Uno dei motivi per cui il cristianesimo non è diventato una religione nonviolenta è che Agostino, per primo in casa cristiana, ha elaborato una teologia della «guerra giusta», anziché elaborare una teologia della pace. Da quel momento tutti gli Stati, anche quelli influenzati dal cristianesimo, hanno considerato «giuste» le loro guerre. Si noti: la dottrina della «guerra giusta» rappresentava in un certo senso un superamento della situazione precedente, in cui non ci si poneva neppure il problema se una guerra fosse o non fosse giusta: ogni guerra lo era! Agostino sperava, con la sua dottrina, di arginare il fenomeno della guerra, e non certo di giustificarlo. La storia però ha dimostrato quanto vana, e in fondo ingenua, fosse quella speranza. Ma il cristianesimo ha coltivato, con maggiore o minore convinzione, la dottrina della guerra giusta quasi fino ai nostri giorni. Solo dopo la seconda guerra mondiale si è cominciato a metterla in questione.
Il cristianesimo, non avendo risolto il problema della violenza neppure al suo interno, non ha finora fatto molto per diminuire il tasso di violenza presente in proporzioni allarmanti nel mondo e anche nelle società tradizionalmente considerate cristiane. Ma se è vero che l’unica forza capace di vincere la violenza è la nonviolenza, allora il cristianesimo potrà contribuire a liberare il mondo dal demone della violenza solo diventando quello che finora non è stato, cioè una religione nonviolenta. In realtà, è l’umanità che deve diventare nonviolenta, se vuole sopravvivere. La grande svolta che le è richiesta e che dovrebbe caratterizzare il millennio appena iniziato è forse proprio la conversione alla nonviolenza.
Ma come possiamo pensare che questo accada, se la chiesa stessa non ha ancora sposato la nonviolenza, malgrado l’esempio di Gesù e di Paolo e la bella testimonianza di gruppi e movimenti cristiani nonviolenti, come i Mennoniti, i Quaccheri, il Movimento Internazionale della Riconciliazione e altri ancora? Uomini come Albert Schweitzer e Martin Luther King (ma tanti altri nomi dovrebbero essere fatti) non sono forse stati mandati da Dio alla nostra generazione proprio per indicarci la via stretta ma giusta da percorrere per diventare, come comunità cristiana, una fucina e una scuola di nonviolenza? Non è anche questo un aspetto (uno soltanto, ma quanto importante!) di quel «debito» (Romani 1, 14) che come cristiani abbiamo nei confronti dell’umanità?
Ma come possiamo pensare che questo accada, se la chiesa stessa non ha ancora sposato la nonviolenza, malgrado l’esempio di Gesù e di Paolo e la bella testimonianza di gruppi e movimenti cristiani nonviolenti, come i Mennoniti, i Quaccheri, il Movimento Internazionale della Riconciliazione e altri ancora? Uomini come Albert Schweitzer e Martin Luther King (ma tanti altri nomi dovrebbero essere fatti) non sono forse stati mandati da Dio alla nostra generazione proprio per indicarci la via stretta ma giusta da percorrere per diventare, come comunità cristiana, una fucina e una scuola di nonviolenza? Non è anche questo un aspetto (uno soltanto, ma quanto importante!) di quel «debito» (Romani 1, 14) che come cristiani abbiamo nei confronti dell’umanità?
PAOLO RICCA