Vangelo è predicato ai poveri» che per credere ai «ciechi che vedono, ai sordi. che odono, agli storpi che camminano, ai morti che risorgono» (Mt., 11, 4).
Se il Signore non fosse venuto per i malati, si potrebbe pensare che, a un certo momento del nostro discendere, possa venir meno la sua pietà.
Invece, la mia malattia aumenta la sua pietà. Perchè sono tanto infelice. Quando sono cattivo, Egli mi vuole tanto bene.
A i farisei che si vantavano d'essere «progenie di Abramo», il Signore risponde ch' Egli può cavare figli di Abramo anche dalle pietre.
Purtroppo, non tutti i grandi peccatori diventano grandi santi, dato che il peccato non è la condizione per divenir santi: ma se uno, che ha molto ardore nel male, si lascia prendere dalla grazia, porta nel bene eguale passione.
Se Gesù va in cerca di una creatura che si perde, vuol dire che in essa c'è qualche cosa che va raccolto per la gioia di tutti. Il «Rallegratevi con me... Vi dico che in cielo c'è ancora più allegrezza... ». (Don Primo Mazzolari)  

Noi abbiamo solo l'oggi

Ieri è trascorso. Domani deve ancora venire.
Noi abbiamo solo l'oggi.
Se aiutiamo i nostri figli
ad essere ciò che dovrebbero essere oggi,
avranno il coraggio necessario
per affrontare la vita con maggior amore.


Madre Teresa di Calcutta

A mio padre

così folle questo tuo gesto


Tu solo, Signore, hai pietà del mio soffrire.
Mi vieni vicino e mi sollevi il cuore
rubandomi il mio peccato.
E' così folle questo tuo gesto
che hai dovuto lasciarti crocifiggere
perché ti credessi e ti spalancassi fiduciosamente
la porta della mia miseria.
Signore, non sono degno che tu entri,
ma io ti apro lo stesso.
Ti apro la porta più larga della mia anima.
Ma tu l'hai già scardinata con la tua croce.
don Primo Mazzolari

disponibile per la tua libertà


Dammi ciò che vuoi,
quanto vuoi e quando vuoi.
Dammi di agire
secondo il tuo volere,
perchè tu sia riconosciuto.
Andrò dove mi chiami,
disponibile per la tua libertà.
Sono nelle tue mani.
Tu mi plasmi, mi trasformi,
mi mandi.
Sono tuo servitore
disposto ad accettare tutto.
Non voglio vivere per me,
ma per te,
per la tua gloria.
Tommaso da Kempis

giovedì 24 febbraio 2011

la mia patria


Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi diro' che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri.
(Don Milani)


Spezza le mie catene

Vorrei mettermi al tuo servizio,
ma non ne trovo la strada.
Vorrei compiere il bene,
ma non ne trovo la via.
Vieni tu a me, o Gesù.
Non ti amerò mai,
se tu non mi aiuti!
Spezza le mie catene,
se vuoi che io sia tuo!

Filippo Neri

si dilegui come un'idea fugace


Non permettere, o Dio, che la nostra fiducia in Te si dilegui come un'idea fugace. 
Fa' che in noi la nostalgia del tuo regno e le nostre speranze del tuo splendore non siano simili a nubi senza pioggia. 
Ma, come rugiada che disseta, esaudite, bagnino le nostre labbra; e, come la manna celeste, ci sazino per sempre.
Søren Kierkegaard 

mercoledì 23 febbraio 2011

prenderne coscienza


"La verità di Dio è nel silenzio.
Diventare a nostra volta silenziosi
nella speranza di fonderci con essa.
Ma non possiamo prenderne coscienza
che attraverso la parola.
E questa, purtroppo, ogni volta,
ci allontana dalla meta"

E. Jabès

Oh, Madre! Oh, Madre!

I neonati la tintinnano.
I vecchi la sognano.
I malati la mormorano.
I muti la pensano.
I paurosi la gridano.
Gli orfani la piangono.
I feriti la chiamano.
Tutti gli altri la dimenticano.
Oh, Madre! Oh, Madre!

GRIGORE VIERU
(Orfeo rinasce nell'amore, GRAPHE.IT)



Uno dei più vivaci attivisti per il risveglio della coscienza nazionale dei romeni a est del fiume Prut, che per anni ha rappresentato il doloroso confine con la Repubblica Moldava, Grigore Vieru come Orfeo è un uomo “malato” d’amore, un uomo che mette in fila parole, colorandole di emozioni quelle emozioni che si accumulano nell’essere come puzzle a comporre il mosaico dell’esistenza di ognuno. Grigore Vieru concentra tutte le valenze affettive dell’amore una sola immagine: la madre, emblema dell’amore vero e puro:
“Lei è tutto: l’inizio di una vita,
l’incantesimo dell’infanzia, 
la terra che si ama…”,
 e come dirà lo stesso poeta in un’intervista 
“la madre è la nostra infanzia invecchiata”; 
( da Madre, tu sei… 
Madre, 
tu sei la patria! 
il tuo corpo è 
la cima della montagna  
ricoperta di neve.
I tuoi occhi: 
azzurri mari. 
Le tue palme: 
le nostre arature. 
Il tuo respiro 
è una nuvola  
che porta pioggia 
nei campi e sulle città…).

sentirsi vecchi è aver perduto la gioia di sentirsi vivi


Essere vecchi è aver vissuto molti anni,
ma sentirsi vecchi è aver perduto la gioia
di sentirsi vivi.

Essere vecchi rende un pò più lenti,
ma sentirsi vecchi soffoca i sogni dello spirito…
Essere vecchi è chiedersi: Ne vale davvero la pena?
Sentirsi vecchi è rispondere: ”No”,
senza nemmeno pensarci.

Essere vecchi è sognare ad occhi aperti,
sentirsi vecchi è non riuscire quasi
a chiudere occhio.
Essere vecchi significa avere ancora tante cose
da imparare e da scoprire,
sentirsi vecchi è smettere di imparare
e di insegnare.

Essere vecchi è allenare il corpo,
elevare lo spirito, coltivare i sogni,
sentirsi vecchi è rimanere incollati alla tivù,
sprofondati nel divano, oggi… domani…
e dopodomani.

Essere vecchi significa avere davanti un futuro
e dei progetti,
sentirsi vecchi significa avere l’agenda vuota e
ricordare solo ”i bei tempi andati”.

Essere vecchi vuol dire provare ogni giorno
qualcosa di nuovo, rinnovare se stessi, puntare
gli occhi sull’orizzonte cercando di scoprire
che cosa c’è oltre, lontano.
Sentirsi vecchi è iniziare a pensare che forse oggi è
l’ultimo giorno che resta da vivere, e chiudersi
ancora una volta nel proprio
”guscio di certezze”.

(Tratto da ”Lettera a mio figlio sulla felicità” di Sergio Bambarén)

Impotente vedo come il tempo scorre

Il mio tempo sta nelle Tue mani.
Ora posso essere tranquillo, tranquillo in Te.
Tu dai sicurezza, Tu trasformi tutto.
Dammi un cuore forte, rendilo forte in Te.

Le preoccupazioni mi assillano, sono troppo pesanti.
Scoraggiato mi chiedo:"Domani che succederà?".
Ma Tu mi ami, non mi lasci cadere.
Padre, Tu sarai con me.

Fretta e corsa, il tempo che incalza
e la spinta a sempre fare,
mi danno la caccia e mi tengono prigioniero.
Signore, grido:"Vieni a liberarmi!

Guidami Tu, passo dopo passo".
Ci sono giorni che rimangono senza senso.
Impotente vedo come il tempo scorre.
Ore, giorni, anni passano
e mi chiedo dove sono finiti.

Il mio tempo sta nelle Tue mani.
Ora posso essere tranquillo, tranquillo in Te.
Tu dai sicurezza, Tu trasformi tutto.
Dammi un cuore forte, rendilo forte in Te.

(Meine Zeit steht in Deinen Haenden, Peter Strauch, 1981. Trad. di Helene Fontana)

La menzogna è una dea che si libra nell'aria con un enorme specchio

La menzogna riesce a conquistare regni senza fare la guerra e talvolta proprio perdendone una; può dare e togliere lavoro, può ridurre una montagna a un mucchietto di terra e fare di un mucchietto di terra una montagna. Ha presieduto per molti anni ai comitati delle elezioni: riesce a fare di un moro un bianco, di un ateo un santo e di un dissoluto un patriota; può fornire informazioni segrete ai ministri stranieri e accrescere o rovinare la reputazione di una nazione.

La menzogna è una dea che si libra nell'aria con un enorme specchio per poter abbagliare le folle e mostrare, a seconda dell'inclinazione, la loro rovina nel loro interesse e il loro interesse nella loro rovina. […]

Vi è un punto essenziale in cui il bugiardo politico si distingue dagli altri esperti di quest'arte: egli necessita di breve memoria, essenziale alle diverse circostanze in cui si ritrova, e a seconda dell'inclinazione della persona nella quale si imbatte, per smentirsi o giurare su entrambi i lati di una contraddizione.

Quando si descrivono le virtù e i vizi dell'umanità è certamente utile avere a portata di mano qualche personaggio eminente su cui ricalcare la descrizione. Ho osservato attentamente questa regola e l'immaginazione ha richiamato alla mia memoria un certo grand'uomo, sommo esponente di quest'arte.

Attraverso una pratica ventennale e costante, costui si è guadagnato la reputazione di mente più fine d'Inghilterra nella gestione degli affari pubblici; la superiorità del suo genio consiste in un fondo inesauribile di menzogne politiche che dissemina copiosamente ogni qualvolta apre bocca e che, con una generosità senza precedenti, dimentica nella mezz'ora che segue, contraddicendosi.

Costui non si è mai chiesto se un'affermazione fosse vera o falsa, ma solo se fosse opportuno affermarla o negarla a seconda della circostanza e del suo interlocutore; se pensate quindi di ragionare sulle sue asserzioni cercando di interpretarle, giacché vi pare vero il contrario, dovrete riflettere a lungo e ne uscirete sconfitti; che gli crediate o no, l'unico rimedio è di supporre di aver udito suoni inarticolati e privi di significato.

Questo vi risparmierà lo sdegno dinanzi ai giuramenti sacri che inserisce all'inizio e alla fine di ogni sua proposizione, sebbene non creda che possa essere accusato di spergiuro verso Dio o Cristo, dal momento che ha ammesso pubblicamente di non credere né all'uno né all'altro.

JONATHAN SWIFT (1667-1745)
(da "L'arte della menzogna politica", Rizzoli 2010) Traduzione di B. Antonucci

davvero di comprendere la tua parola

O Signore non lasciare che la tua parola 
sia da noi vanificata,
poiché pur conoscendola noi non l'amiamo, 

pur ascoltandola,
non la mettiamo in pratica,

pur credendo in essa, non le ubbidiamo.
Apri le nostre orecchie ed il nostro cuore, 

affiché ci sia dato davvero
di comprendere la tua parola.

Antica preghiera della chiesa

le cose importanti da ciò che è inutile

«O Dio, tu hai pietà dei poveri.
Questa terra è una casa di dolore, di miseria, disperazione e ansia.
Abbi misericordia per la difficoltà di tante vite sfruttate.
Abbi misericordia di chi crolla sotto il peso del destino
senza trovare un senso per la propria esistenza.
Abbi pietà di chi è stanco
e non lotta più per la giustizia;
di chi non ha libertà, servo di un sistema impietoso di oppressione e sfruttamento.
Abbi pietà di chi cerca la giustizia
e non trova altra via che la violenza.
Abbi pietà dei tuoi cristiani che parlano di te
lontani dal compiere la tua volontà».
jörg Zink

O Dio, Signore degli anni e dei giorni,
mi hai donato molto tempo.
Un passato alle mie spalle,
un futuro ancora aperto.

Il tempo era mio e sarà mio,
ma il tempo proviene da te.
Ti ringrazio per ogni istante
Scandito dal mio orologio,
per ogni mattino
che vedo al risveglio.

Non ti chiedo di darmi più tempo.
Ti chiedo di rendermi calmo,
disposto a riempire i miei giorni.

Aiutami a riservare un po' di questo tempo
libero da impegni e da doveri
per meditare in silenzio;
un po' di tempo per lo svago,
un po' per chi aspetta il mio conforto
e lascio spesso ai margini.

Ti chiedo scrupolosità e attenzione
per non sciupare i miei giorni
e rendere vano e morto il tempo.

Ogni ora è come un piccolo lembo di terra.
Vorrei solcarla con il mio aratro,
gettarvi dentro amore,
pensieri e parole
che portino buon frutto.

Benedici la mia giornata.
(Jörg Zink )

Voglio stare in silenzio,
Signore, e attenderti.
Voglio stare in silenzio e
comprendere la tua realtà.
Voglio stare in silenzio
per essere vicino alle cose
da te create e
ascoltare la loro voce.
Voglio stare in silenzio
per riconoscere, fra tante,
la tua voce.
«Quando ogni cosa
era immersa nel silenzio
- dice la Bibbia -
la tua parola di potenza
venne dal cielo».
Voglio stare in silenzio
e scoprire, stupito,
che tu hai una parola
per me.
Non sono degno
di accoglierti, Signore,
eppure: pronuncia
una sola parola
e l'anima mia vivrà.
Jörg Zink


Diventeremo vecchi tutti, un giorno,
entreremo nel silenzio,
distingueremo le cose importanti
da ciò che è inutile.
Un giorno si annebbierà il nostro sguardo,
stanchi muoveremo i passi,
i colori della sera
segneranno il nostro tramonto.

Conosco un uomo vecchio,
ha sempre portato gravi pesi,
non si è sottratto alla fatica.
Penso al suo volto calmo e silenzioso,
alla saggezza di tanti percorsi solitari.
La sua vita era dura: povertà e miseria,
eppure il tono tranquillo della voce
non evoca amarezze, ma bontà.
Diventeremo vecchi e stanchi.
Preghiamo, perché le nostre voci
diventino più miti e indulgenti
e i nostri volti specchi della pace.

Viola Renvall (da: Joerg Zink, Come pregare, Claudiana, Torino, 1988)

beato ma tremo


PUDORE...

Se qualcuna delle mie parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato-
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino è bello. 


Antonia Pozzi 

Ecco perche' parlo stupidamente

Vorrei sedermi vicino a te in silenzio, 
ma non ne ho il coraggio: temo che 
il mio cuore mi salga alle labbra. 
Ecco perche' parlo stupidamente e nascondo 
il mio cuore dietro le parole. 
Tratto crudelmente il mio dolore per paura 
che tu faccia lo stesso. 

Il mio cuscino mi guarda di notte 
con durezza come una pietra tombale; 
non avevo mai immaginato che tanto amaro fosse 
essere solo 
e non essere adagiato nei tuoi capelli. 

      
Garcia Lorca

so che primavera sta arrivando

Mi sento come un campo seminato
nel cuore dell'inverno, e so
che primavera sta arrivando.

I miei ruscelli prenderanno a scorrere
e la piccola vita che dorme in me
salirà in superficie al primo richiamo.

(Khalil Gibran, Il profeta)

un punto sarà nella memoria questo mare di giorni


Ma quando da morte passerò alla vita,
sento già che dovrò darti ragione, Signore.
E come un punto sarà nella memoria
questo mare di giorni.
Allora avrò capito come belli
erano i salmi della sera;
e quanta rugiada spargevi
con delicate mani, la notte, nei prati,
non visto. Mi ricorderò del lichene
che un giorno avevi fatto nascere
sul muro diroccato del convento,
e sarà come un albero immenso
a coprire le macerie. Allora
riudirò la dolcezza degli squilli mattutini
per cui tanta malinconia sentii
ad ogni incontro con la luce.
Allora saprò la pazienza
con cui m’attendevi; e quanto
mi preparavi, con amore, alle nozze.
Ed io non riuscivo a morire.
Piangevo, mentre ti pascevi,
della mia solitudine. Mai
canto di gioia intonò il mio cuore,
stordito dalla fragranza delle creature.
Ogni voce d’amore era singulto. Invece
eri Tu che odoravi nella carne,
Tu celato in ogni desiderio,
o Infinito, che pesavi sugli abbracci.
Uno stesso tremolio – o bufera – sulla superficie
del mare come dentro le onde del calice. Eri
dovunque. E gli altri intanto
si baciavano solo sulla bocca,
ma io Ti mangiavo tutte le mattine.
E, allora, perché, perché
dunque ero così triste?
(D. M. Turoldo)

non è dato dal possesso, ma dal dono di sé

Scegliere  
Da Cittadella di A. de Saint-Exupéry


Così alla sera io cammino a passi lenti tra il mio popolo e tacitamente lo circondo del mio amore. Sono soltanto inquieto per coloro che ardono di una vana luce, per il poeta pieno d’amore per la poesia ma che non scrive il suo poema, per la donna innamorata dell’amore ma che, non sapendo scegliere, non può divenire; tutti pieni di angoscia, poiché sanno che io li potrei guarire di questa angoscia se permettessi loro di fare quell’offerta che esige sacrificio, scelta e dimenticanza dell’universo. Perché il tal fiore esclude innanzi tutto ogni altro fiore. E tuttavia solo a questa condizione esso è bello. Così avviene per l’oggetto dello scambio. E lo stolto che va a rimproverare a quella vecchia il suo ricamo col pretesto che avrebbe potuto tessere qualcos’altro, preferisce dunque il nulla alla creazione. Così cammino e sento salire la preghiera nell’odore dell’accampamento nel quale tutto matura e si forma in silenzio, lentamente, senza quasi che ci si pensi. Il frutto, il ricamo o il fiore, per divenire, è nel tempo che sono  immersi.
Durante le mie lunghe passeggiate ho capito che il valore della civiltà del mio impero non riposa sulla qualità dei cibi ma sulla qualità delle esigenze e sul fervore del lavoro. Questo valore non è dato dal possesso, ma dal dono di sé. E’ civilizzato innanzi tutto quell’artigiano che si ricrea nell’oggetto; in compenso egli diviene eterno, in quanto non teme più di morire. Ma quest’altro che si circonda di oggetti di lusso comperati dai mercanti, non ne trae alcun vantaggio se non ha creato nulla, anche se nutre il suo sguardo di cose perfette. Conosco quelle razze imbastardite che non scrivono più i loro poemi ma li leggono, che non coltivano più la loro terra ma si fondano anzitutto sugli schiavi. Contro di loro le sabbie del Sud preparano incessantemente nella loro miseria creatrice le tribù vive che saliranno alla conquista delle loro provviste morte. Non amo chi è sedentario nel cuore. Quelli che non offrono nulla non divengono nulla. La vita non servirà a maturarli, e il tempo per loro fluisce come una manciata di sabbia disperdendoli. Che cosa offrirò a Dio in loro nome?

la costruzione con quelle pietre è nata dapprima dal suo desiderio


Oggi sempre più è necessaria la presenza di maestri. Il maestro, colui che guida e che è autorevole, non rimanda mai a sé come risposta ai problemi della vita, ma comunica altro, indirizza al bene e conquista gli altri proprio perché non avvinghia a sé. Il maestro sprona al «desiderio del mare aperto», non si sofferma sulla noia del particolare slegato dal desiderio di navigare. Come descrive bene questo atteggiamento Antoine de Saint Exupery nella Cittadella quando scrive: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini. Ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».
Se si togliesse la brama del navigare, per quale motivo si dovrebbe faticare a tagliare la legna? E ancora, come si può educare qualcuno intimorendolo, facendo pensare che nella vita bisogna avere soltanto paura? Che cosa possiamo dare a noi stessi, ai nostri figli, ai nostri studenti, alle persone cui vogliamo bene se non il bello e il vero che incontriamo? I divi idolatrati, invece, presentano sé come la soluzione. Nella Cittadella compare ancora la figura del capo che istruisce i generali spronandoli ad essere pienamente uomini mantenendo vivo il desiderio. Confessa loro: «La torre, la roccaforte o l’impero crescono come l’albero. Esse sono manifestazioni della vita in quanto è necessario che ci sia l’uomo perché nascano. E l’uomo crede di calcolare. Crede che la ragione governi l’erezione delle sue pietre, quando invece la costruzione con quelle pietre è nata dapprima dal suo desiderio. La roccaforte è racchiusa in lui, nell’immagine che porta nel cuore, come l’albero è racchiuso nel seme. I suoi calcoli non fanno altro  che dare forma al suo desiderio e illustrarlo. […] Voi perderete la guerra perché non desiderate nulla».
Sono parole profetiche quelle di A. de Saint Exupery, che nel contempo indicano un punto da cui ripartire, per i giovani come per gli adulti: il desiderio infinito del cuore. Questa è la strada per vincere la sfida educativa.
Giovani senza meta Troppi idoli, pochi maestri
di Giovanni Fighera

CITTADELLA Un libro bellissimo e misterioso. Un abbozzo di romanzo, contenuto nella famosa valigetta che Antoine de Saint Exupéry - autore dell'indimenticabile Piccolo Principe - portava sempre con sé e dalla quale si separò solo una volta: prima di partire per il suo ultimo volo di guerra, dal quale non sarebbe più tornato. Lo si può leggere mille volte e trovarvi sempre qualcosa di nuovo, di inaspettato, di vero. C'è il cammino nel deserto, come metafora della vita; c'è la cittadella, metafora dell'uomo; c'è il padre, metafora di Dio; c'è la sentinella, metafora del profeta; c'è il palazzo del padre e il tempio, metafore della Chiesa. E ancora: l'amore, l'amicizia (lo splendido racconto dei due giardinieri, che chiude il libro), il lavoro e la fatica, il dolore e la morte, la preghiera, il silenzio di Dio, gli uomini d'oggi (materialisti e consumisti, divenuti "bestiame da ingrasso"). Si potrebbero compilare pagine e pagine solo a trascrivere citazioni significative. Con la Bibbia e la Divina Commedia, uno dei pochi libri che porteremmo su un'isola deserta.

martedì 22 febbraio 2011

quelle pagine un po’ ti cambiano


Quando leggi un libro che ti piace,
quelle pagine un po’ ti cambiano;
quando rileggi sei tu che cambi loro.
Quando si rilegge
l’interesse non è più verso la storia,
che già si conosce,
ma per i mondi
che si sono immaginati
(F. Volo, Il tempo che vorrei)

Pensi troppo e pensi troppo poco, perché non pensi con la tua testa


"Non pensi nella maniera giusta, Jun" sospirò un giorno Shomintsu.
"Primo perché pensi troppo, secondo perché non pensi abbastanza".
"Non capisco. Sembrano l’uno il contrario dell’altro".
"Pensi troppo perché tra te e il mondo frapponi il pensiero. Parli invece di osservare, proietti idee preconcette più che cogliere i fenomeni. Anzichè guardare la realtà come si presenta la vedi attraverso gli occhiali colorati che ti metti sul naso… Sei tu che impoverisci la tua percezione, perché vedi solo ciò che tu stesso ci metti: i tuoi pregiudizi".
"D’accordo, penso troppo. Allora come puoi dire che non penso abbastanza?".
"Non pensi abbastanza perché ripeti, rimugini e riproponi luoghi comuni, opinioni scontate che prendi per verità senza analizzarle. Come un pappagallo prigioniero di una gabbia di pregiudizi. Pensi troppo e pensi troppo poco, perché non pensi con la tua testa".
(Eric-Emmanuel Schmitt, Il lottatore di sumo che non diventava grosso)

lunedì 21 febbraio 2011

uno con l’uniforme nazista, è tra i più grandi eroi dell’umanità


Avrebbe potuto fare finta di sparare, o mirare alto, nessuno se ne sarebbe accorto...invece adesso sembra che nessuno ci sia che voglia di re la verità si preferisce sparare in mucchio e non colpire (per salvaguardare la coscienza individuale) tanto nessuno chiederà spiegazioni.
Basta, se non ora, quando... si sveglierà la nostra coscienza civile ... non ci stiamo accorgendo che la botte per la festa contiene ormai solo acqua?

Durante la seconda guerra mondiale, in Serbia,  alcuni partigiani tesero un agguato in cui rimase ucciso un soldato tedesco. La legge emanata dall’occupazione nazista era chiara: per un tedesco ucciso, avrebbero dovuto morire cento serbi. Il rastrellamento non diede però il risultato sperato; occorreva trovare altri uomini. Il comandante pensò di fare ricorso al vicino liceo, da cui vennero prelevati alcune decine di studenti. Fu allestito il plotone di esecuzione. A questo punto, pochi istanti prima di ricevere l’ordine di fare fuoco, un soldato uscì dai ranghi e disse apertamente che si rifiutava di sparare considerando quell’atto un crimine, non un’azione militare. Gli fu detto che se non avesse obbedito avrebbe fatto la stessa fine degli ostaggi. Egli persistette nel suo rifiuto e poco dopo venne fucilato insieme ai ragazzi serbi. Dopo tanti anni, il ricordo di lui è ancora vivo tra la gente di quei luoghi.
Sasa, che una sera durante la guerra in Bosnia mi raccontò questo fatto, aggiunse: " Quel soldato tedesco di cui nessuno ricorda più il nome, uno con l’uniforme nazista, è tra i più grandi eroi dell’umanità. Avrebbe potuto fare finta di sparare, o mirare alto, nessuno se ne sarebbe accorto. Non l’ha fatto. Ha scelto di morire. E non è morto per salvare qualcuno, perché sapeva benissimo che col suo gesto non avrebbe ottenuto nulla. Ecco chi è per me il vero eroe".
Il soldato tedesco non è morto invano però; qualcosa con la sua morte ha salvato, ha salvato l’onore, la verità, l’idea, il bene. Con la sua morte non ha salvato un uomo concreto, ma l’idea di uomo, la sua purezza, la sua nobiltà. La sua morte ha salvato ciò che di più alto vi è in noi. La sua morte in questo senso ci fa vivere. Vivifica in noi l’idea di uomo.
(Mancuso V. Rifondazione della fede)

Il signore di un castello diede una gran festa,   cui invitò tutti gli abitanti del villaggio. Ma le cantine del nobiluomo, pur essendo generose, non avrebbero potuto soddisfare la prevedibile e robusta sete di una schiera così folta di invitati.
Il signore chiese un favore agli abitanti del villaggio: "Metteremo al centro del cortile dove si terrà il banchetto un capiente barile. Ciascuno porti il vino che può e lo versi nel barile. Tutti poi vi potranno attingere e ci sarà da bere per tutti".
Un uomo del villaggio (che si credeva furbo),  prima di partire per il castello si procurò una borraccia e la riempì d'acqua pensando: "Un pò d'acqua nel barile passerà inosservata... nessuno se ne accorgerà!". Arrivato alla festa, versò il contenuto della sua borraccia nel barile comune e poi si sedette a tavola.
Quando i primi andarono ad attingere, dallo spinotto del barile uscì solo acqua.
Tutti avevano pensato allo stesso modo.
  
Se siamo scontenti del nostro mondo,
è perché troppi portano solo acqua.
E' vero, non tutto il bene che c'è da fare
a questo mondo devi farlo tu.
Ma il bene che devi fare tu,
non puoi pensare che lo facciano  gli altri.
Riempi la tua borraccia di bene e versala
nel barile di questo mondo... il resto viene da sé!