sabato 2 aprile 2011

Molti uomini sono ancora geroglifici per me

Sorge spontanea dal cuore di Etty una preghiera inestricabilmente connessa ad un impe- gno: Concedimi pazienza, mio Dio, concedimi una pazienza del tutto nuova… farò del mio meglio. Molti uomini sono ancora geroglifici per me, ma pian piano imparo a decifrarli. E’ la cosa più bella che conosca: leggere la vita degli uomini (204). Quella di Etty è una lettura, un continuo decifrare geroglifici in attesa di imparare la lingua nuova della carità e dell’amore universali.

E l’Accademia per questo ap-prendimento, per questo raffinamento delle capacità di "lettura" di Etty non sarà altro che il campo di Westerbork dove è come se mi trovassi davanti al nudo steccato della vita. Davanti alla sua ossatura, libera da qualsiasi costru- zione esterna. Mio Dio, ti ringrazio perché mi insegni a leggere sempre meglio (204). Sembra che ad Etty non sia sufficiente essere sempre più in grado di porsi davanti all’umanità come davanti ad una misteriosa stele tutta da decifrare, in lei si fa urgente il desiderio di comunicare questa capacità, questo atteggiamento di lettura accurata, scevra da ogni pre-giudizio e pre-comprensione: Come posso far sì che anche altri leggano dentro a tutte quelle persone – persone che devono essere decifrate come geroglifici, tratto dopo tratto - finché non ci si trovi davanti ad un unico, grande e comprensibile insieme, incorniciato da cielo e brughiera? (208).

Il mio cuore è una chiusa che ogni volta arresta un flusso ininterrotto di dolore


Westerbork rappresenta il Tempio aperto in cui la sua anima si è aperta a Dio attraverso la sua immagine impressa indelebilmente su ogni volto e in ogni storia.  Etty ha incontrato il Mistero nel Tempio in-delimitabile nell’Amore e nel Dolore: Il mio cuore è una chiusa che ogni volta arresta un flusso ininterrotto di dolore (205). Questo interminabile dolore non scandalizzerà mai Etty ma la renderà sempre più grata per il dono della vita da lei ritenuta sempre e solo buona e bella non perché lo sia ma perché – misteriosamente – lo sta diventando sotto i nostri occhi attraverso il nostro proprio cuore: Cammino accanto agli uomini come se fossero piantagioni e osservo quant’è cresciuta la pianta dell’umanità (209).E’ lo sguardo del pubblicano che sa di essere peccatore e che, pur a distanza di sicurezza per non contaminare niente e nessuno, non rinuncia comunque all’umile gesto della preghiera:«Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abbi pietà di me peccatore».

guardare in alto

La ricchezza più grande che possediamo
quando al mattino apriamo gli occhi
è il giorno che abbiamo davanti.
In quel breve spazio di tempo,
fatto di ore e di minuti,
il gesto più bello che possiamo compiere
è rivolgere un pensiero a chi ci vuole bene
e ci aiuta a vivere sereni.
Dobbiamo scrutare intorno a noi,
dare importanza alle piccole cose,
e guardare in alto, nella profondità
del cielo perchè quello
è il giorno migliore che possiamo vivere!
(R. Battaglia)

Non cercare ora le risposte

Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore…
cerca di amare le domande, che sono simili a
stanze chiuse a chiave e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano
giorno in cui avrai la risposta.
Rainer Maria Rilke

Non posso giudicare o odiare un fratello per il quale prego


Non è possibile, in un culto in comune, ricordare tutte le persone che ci sono affidate e intercedere per loro, o comunque non nella forma dovuta. Ogni cristiano ha la propria cerchia di persone che gli hanno chiesto di intercedere per loro o per le quali si sente chiamato, per determinate ragioni, a intercedere. In primo luogo saranno coloro insieme ai quali vive ogni giorno. E qui ci troviamo ad un punto in cui sentiamo battere il cuore di ogni convivenza cristiana. Una comunità cristiana vive dell’intercessione reciproca dei membri o perisce. Non posso giudicare o odiare un fratello per il quale prego, per quanta difficoltà io possa avere ad accettare il suo modo di essere o di agire. Il suo volto, che forse mi era estraneo o mi riusciva insopportabile, nell’intercessione, si trasforma nel volto del fratello per il quale Cristo è morto, nel volto del peccatore perdonato. Questa è una scoperta veramente meravigliosa per il cristiano che incomincia a intercedere. Non esiste antipatia, non esiste tensione e dissidio personale che, da parte nostra, non possa essere superato nell’intercessione. L’intercessione è il bagno di purificazione a cui il singolo ed il gruppo devono sottoporsi giornalmente. Può esserci un’aspra lotta con il fratello, nella nostra intercessione, ma rimane la promessa che vinceremo.
Come? Intercedere non significa altro che presentare il fratello a Dio, vederlo nella luce della croce di Gesù come povero uomo e peccatore bisognoso di grazia. Con ciò viene a cadere tutto quello che me lo rende antipatico; lo vedo in tutta la sua miseria e pena; nel suo travaglio e peccato che mi si mostrano così grandi e così opprimenti come se fossero i miei; ed allora non posso fare a meno di supplicare: “Signore, opera tu stesso, tu solo in lui, secondo la tua severità e la tua bontà”. Intercedere significa: concedere al fratello lo stesso diritto che è stato concesso a noi, cioè di porsi davanti a Cristo ed essere partecipe della sua misericordia.
Da ciò risulta chiaro che anche l’intercessione è un servizio che ci viene chiesto da Dio e dal fratello, ogni giorno. Chi si rifiuta di intercedere per il prossimo, gli rifiuta il suo servizio cristiano. E’ pure chiaro che l’intercessione non è preghiera generica, indistinta e confusa, ma una richiesta molto concreta. Si tratta di persone ben precise, e di difficoltà precise, perciò anche di richieste precise. Quanto più chiara è la mia preghiera di intercessione, tanto più certo ne è l’esaudimento.
Ed infine non possiamo nemmeno rifiutarci di riconoscere che il servizio di intercessione richiede tempo, da parte di ogni cristiano e, più ancora, da parte di ogni pastore, a cui è affidata tutta una comunità. L’intercessione sola, se fatta bene, riempirebbe tutto il tempo che vogliamo dedicare alla meditazione. Così si dimostra che l’intercessione è un dono della grazia divina a ogni comunità cristiana e a ogni cristiano. Poiché con essa ci viene offerto un dono incommensurabile, lo accetteremo anche con gioia. Proprio il tempo che dedicheremo all’intercessione sarà per noi, ogni giorno, fonte di sempre nuova allegrezza nel Signore e nella comunità cristiana.

Da La vita comune
di D. Bonhoeffer

venerdì 1 aprile 2011

una casa che tutti nutre e tutti protegge


Signore Gesù,
il mondo è tuo, soltanto tuo.
E Tu l’hai donato a tutti
affinché la terra sia una casa
che tutti nutre e tutti protegge.
Accumulare, pertanto, è rubare
se il cumulo inutile
impedisce ad altri di vivere.

Signore Gesù,
fa’ finire lo scandalo
che divide il mondo
in ville e baracche.
Signore, rieducaci 
alla fraternità!
VENERDÌ SANTO 2006
MEDITAZIONI E PREGHIERE
di Mons. ANGELO COMASTRI 
Nona Stazione


Schiavi di tutte le tirannie degli uomini

Il Getsemani o Frantoio è l’ora cruciale d’un’agonia per nulla paragonabile a quella del deserto.

Il deserto fu la tentazione della mente e dell’orientamento: il Getsemani gli prende il cuore.
Nel calice presentatogli c’è dentro:  il tuo amore non sarà ricambiato; il tuo amore non sarà capito; il
tuo amore sarà rifiutato; il tuo amore sarà crocifisso.
—  Da chi?
— Da me; da tutti.
Dai discepoli che s’addormentano, mentre tu sudi sangue; da colui che poco fa metteva la sua mano nel
tuo piatto; da colui che giurava d’esser pronto a morire per te; da colui che ha riposato sul tuo cuore...
Ognun ti fugge. Ti lascian solo come un lebbroso... Hai la lebbra dell’amore!
—  Da me; da tutti.
Son secoli e secoli che gridiamo contro l’agonizzante: —Non vogliamo che egli regni su di noi.
Schiavi di tutte le tirannie degli uomini piuttosto che «amici dello Sposo».

DON PRIMO MAZZOLARI, Dietro la croce, 41-45
prima edizione: 1942

giovedì 31 marzo 2011

Quell'uomo semplice e buono


I grandi maestri...Uno di questi grandi maestri anonimi, però, è stato per me un vicino di casa, Pinot: non sposato, viveva con una nipote ed era sovente preso in giro per una malformazione del cuoio capelluto - lo chiamavano Furmaggetta. Aveva un bellissimo orto in un terreno che in seguito dovette cedere per fare spazio alla costruzione della cantina sociale del paese: Pinot ogni mattina scendeva nell'orto a lavorare per poi tornare a casa verso le undici con ortaggi e verdure che servivano per il pranzo e la cena. Bambino di una famiglia che non possedeva appezzamenti di terra perchè il padre non era contadino, io ero molto incuriosito dal lavoro agricolo e sovente, fin da piccolo, mi accodavo a Pinot e scendevo con lui nell'orto. Quell'uomo semplice e buono mi ripeteva sempre: "ricordati che per fare un orto ci vuole acqua, letame, ma soprattutto una ciuènda!" Sì, per l'orto non basta che ci siano gli elementi che fanno crescere una pianta, ci vuole anche la ciuènda, la recinzione fatta di canne - più tardi sostituita dalla rete metallica - e di pali che protegge l'appezzamento di terra dagli animali che minacciano di devastarlo: cani, conigli, a volte il cinghiale, più raramente anche altre persone attratte dall'idea di poter raccogliere senza aver seminato. Così, alla fine dell'inverno e anche ogni volta che si apriva qualche varco, aiutavo Pinot a riparare la ciuènda e più che i segreti della coltivazione degli ortaggi imparavo una lezione di vita perchè l'orto è una grande metafora della vita spirituale: anche la nostra vita interiore abbisogna di essere coltivata e lavorata, richiede semine, irrigazioni, cure continue e necessita di essere protetta, difesa da intromissioni indebite. L'orto, come lo spazio interiore della nostra vita, è luogo di lavoro e di delizia, luogo di semina e di raccolto, luogo di attesa e di soddisfazione. Solo così, nell'attesa paziente e operosa, nella custodia attenta, potrà dare frutti e suo tempo.


Enzo Bianchi, da "Il pane di ieri"

ora vedo

Un uomo si recò da un monaco di clausura.
Gli chiese: "Che cosa impari mai dalla tua vita di silenzio?".
Il monaco stava attingendo acqua da un pozzo e disse al suo visitatore:
"Guarda giù nel pozzo! Che cosa vedi?".
L'uomo guardò nel pozzo. "Non vedo niente".
Dopo un po' di tempo, in cui rimase perfettamente immobile, il monaco disse al visitatore: "Guarda ora! Che cosa vedi nel pozzo?".
L'uomo ubbidì e rispose: "Ora vedo me stesso: mi specchio nell'acqua".
Il monaco disse: "Vedi, quando io immergo il secchio, l'acqua è agitata.
Ora invece l'acqua è tranquilla.
E' questa l'esperienza del silenzio: l'uomo vede se stesso!".
su pascoli erbosi permettiti di riposare
ad acque tranquille lasciati condurre.

mercoledì 30 marzo 2011

Per dei nomadi (noi) dalla vita raminga, una scoperta semplicemente favolosa

P. Renato ha scritto con grande sapienza in
http://www.laperfettaletizia.com/2011/03/pellegrinaggio-in-terra-dislam.html?sms_ss=facebook&at_xt=4d925f401c166445,0
Incontri essenziali...
...Osservavamo con emozione nella comunità monastica trappista di Midelt il testamento spirituale scritto con le sue stesse mani da Christian, il priore di Tiberhine, e quella forza inaudita di perdono per chi l’avrebbe ucciso che ha stupito il mondo... 
era essere accolti dalla comunità francescana di Meknès, originale, accogliente e giovane, in un’antica casa di rabbini in pieno quartiere popolare musulmano. Diventata un bel centro linguistico. Vi si insegna gratuitamente sei lingue straniere a centinaia di giovani musulmani. Una straordinaria finestra aperta sul mondo e sui valori di altre culture. Una grande lezione di fratellanza in terra d’Islam del figlio più bello di Assisi...
queste comunità, come segno di un’accoglienza fraterna. Ci sorprendeva anche la loro preghiera: una forza interiore che sostiene e aiuta a resistere in prima linea, quali discepoli del Signore nella terra del Profeta. Li contemplavamo immersi nel silenzio. Immobili sulla stuoia per lunghissimi momenti: sembrava dicessero, all’unisono con questo popolo che amano,: “Solo Dio è grande!”. Sì, solo Dio è grande a chi lo sa incontrare...
... era fermarsi dalle Piccole sorelle che accompagnano i nomadi, anch’esse sotto una tenda. E leggere in un semplice pezzo di carta appeso a un tappeto con uno spillo il loro segreto di vita. “Evangelizzare qualcuno è dirgli: anche tu sei amato da Dio. E non solo dirglielo, ma pensarlo realmente. E non solo, ma far sì che nel modo di comportarti con lui senta che c’è in lui qualcosa di più grande e di più nobile di quello che credeva e risvegliarlo a una nuova coscienza di sé”...

i conti con il segno dei chiodi

Di fronte alle esperienze di dolore che incontro nella mia e nelle vite di chi conosco, e soprattutto di fronte a uno dei rimedi che le persone scoprono, quello di levare la  fede dalla propria esistenza, trovo particolarmente illuminanti alcune parole che ho letto in questi giorni in un post di Alessandro D'Avenia:
Forse il crocifisso è tornato osceno come lo è stato nei primi secoli del cristianesimo. Forse lo toglieremo e ci colpirà ancor più la sua assenza, come mi ha detto un amico: «Chi toglie il Crocifisso dai muri non può non fare i conti con il segno dei chiodi».
Quando ci saremo sfilati dalla testa e dal cuore la crocetta, dovremo sempre fare i conti con le ferite lasciate dalla croce, questa volta senza nessuno, senza il Crocefisso.

il luogo privilegiato per imparare, per ascoltare, per umanizzarmi


"Il pane di ieri" di Enzo Bianchi ...per me la tavola è stata sempre, e lo è tuttora, il luogo privilegiato per imparare, per ascoltare, per umanizzarmi. Non è stato forse così fin dall'inizio della vicenda umana? E' quanto affermano gli antropologi, ma è anche quello che verifichiamo noi stessi se usiamo l'intelligenza per esercitarci alla consapevolezza di quello che facciamo. L'umanizzazione è passata principalmente attraverso la tavola, dalla nutrizione alla gastronomia (intesa nel senso letterale di "legge del mangiare"), dalla scoperta alla coltivazione all'adozione del piatto, all'uso della tavola come luogo di incontro e di festa. L'uomo ha cessato di essere un divoratore, un consumatore, frapponendo fra sè e il cibo riti di macellazione, tecniche di cottura, maestria di miscelazioni, arte della presentazione dei piatti, del cibo e del vino: insomma, l'uomo ha abbandonato l'atteggiamento dell'animale cacciatore che mangia la sua preda per assumere quello di chi crea un rapporto con il cibo.

L'uomo è un essere che ha fame e il mondo intero è il suo cibo, l'uomo deve mangiare per vivere, deve assumere il mondo e trasformarlo nella propria carne e nel proprio sangue. L'uomo è quel che mangia e il mondo è la sua tavola universale, ma in questa operazione c'è lotta contro ciò che è animalesco e c'è tragitto di cultura, di comunicazione, in vista di una comunione non solo tra gli esseri umani, ma tra l'umanità e il mondo.

essere pronto

Che cosa è proprio del cristiano? 
Vigilare ogni giorno ed ogni ora, ed essere pronto nel compiere perfettamente ciò che è gradito a Dio, sapendo che nell'ora che non pensiamo il Signore viene.
(Basilio di Cesarea, Regole morali)

martedì 29 marzo 2011

Amo tanto le parole


"La parola" di Pablo Neruda...Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono...Mi inchino dinanzi a loro...Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo...Amo tanto le parole...Quelle inaspettate...Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finchè a un tratto cadono...Vocaboli amati...Brillano come pietre preziose, saltano come pesci d'argento, sono spuma, filo, metallo, rugiada...Inseguo alcune parole...Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia...Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio, mi preparo davanti il piatto, le sento cristalline, vibranti, eburnee, vegetali, oleose, come frutti, come alghe, come agate, come olive...E allora le rivolto, le agito, me le bevo, me le divoro, le mastico, le vesto a festa, le libero...Le lascio come stalattiti nella mia poesia, come pezzetti di legno brunito, come carbone, come relitti di naufragio, regali dell'onda...Tutto sta nella parola...Tutta un'idea cambia perchè una parola è stata cambiata di posto, o perchè un'altra si è seduta come una reginetta dentro una frase che non l'aspettava e che le obbedì...Hanno ombra, trasparenza, peso, piume, capelli, hanno tutto ciò che si andò loro aggiungendo da tanto rotolare per il fiume, da tanto trasmigrare di patria, da tanto essere radici...Sono antichissime e recentissime...Vivono nel feretro nascosto e nel fiore appena sbocciato...

concedici di vedere i nostri peccati


Signore delle nostre vite
allontana da noi
lo spirito dell’ozio
della tristezza
del dominio
e le parole vane.
Accorda ai tuoi servi
lo spirito di castità
di umiltà
di perseveranza
e la carità che non viene mai meno.
Sì, nostro Signore e nostro Re
concedici di vedere i nostri peccati
e di non giudicare i fratelli
e tu sarai benedetto
ora e nei secoli dei secoli.
Amen.
Efrem il Siro
preghiera per la Quaresima

lunedì 28 marzo 2011

non si sa dove porre il proprio cuore


Ma la fede non esclude lo strazio degli occhi che vedono l’amarezza del calice. «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale...

E si gettò con la faccia a terra pregando e dicendo: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice»
(Matteo 26,38-39).
Adesso mi par di comprendere qualche cosa.
Il dare è cosa difficile poiché non si sa dove porre il proprio cuore.
Se io rinuncio a star bene per voler bene... son proprio coloro che non mi capiscono o mi capiscono
male, che mi giudicano un ambizioso, un arruffapopolo... Poi m’insultano, mi denunciano, mi
rinnegano, mi condannano, mi crocifiggono...
Vorrei difendermi.
—  È il mio amore, capite. Non colpitemi la faccia. Ecco l’ora delle tenebre: lo scandalo dell’amore. Gesù
è passato nel fondo di questa valle.
DON PRIMO MAZZOLARI, Dietro la croce,

domenica 27 marzo 2011

fonte eterna

Anche se fa notte, io so bene dove si apre la fonte eterna che scorre nascosta.
Anche se fa notte, la fede mi mostra questa fonte fresca, chiarezza straordinaria nelle tenebre di questa vita.
Anche se fa notte, io so che qualsiasi luce non può che venire da essa, i suoi flutti scorrono nello splendore dell'eternità.
Anche se fa notte, io so che la potenza della sua corrente è tale che essa irriga gli inferni, il cielo e i popoli.

LA PAROLA DI OGGI
27 marzo 2011

tempo-luogo della scoperta

La famiglia è il tempo-luogo della scoperta del bene e del male, della certezza e dell’ambiguità, della solidarietà e dello scontro incomprensibile a occhio bambino.
E’ la gestazione del mistero, della realtà, dei non detti o delle cose indicibili, dell’estraneità vissuta e della protezione cercata. E’ l’impulso a fuggire dal desiderio di ritorno.

Duccio Demetrio – "Album di famiglia”

è ancora più in alto

Eppure, mi fu anche detto, 
e mi pare una gran cosa, 
che quando uno è tranquillo nella propria coscienza
lo stesso soffrire perde molto della sua acerbità.
L’ineffabile della tua agonia, Signore, è ancora più in alto.
don Primo Mazzolari