Alessandro Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, 16
sabato 29 settembre 2012
un pungiglione (senza veleno, beninteso)
La mancanza di ironia, di umorismo, satira, costituisce una grave debolezza dell'ecclesiologia. L'accordo tacito a non scherzare su chi sta in alto loco dimostra chiaramente che la scala dei valori è sconvolta e avrebbe bisogno di essere ripristinata radicalmente. (...) Tra l'altro, ho l'impressione che, nell'area del tempio, ci sia più tolleranza - non dico simpatia - nei confronti della critica, che non dell'umorismo e dell'ironia, che vengono considerati elementi "dissacratori". Forse perché dalla critica ci si può difendere, e magari contrattaccare ad armi pari, ad esempio con la polemica — compresa quella acida e velenosa -, mentre di fronte all'umorismo si è scoperti ("il re è nudo", non c'è scampo). La critica ferisce, ed è possibile reagire, rilanciando con altrettanta virulenza, oppure facendo del vittimismo, o denigrando i colpevoli di lesa maestà. L'ironia, invece, è uno spillo, un pungiglione (senza veleno, beninteso). E quando il pallone è sgonfiato, non ce la fa proprio a reagire, specialmente allorché risulta sprovvisto della stessa arma o non sa usarla. Continuo nelle mie domande: perché la Chiesa, che è sopravvissuta ai persecutori, anzi si è sviluppata e rafforzata grazie ad essi, si mostra talmente debole da aver paura di chi è armato soltanto di una risata? Perché non ci si rende conto che il riso, l'umorismo possono essere preziosi elementi di purificazione?».
venerdì 28 settembre 2012
sibila rabbioso, scompiglia, solleva, trascina, sconvolge, buffa, scombina, scuote, sradica, spazza, schiaffeggia.
Ho il sospetto che
specialmente lo Spirito Santo ami scherzare, farsi gioco delle nostre
previsioni, smentire clamorosamente le nostre sentenze
"inappellabili", mandare all’aria i nostri rigidi schemi.
Sarebbe interessante scrivere la storia della Chiesa mettendo in
evidenza gli scherzi compiuti dallo Spirito, ad esempio suscitando un
san Francesco d’Assisi o un papa Giovanni.
"Venne
all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte
gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano" (Atti
degli Apostoli 2,2).
Per favore, non
blocchiamo le serrature. Almeno una volta, proviamo ad essere
sbadati. Lasciamo socchiuse porte e finestre, in modo che quel vento
impertinente le sbatta fragorosamente e irrompa dentro combinando
tutti gli scherzi che vuole.
Non facciamolo filtrare
semplicemente attraverso le fessure che non riusciamo a tamponare.
Lasciamoci investire in pieno, a costo di ritrovarci stesi a terra,
in pose un po’ goffe.
Permettiamo che sollevi
tendaggi solenni, laceri i veli delicati, mitrie, parrucche e
parrucchini, maschere, occhiali, rughe...
E se strappa qualche
pagina dai nostri codici, dai severi testi teologici, se porta
lontano i fogli dei discorsi già preparati, non rincorriamoli. Il
fuoco, poi, provvederà a incenerirli, e sarà un grosso guadagno per
tutti.
Il vento "scherzoso"
della Pentecoste sibila rabbioso, scompiglia, solleva, trascina,
sconvolge, buffa, scombina, scuote, sradica, spazza, schiaffeggia. È
il suo mestiere. Ma consentiamogli di farlo fino in fondo.
Alessandro
Pronzato, La nostra bocca si aprì al sorriso, 55-56
giovedì 27 settembre 2012
il galateo suggerisce "piu' finezza e piu' sensibilita", oltre che prudenza e fermezza
Mi è piaciuto ma può applicarsi a...
Un galateo per preti: attenti alle parrocchiane invadenti
----------------------------------------------------------------- Il testo pubblicato dalla San Paolo invita a non farsi considerare sostituti del marito Un galateo per preti: attenti alle parrocchiane invadenti ROMA - "Prudenza" e "fermezza" deve usare il prete con le donne: non deve farsi "sequestrare" da quelle che mostrano di volerne fare il "sostituto" del marito e deve badare a non "far girare la testa", anche involontariamente, alle ragazze che frequentano la chiesa. Sono alcune raccomandazioni ai preti, contenute in una piccolo "galateo pastorale", dal titolo "Reverendo, che maniere...", pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Il libro e' stato scritto da un sacerdote di 47 anni, don Mario Delpini, rettore del seminario teologico di Venegono Inferiore (arcidiocesi di Milano). Contiene suggerimenti per correggre i "difetti" di molti preti di oggi. Tra di essi vi e' la vanita' o l'occuparsi troppo degli affari mondani. "Alcuni preti - scrive don Mario - esercitano la loro furbizia nel conseguire scopi ai quali tengono molto, anche se c'entrano poco con il ministero loro affidato". Pensano a incarichi di prestigio, o a legare il loro nome a basiliche "sproporzionate". "Prima o poi - commenta l'autore - i preti furbi arrivano la' dove vogliono, anche a prezzo di trascurare i servizi piu' abituali richiesti dall'esercizio del ministero, come visitare gli infermi, consolare gli afflitti, prendersi cura dei piccoli". Chi sta costruendo una basilica "sproporzionata" non ha tempo di fare catechismo. Don Mario critica i sacerdoti "accentratori" e quelli che si fanno assorbire troppo "da interessi altrui". Nel mirino finiscono i parroci che non pongono la necessaria attenzione ai riti sacri, e che si muovono in queste circostanze con le vesti e gli atteggiamenti di tutti i giorni. Con tali esempi davanti agli occhi - si chiede don Mario - "come faranno i fedeli a comprendere la santita' di certi momenti?". Quanto al terreno scivoloso dei rapporti con le donne, il galateo suggerisce "piu' finezza e piu' sensibilita", oltre che prudenza e fermezza. Il sacerdote "deve vigilare" su quelle parrocchiane che "tendono a sequestrare il prete, con una specie di gelosia". Pagina 15 (16 marzo 1998) - Corriere della Sera
mercoledì 26 settembre 2012
sussurra mille suggestioni, promette cose incredibili, minaccia cose sorprendenti
Il demone si riconosce per un tratto caratteristico che è la loquacità:
«... è terribilmente loquace, e continua a intessere favole lunghissime e menzognere circa la gloria, la bellezza e le delizie di questo mondo. Su questa e su quella sussurra mille suggestioni, promette cose incredibili, minaccia cose sorprendenti; e mille volte, mentendo, mi fa credere di poter fare molte cose che invece non posso fare, o di non poter fare cose che invece posso fare; mi riporta cose strane che dicono di me in bene e in male; discorre con me di molte cose, ora circa la mia scienza, ora circa la mia pietà, ora sui miei comportamenti, ora sulle mie origini familiari, ora sul mio fascino, o la mia eloquenza, o la mia raffinatezza...
La conseguenza è che, parlando con me, mi rende del tutto muto, stupido e sordo».Isacco della Stella, Sermoni, XXXVIII, 8 (monaco inglese, XII secolo)
«... è terribilmente loquace, e continua a intessere favole lunghissime e menzognere circa la gloria, la bellezza e le delizie di questo mondo. Su questa e su quella sussurra mille suggestioni, promette cose incredibili, minaccia cose sorprendenti; e mille volte, mentendo, mi fa credere di poter fare molte cose che invece non posso fare, o di non poter fare cose che invece posso fare; mi riporta cose strane che dicono di me in bene e in male; discorre con me di molte cose, ora circa la mia scienza, ora circa la mia pietà, ora sui miei comportamenti, ora sulle mie origini familiari, ora sul mio fascino, o la mia eloquenza, o la mia raffinatezza...
La conseguenza è che, parlando con me, mi rende del tutto muto, stupido e sordo».Isacco della Stella, Sermoni, XXXVIII, 8 (monaco inglese, XII secolo)
lunedì 24 settembre 2012
volevo una buona poesia, senza esserne capace
Czeslaw Milosz
Cos’è la poesia che non salva
i popoli né le persone?
Una complicità di menzogne ufficiali,
una cantilena di ubriachi, a cui fra un attimo verrà tagliata la gola,
Cos’è la poesia che non salva
i popoli né le persone?
Una complicità di menzogne ufficiali,
una cantilena di ubriachi, a cui fra un attimo verrà tagliata la gola,
una lettura per signorinette.
Che volevo una buona poesia, senza esserne capace,
che ho capito, tardi, il suo fine salvifico,
questo, e solo questo è salvezza.
Che volevo una buona poesia, senza esserne capace,
che ho capito, tardi, il suo fine salvifico,
questo, e solo questo è salvezza.
domenica 23 settembre 2012
Il linguaggio dell’universo è il silenzio
Il linguaggio dell’universo è il silenzio, mentre quello dell’uomo è la parola: nella poesia l’universo e l’uomo si integrano, perché nel linguaggio poetico i silenzi, che si frappongono tra le parole e tra i versi, non sono meno importanti delle parole stesse (Mario Luzi)
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