Il sole pulito del temporale ventoso di ieri ha dato nuova frizzante freschezza del mio dialetto bresciano in questa rugiada del mio limpido mattino
FELICITÀ
Presentata da Tarcisio Benerecetti all’11° concorso
“Brescia per una poesia in dialetto”
Stimà i culùr de ‘na rösa.
Fermàs per sènter l’udùr
dè ‘na viöla de càmp.
Ènnamuras del profùno
de la pèl de la tò spùsa
e göstà chel del tò scitì.
Sentis el cör cuntènt
e l’amùr
de chi te sta visì.
Capìs sul nèl vardàs,
e sercà de ìga adòs
‘na gran vòia de scampà.
L’è chesta, de sicür
la maniéra piö bela
per rià a la felicità.
Apprezzare i colori di una rosa.
Fermarsi per sentire l’odore
di una viola di campo.
Innamorarsi del profumo
della pelle della tua sposa
e gustare quello del tuo bambino.
Sentirsi il cuore contento
e l’amore
di chi ti sta vicino.
Capirsi solo nel guardarsi
e cercare di avere addosso
una gran voglia di campare.
E di sicuro questo
la maniera più bella
per raggiungere la felicità.
sabato 28 maggio 2011
mi è cara questa dimensione umbratile della vita
Angelo Casati
Non perdiamo tempo a fare lamento sulla notte e sulle ombre. Sarò un bastian contrario, ma mi è cara questa dimensione umbratile della vita e vorrei pregare Dio che me ne lasciasse una qualche misura, anche nell'al di là.
Ricordo che in un vespero, in faccia a monti che amo, stupito dal lento intenerirsi del cielo, mi venne di pregare:
"E se sarà un giorno
luce piena nel tuo regno,
non negare, o Dio,
a questi poveri occhi
il crepitare segreto
delle ombre.
Abito città
dove il sole
è sempre già alto".
Anche la notte non è immobile, anche le ombre non sono ferme. Può sembrare un pensiero bizzarro, ma forse non lo è del tutto se il cardinale Martini, nella prefazione al suo libro-intervista
"Conversazioni notturne a Gerusalemme", riferendosi al fatto che quelle conversazioni tennero le ore della notte, dice:
"di notte le idee nascono più facilmente che nella razionalità del giorno".
Capite, notte come grembo.
Grembo dice nascita, dice vita, e non stanca ripetizione.
Perché non avere occhi, dunque, per il crepitare segreto delle cose?
È vero, forse si era più tranquilli quando ci si chiudeva in una stanza, la nostra, e si pensava che il cielo fosse contenuto in una stanza. Meno problemi, forse, meno interrogativi, meno spaesamento. Ci si poteva anche concedere il lusso di non pensare. Ma a quale prezzo? A prezzo della negazione dell'oltre dell'orizzonte, a
prezzo dell'impoverimento della visione, a prezzo del soffocamento del brivido della ricerca. Chiusi nella prigione di una verità monolitica e spenta, ma chiusi anche nella stanza purtroppo del proprio risentimento, incapaci di dialogo, incapaci di cuore. Fermi, immobili nel pensiero, quasi bastassimo a noi stessi. Mi ritornano al cuore e me lo aprono, mi aprono cuore e intelligenza, le parole di uno dei più limpidi testimoni cristiani in terra di dialogo, il vescovo Pierre Claverie, che diceva: "Credo in Dio, ma non pretendo di possedere quel Dio. Non si possiede Dio. Non si possiede la verità e io ho bisogno della verità degli altri"
Non perdiamo tempo a fare lamento sulla notte e sulle ombre. Sarò un bastian contrario, ma mi è cara questa dimensione umbratile della vita e vorrei pregare Dio che me ne lasciasse una qualche misura, anche nell'al di là.
Ricordo che in un vespero, in faccia a monti che amo, stupito dal lento intenerirsi del cielo, mi venne di pregare:
"E se sarà un giorno
luce piena nel tuo regno,
non negare, o Dio,
a questi poveri occhi
il crepitare segreto
delle ombre.
Abito città
dove il sole
è sempre già alto".
Anche la notte non è immobile, anche le ombre non sono ferme. Può sembrare un pensiero bizzarro, ma forse non lo è del tutto se il cardinale Martini, nella prefazione al suo libro-intervista
"Conversazioni notturne a Gerusalemme", riferendosi al fatto che quelle conversazioni tennero le ore della notte, dice:
"di notte le idee nascono più facilmente che nella razionalità del giorno".
Capite, notte come grembo.
Grembo dice nascita, dice vita, e non stanca ripetizione.
Perché non avere occhi, dunque, per il crepitare segreto delle cose?
È vero, forse si era più tranquilli quando ci si chiudeva in una stanza, la nostra, e si pensava che il cielo fosse contenuto in una stanza. Meno problemi, forse, meno interrogativi, meno spaesamento. Ci si poteva anche concedere il lusso di non pensare. Ma a quale prezzo? A prezzo della negazione dell'oltre dell'orizzonte, a
prezzo dell'impoverimento della visione, a prezzo del soffocamento del brivido della ricerca. Chiusi nella prigione di una verità monolitica e spenta, ma chiusi anche nella stanza purtroppo del proprio risentimento, incapaci di dialogo, incapaci di cuore. Fermi, immobili nel pensiero, quasi bastassimo a noi stessi. Mi ritornano al cuore e me lo aprono, mi aprono cuore e intelligenza, le parole di uno dei più limpidi testimoni cristiani in terra di dialogo, il vescovo Pierre Claverie, che diceva: "Credo in Dio, ma non pretendo di possedere quel Dio. Non si possiede Dio. Non si possiede la verità e io ho bisogno della verità degli altri"
venerdì 27 maggio 2011
come fosse stata la cosa più ovvia del mondo
Tiziano Terzani ad Oriana Fallaci, in "Lettere contro la guerra":
"Mi piace essere in un corpo che ormai invecchia. Posso guardare le montagne
senza il desiderio di scalarle.
Quand'ero giovane le avrei volute conquistare. Ora posso lasciarmi conquistare da loro. Le montagne, come il mare, ricordano una misura di grandezza dalla quale
l'uomo si sente ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno di noi, ma lì è difficile riconoscerla. Per questo siamo attratti dalle montagne. Per questo, attraverso i secoli, tantissimi uomini e donne sono venuti quassù nell'Himalaya, sperando di trovare in queste altezze le risposte che sfuggivano loro restando nelle pianure. E continuano a venire.
L'inverno scorso davanti al mio rifugio passò un vecchio Sanyasin vestito d'arancione. Era accompagnato da un discepolo, anche lui rinunciatario. 'Dove andate, Maharaj?' gli chiesi. A cercare Dio', rispose, come fosse stata la cosa più ovvia del mondo. (...)
Per questo sto, Oriana, anch'io ritirato in questa sorta di baita nell'Himalaya indiana, dinanzi alle montagne più divine del mondo. Passo ore, da solo, a guardarle, lì maestose e immobili, simbolo della più grande stabilità, eppure anche loro, col passare delle ore, continuamente diverse e impermanenti, come tutto nell'universo.
La natura è una grande maestra, Oriana, e ogni tanto bisogna tornare a prendere lezione. Tornaci anche tu.
Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come parte di un tutto molto, molto più grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono più.
Guarda un filo d'erba al vento, e sentiti come lui.
Ti passerà anche la rabbia e sentirai l'amore".
"Mi piace essere in un corpo che ormai invecchia. Posso guardare le montagne
senza il desiderio di scalarle.
Quand'ero giovane le avrei volute conquistare. Ora posso lasciarmi conquistare da loro. Le montagne, come il mare, ricordano una misura di grandezza dalla quale
l'uomo si sente ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno di noi, ma lì è difficile riconoscerla. Per questo siamo attratti dalle montagne. Per questo, attraverso i secoli, tantissimi uomini e donne sono venuti quassù nell'Himalaya, sperando di trovare in queste altezze le risposte che sfuggivano loro restando nelle pianure. E continuano a venire.
L'inverno scorso davanti al mio rifugio passò un vecchio Sanyasin vestito d'arancione. Era accompagnato da un discepolo, anche lui rinunciatario. 'Dove andate, Maharaj?' gli chiesi. A cercare Dio', rispose, come fosse stata la cosa più ovvia del mondo. (...)
Per questo sto, Oriana, anch'io ritirato in questa sorta di baita nell'Himalaya indiana, dinanzi alle montagne più divine del mondo. Passo ore, da solo, a guardarle, lì maestose e immobili, simbolo della più grande stabilità, eppure anche loro, col passare delle ore, continuamente diverse e impermanenti, come tutto nell'universo.
La natura è una grande maestra, Oriana, e ogni tanto bisogna tornare a prendere lezione. Tornaci anche tu.
Chiusa nella scatola di un appartamento dentro la scatola di un grattacielo, con dinanzi altri grattacieli pieni di gente inscatolata, finirai per sentirti sola davvero; sentirai la tua esistenza come parte di un tutto molto, molto più grande di tutte le torri che hai davanti e di quelle che non ci sono più.
Guarda un filo d'erba al vento, e sentiti come lui.
Ti passerà anche la rabbia e sentirai l'amore".
giovedì 26 maggio 2011
Mi dichiaro contro di me
Quando mi imbatto in Don Primo vorrei centellinare ogni parola. E' troppo ingollarlo tutto d'un fiato, ti prende la testa e ti sommerge in un'apnea che costringe il respiro a esplodere in un urlo straziante e incomprensibile come dopo un pugno nello stomaco. Allora calma, devo prendermi tutto il tempo ed il silenzio che posso, per comprendere che la novità che noi siamo è il Vangelo. Avere umiltà per capire che non tutta la nostra novità è il Vangelo, solo così faremo la rivoluzione che non invidia ma che ama.
Rivoluzione cristiana
di don Primo Mazzolari
Non vogliamo una rivoluzione che invidi, ma una rivoluzione che ami: non vogliamo portar via a nessuno il suo piccolo star bene, vogliamo solo impedirgli che il suo piccolo star bene determini lo star male di molti. Vogliamo una rivoluzione che sia la manifestazione liberatrice ed educatrice della nostra pietà e della nostra carità. Il suo punto di partenza non può essere quindi che interiore. Mi dichiaro contro di me: se no, il mio pormi contro gli altri, che fanno l'ingiustizia, avrebbe un significato farisaico e non cambierebbe nulla. Non mi nascondo: mi metto in prima fila, al muro, se occorre: altrimenti sarei un rivoluzionario di mestiere. Una rivoluzione che non mirasse alla piena libertà dell'uomo e alla sua divina dignità sarebbe insopportabile […]. La rivoluzione cristiana, a differenza degli altri movimenti rivoluzionari quasi sempre sporadici e contingenti, ha una tradizione e una continuità, un passato e un domani. Un motivo d'insoddisfazione, che costituisce non la colpa ma la beatitudine dell'uomo che ne è travagliato, ispira e guida la rivoluzione cristiana, che ha la sua storia nella storia della cristianità. Ma non tutta la storia della cristianità è una esperienza rivoluzionaria nel senso vero che deve avere per noi questa parola; quindi, la storia della cristianità va intelligentemente ripulita di quelle scorie e di quegli arresti che, ragionevolmente, scandalizzano quanti non riescono a riallacciarsi, attraverso i rivoli incontaminati di ogni tempo, alla purissima e viva sorgente del Vangelo e della storia della Chiesa. Anche oggi la forza rivoluzionaria cristiana è una divina capacità seminale, più che una serie logica e ben costruita di fatti e di conquiste […]. La conclusione è chiara: abbiamo una tradizione, ma non tutto il passato è il nostro passato; abbiamo una tradizione, ma non tutta la tradizione che passa sotto il nome di cristiana è la nostra tradizione. Siamo la novità, anche se portiamo sulle spalle duemila anni di storia. Il Vangelo è la novità.
Rivoluzione cristiana
di don Primo Mazzolari
Non vogliamo una rivoluzione che invidi, ma una rivoluzione che ami: non vogliamo portar via a nessuno il suo piccolo star bene, vogliamo solo impedirgli che il suo piccolo star bene determini lo star male di molti. Vogliamo una rivoluzione che sia la manifestazione liberatrice ed educatrice della nostra pietà e della nostra carità. Il suo punto di partenza non può essere quindi che interiore. Mi dichiaro contro di me: se no, il mio pormi contro gli altri, che fanno l'ingiustizia, avrebbe un significato farisaico e non cambierebbe nulla. Non mi nascondo: mi metto in prima fila, al muro, se occorre: altrimenti sarei un rivoluzionario di mestiere. Una rivoluzione che non mirasse alla piena libertà dell'uomo e alla sua divina dignità sarebbe insopportabile […]. La rivoluzione cristiana, a differenza degli altri movimenti rivoluzionari quasi sempre sporadici e contingenti, ha una tradizione e una continuità, un passato e un domani. Un motivo d'insoddisfazione, che costituisce non la colpa ma la beatitudine dell'uomo che ne è travagliato, ispira e guida la rivoluzione cristiana, che ha la sua storia nella storia della cristianità. Ma non tutta la storia della cristianità è una esperienza rivoluzionaria nel senso vero che deve avere per noi questa parola; quindi, la storia della cristianità va intelligentemente ripulita di quelle scorie e di quegli arresti che, ragionevolmente, scandalizzano quanti non riescono a riallacciarsi, attraverso i rivoli incontaminati di ogni tempo, alla purissima e viva sorgente del Vangelo e della storia della Chiesa. Anche oggi la forza rivoluzionaria cristiana è una divina capacità seminale, più che una serie logica e ben costruita di fatti e di conquiste […]. La conclusione è chiara: abbiamo una tradizione, ma non tutto il passato è il nostro passato; abbiamo una tradizione, ma non tutta la tradizione che passa sotto il nome di cristiana è la nostra tradizione. Siamo la novità, anche se portiamo sulle spalle duemila anni di storia. Il Vangelo è la novità.
non varcare la soglia della disperazione
PREMESSA
La superstizione di consigliare ci annega in dottrine, contraddittorie, complementari, sempre superflue. Non sappiamo fare un passo senza edificare trenta teorie, smentirne altrettante e porre le fondamenta per un gran numero di altre; non esiste superficie tanto scivolosa alla quale non riusciamo ad attaccarvi la corrispondente etichetta...
Fernando Savater
Ultimo desembarco / Vente a Sinapia
AIUTO
Grande consolazione è il sapere che il mondo sta tutto nei libri, nella loro presenza fisica. "Noi non sappiamo - scrive Andrea Zanzotto - se esiste un paradiso, ma sappiamo che esiste il Paradiso scritto da Dante, e quello c'è di sicuro; è là per tutti, basta che si abbia l'amorosa e paziente volontà di entrarci".
Gianluigi Beccaria
Per difesa e per amore
NULLA ERA ANDATO PERDUTO
Per un possibile discorso
che facemmo (e "memoria" lo chiamasti per farmi capire)
tutto si aprì di fronte a me.
La temperie del vento frantumò i cristalli
e ci trovammo rapidi a sparire
per gli scoscesi destini del mondo.
Dall'apertura del cielo si rappresela coscienza del nostro sentimento
e trasalimmo nel riconoscere che nulla
era andato perduto di ciò che ci aveva creati.
Scendemmo allora quel sentiero mille volte percorso
e quieti ci incamminammo nella sera
che sapeva di timo e gelsomino
ma più di noi,
amanti e amati dal silenzio.
Saint-John Perse
da Amersora in Œuvre poétique
NON volgere la mente verso le plaghe imperdonate e imperdonabili
Credo sia possibile vivere un'altra vita, basta non farsi irretire dal tarlo del rimpianto. Cioran parlava del rimpianto come di una speranza invertita. Per una volta non sono d'accordo con il Maestro. Non c'è alcuna traccia di speranza nel rimpianto: ma solo un decadente - e a tratti autocompiaciuto - volgere della mente verso le plaghe imperdonate e imperdonabili di ciò che si sarebbe voluto fare e non si è fatto...
Amen.
All'inizio vagabondai per la vita
a causa di un amore infelice:
mantenni però in me un minuto foglio di quarzo
e fu grazie ad esso che puntai gli occhi sull'esistenza.
Acquistai gentilezza
pur recandomi spesso al mercato del desiderio
non mancando di bere l'acqua scura dell'invidia,
quell'astio che tanto spesso trasforma noi uomini
in maschere di paura.
Mi sommersi nella melma marina
dove quel fiore, il giglio, di colpo
parve fagocitarmi nel breve volgere di un'onda.
Lì appoggiai il mio piede
mentre il mio spirito slittava pericolosamente
verso il morso dell'abisso.
E' così che nacquero i miei primi versi
è così che li riscattai dalle erbe velenose,
che li brandii contro la solitudine
quasi fossero una colpa da espiare
o tutto ciò che mi restava da opporre
al fiore dell'immoralità.
In questo modo, solitario come l'acqua scura
che emerge da abissi profondi,
passai di mano in mano
nella solitudine di ogni mio simile,
vincendo l'odio e l'invidia di ogni giorno.
Imparai che così vivevano altri uomini,
coperti a metà dal mio stesso fango,
come creature del più strano dei mari,
quello che dal pantano della vita
ci conduce alla morte.
La morte che ci spalancherà strade e portoni.
La morte che - con noi - scivolerà sui muri.
Pablo Neruda
Il poeta
da Canto general
Mi sono servito di testi postati http://akatalepsia.blogspot.com/2008_06_01_archive.html
solo la collocazione spaziale e i titoli sono miei.
Di fronte all'urlo che ti lacera vi è un maldestro tentativo di coprirlo di parole. L'hai soffocato chiudendogli la porta in faccia con gentili scuse. Ma invano.
Devi arrenderti alla coscienza del sentimento che s'è fatto tuo.
Parlare non è necessario, necessario è ascoltare.
Non c’è altro peccato, ti dico, che l'impazienza.
Bisogna dunque riuscire a sentire se il nostro è un tentativo di perdersi o se prevale invece il desiderio di trovarsi.
Sospendo il giudizio per non usare violenza.
Per ora non lo so, non me ne rendo conto, e forse neanche tu.
Ma ti prometto che ci penserò.
Con calma e senza illogiche impazienze...
Vorrei solo che questa mia promessa fosse un caldo abbraccio.
Nel frattempo...sappiamo che esiste il Paradiso scritto da Dante, e quello c'è di sicuro; è là per tutti, basta che si abbia l'amorosa e paziente volontà di entrarci.
La superstizione di consigliare ci annega in dottrine, contraddittorie, complementari, sempre superflue. Non sappiamo fare un passo senza edificare trenta teorie, smentirne altrettante e porre le fondamenta per un gran numero di altre; non esiste superficie tanto scivolosa alla quale non riusciamo ad attaccarvi la corrispondente etichetta...
Fernando Savater
Ultimo desembarco / Vente a Sinapia
AIUTO
Grande consolazione è il sapere che il mondo sta tutto nei libri, nella loro presenza fisica. "Noi non sappiamo - scrive Andrea Zanzotto - se esiste un paradiso, ma sappiamo che esiste il Paradiso scritto da Dante, e quello c'è di sicuro; è là per tutti, basta che si abbia l'amorosa e paziente volontà di entrarci".
Gianluigi Beccaria
Per difesa e per amore
NULLA ERA ANDATO PERDUTO
Per un possibile discorso
che facemmo (e "memoria" lo chiamasti per farmi capire)
tutto si aprì di fronte a me.
La temperie del vento frantumò i cristalli
e ci trovammo rapidi a sparire
per gli scoscesi destini del mondo.
Dall'apertura del cielo si rappresela coscienza del nostro sentimento
e trasalimmo nel riconoscere che nulla
era andato perduto di ciò che ci aveva creati.
Scendemmo allora quel sentiero mille volte percorso
e quieti ci incamminammo nella sera
che sapeva di timo e gelsomino
ma più di noi,
amanti e amati dal silenzio.
Saint-John Perse
da Amersora in Œuvre poétique
NON volgere la mente verso le plaghe imperdonate e imperdonabili
Credo sia possibile vivere un'altra vita, basta non farsi irretire dal tarlo del rimpianto. Cioran parlava del rimpianto come di una speranza invertita. Per una volta non sono d'accordo con il Maestro. Non c'è alcuna traccia di speranza nel rimpianto: ma solo un decadente - e a tratti autocompiaciuto - volgere della mente verso le plaghe imperdonate e imperdonabili di ciò che si sarebbe voluto fare e non si è fatto...
Amen.
Uomo, presta orecchio!
Che dice la profonda mezzanotte?
"Dormivo, dormivo,
da un profondo sonno mi sono svegliata.
Profondo è il mondo,
più profondo di quanto il giorno pensasse.
Profondo è il suo dolore.
Gioia: ancora più profonda del dolore.
Dice il dolore: 'Passa!'
Ma ogni gioia vuole l'eternità
vuole la profonda, più profonda eternità..."
Friedrich Nietzsche
Che dice la profonda mezzanotte?
"Dormivo, dormivo,
da un profondo sonno mi sono svegliata.
Profondo è il mondo,
più profondo di quanto il giorno pensasse.
Profondo è il suo dolore.
Gioia: ancora più profonda del dolore.
Dice il dolore: 'Passa!'
Ma ogni gioia vuole l'eternità
vuole la profonda, più profonda eternità..."
Friedrich Nietzsche
All'inizio vagabondai per la vita
a causa di un amore infelice:
mantenni però in me un minuto foglio di quarzo
e fu grazie ad esso che puntai gli occhi sull'esistenza.
Acquistai gentilezza
pur recandomi spesso al mercato del desiderio
non mancando di bere l'acqua scura dell'invidia,
quell'astio che tanto spesso trasforma noi uomini
in maschere di paura.
Mi sommersi nella melma marina
dove quel fiore, il giglio, di colpo
parve fagocitarmi nel breve volgere di un'onda.
Lì appoggiai il mio piede
mentre il mio spirito slittava pericolosamente
verso il morso dell'abisso.
E' così che nacquero i miei primi versi
è così che li riscattai dalle erbe velenose,
che li brandii contro la solitudine
quasi fossero una colpa da espiare
o tutto ciò che mi restava da opporre
al fiore dell'immoralità.
In questo modo, solitario come l'acqua scura
che emerge da abissi profondi,
passai di mano in mano
nella solitudine di ogni mio simile,
vincendo l'odio e l'invidia di ogni giorno.
Imparai che così vivevano altri uomini,
coperti a metà dal mio stesso fango,
come creature del più strano dei mari,
quello che dal pantano della vita
ci conduce alla morte.
La morte che ci spalancherà strade e portoni.
La morte che - con noi - scivolerà sui muri.
Pablo Neruda
Il poeta
da Canto general
Mi sono servito di testi postati http://akatalepsia.blogspot.com/2008_06_01_archive.html
solo la collocazione spaziale e i titoli sono miei.
Di fronte all'urlo che ti lacera vi è un maldestro tentativo di coprirlo di parole. L'hai soffocato chiudendogli la porta in faccia con gentili scuse. Ma invano.
Devi arrenderti alla coscienza del sentimento che s'è fatto tuo.
Parlare non è necessario, necessario è ascoltare.
Non c’è altro peccato, ti dico, che l'impazienza.
Bisogna dunque riuscire a sentire se il nostro è un tentativo di perdersi o se prevale invece il desiderio di trovarsi.
Sospendo il giudizio per non usare violenza.
Per ora non lo so, non me ne rendo conto, e forse neanche tu.
Ma ti prometto che ci penserò.
Con calma e senza illogiche impazienze...
Vorrei solo che questa mia promessa fosse un caldo abbraccio.
Nel frattempo...sappiamo che esiste il Paradiso scritto da Dante, e quello c'è di sicuro; è là per tutti, basta che si abbia l'amorosa e paziente volontà di entrarci.
finita la buona idea del nostro amore.
Ti guarderò andare
solo, ti guarderò partire.
Il tempo del sogno è finito
finita la buona idea
del nostro amore.
Ti guarderò partire
triste, ti guarderò andare.
Con sulle spalle il peso di una vita,
la mia
perché io
non posso più chiamare vita
quello che mi resta.
Catherine Amy Dawson Scott
da Beyond (Poems)
Ed. G. J. Glaisher, London, 1912.
solo, ti guarderò partire.
Il tempo del sogno è finito
finita la buona idea
del nostro amore.
Ti guarderò partire
triste, ti guarderò andare.
Con sulle spalle il peso di una vita,
la mia
perché io
non posso più chiamare vita
quello che mi resta.
Catherine Amy Dawson Scott
da Beyond (Poems)
Ed. G. J. Glaisher, London, 1912.
mercoledì 25 maggio 2011
mi tenta, oggi, la cella appartata
Ho avuto teatri immensi,
arene, popolari tendoni,quando gestire il dramma aveva il senso
di una collettiva funzione.
La nuova era ha sommerso
di tele-rumori la civiltà;
un'ignava e matta bestialità
i fogli del Libro ha disperso.
E mi tenta, oggi, la cella appartata
in cui in pochi e per pochi
(o addirittura per l'età futura?)
dire l'epilogo di una morta avventura,
i suoni-traccia di una parola passata.
Perché il linguaggio resista,
sottrarre le schede al Medioevo che avanza;
serbare l'archetipo con monacale pazienza;
farsi - da istrione - archivista.
Vittorio Gassman
Tramandare da Vocalizzi
si diventa vecchi perché si è abbandonato il nostro ideale
La giovinezza non è un periodo della vita
essa è uno stato dello spirito,
un effetto della volontà,
una qualità dell’immaginazione,
un’intensità emotiva,
una vittoria del coraggio sulla timidezza,
del gusto dell’avventura sull’amore del conforto.
essa è uno stato dello spirito,
un effetto della volontà,
una qualità dell’immaginazione,
un’intensità emotiva,
una vittoria del coraggio sulla timidezza,
del gusto dell’avventura sull’amore del conforto.
Non si diventa vecchi per aver vissuto un certo numero di anni,
si diventa vecchi perché si è abbandonato il nostro ideale.
si diventa vecchi perché si è abbandonato il nostro ideale.
Gli anni aggrinziscono la pelle,
la rinuncia al nostro ideale aggrinzisce l’anima.
Le preoccupazioni, le incertezze, i timori e i dispiaceri
sono i nemici che, lentamente, ci fanno piegare verso la terra
e diventare polvere prima della morte.
Giovane è colui che si stupisce e si meraviglia,
che domanda come un ragazzo insaziabile: “E dopo?”
che sfida gli avvenimenti e trova la gioia nel gioco della vita.
Voi siete così giovani come la vostra fede,
così vecchi come la vostra incertezza,
così giovani come la vostra speranza,
così vecchi come il vostro scoramento.
Voi resterete giovani fino a quando resterete ricettivi,
ricettivi a ciò che è bello, buono e grande,
ricettivi ai messaggi della natura, dell’uomo, dell’infinito.
Se un giorno il vostro cuore dovesse essere morso dal pessimismo
e corroso dal cinismo,
possa Dio aver pietà delle vostre anime di vecchi.
(Generale Douglas Mac Arthur)
Discorso ai cadetti di West Point - 1945
martedì 24 maggio 2011
devi solo prendermi
Foglietto illustrativo
Sono un tranquillante,
Agisco in casa,
funziono in ufficio,
affronto gli esami,
mi presento all'udienza,
incollo con cura le tazze rotte -
devi solo prendermi,
farmi sciogliere sotto la lingua,
devi solo mandarmi giù
con un sorso d'acqua.
So come trattare l'infelicità,
come sopportare una cattiva notizia,
ridurre l'ingiustizia,
rischiarare l'assenza di Dio,
scegliere un bel cappellino da lutto.
Che cosa aspetti -
fidati della pietà chimica.
Sei un uomo (una donna) ancora giovane,
dovresti sistemarti in qualche modo.
Chi ha detto che la vita va vissuta con coraggio?
Consegnami il tuo abisso -
lo imbottirò di sonno.
Mi sarai grato (grata) per la caduta in piedi.
Vendimi la tua anima.
Un altro acquirente non capiterà.
Un altro diavolo non c'è più.
-- Wislawa Szymborska
a proposito di elezioni... amaro
Stultorum infinitus est numerus...
Oggi il popolo, privo di buon senso, si fa difensore del suo stesso male.
Così càpita come nei comizi, quando a meravigliarsi che certuni siano stati eletti pretori sono gli stessi che li hanno votati, una volta che il favore popolare (che è mutevole) è cambiato.
Approviamo una cosa e la disapproviamo subito dopo: ecco il risultato di un parere espresso in base all'opinione della maggioranza. Lucio Anneo Seneca De vita beata, I, 5
Oggi il popolo, privo di buon senso, si fa difensore del suo stesso male.
Così càpita come nei comizi, quando a meravigliarsi che certuni siano stati eletti pretori sono gli stessi che li hanno votati, una volta che il favore popolare (che è mutevole) è cambiato.
Approviamo una cosa e la disapproviamo subito dopo: ecco il risultato di un parere espresso in base all'opinione della maggioranza. Lucio Anneo Seneca De vita beata, I, 5
lunedì 23 maggio 2011
A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca
«La dottrina del primato della coscienza sulla legge dello Stato» è certamente, scrive con candore don Milani, «dottrina di tutta la Chiesa». Era il 1965. E quello fu anche l’anno della Dignitatis humanae, che in coda al Concilio Vaticano II dichiarava: «Gli imperativi della legge divina l’uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente... Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza». Ecco: quell’anno fu pensata fino in fondo, e dimostrata possibile, la radicale laicità di un cattolicesimo che veramente avesse voluto rinnovarsi al fuoco dello spirito, o meglio del Vangelo. Se questo pensiero avesse vinto, la storia del nostro paese sarebbe stata diversa, e – per l’influenza della Chiesa – anche la storia del mondo. Perciò è importante capire fino in fondo questo pensiero, che fu invece sconfitto, e poi calunniato, e poi sepolto. ROBERTA DE MONTICELLI
Per tutto l'articolo
http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/403051/
Per tutto l'articolo
http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/403051/
domenica 22 maggio 2011
Fossi stato zitto niente sarebbe cambiato
Siamo andati stamattina nel cortile del pretorio.
C'era da urlare. Barabba, Barabba gridavano tutti.
Ed anch'io, perchè era dei nostri
anche se crudele e assassino
e cosa è mai questa nuova moda
di favorire profeti stranieri.
Non riuscirà questa gente da fuori
a toglierci dalle nostre abitudini
da ciò che conosciamo, dal nostro posto.
Fossi stato zitto niente sarebbe cambiato.
Così ho gridato anch'io Barabba, Barabba
Ed ho esattamente quello che ho voluto.
http://berlicche.splinder.com/post/24572605/barabba-barabba
Per motivi indipendenti della mia volontà in questa tornata sono stato zitto eppure il mondo è cambiato.
C'era da urlare. Barabba, Barabba gridavano tutti.
Ed anch'io, perchè era dei nostri
anche se crudele e assassino
e cosa è mai questa nuova moda
di favorire profeti stranieri.
Non riuscirà questa gente da fuori
a toglierci dalle nostre abitudini
da ciò che conosciamo, dal nostro posto.
Fossi stato zitto niente sarebbe cambiato.
Così ho gridato anch'io Barabba, Barabba
Ed ho esattamente quello che ho voluto.
http://berlicche.splinder.com/post/24572605/barabba-barabba
Per motivi indipendenti della mia volontà in questa tornata sono stato zitto eppure il mondo è cambiato.
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