sabato 20 novembre 2010

di norma è intervenuta senza invito e senza essersi fatta annunciare


Nella lingua inglese il verbo (to) happen e il sostantivo happiness presentano curiosamente la stessa radice: -hap. A ben guardare, l’etimologia dei due termini è rivelatrice dell’indissolubile rapporto che lega il caso (ciò che succede, ciò che capita) alla felicità. A proposito di quest’ultima Arthur Schopenhauer ebbe modo di scrivere:
“Quando si trova davvero, di norma è intervenuta senza invito e senza essersi fatta annunciare, di propria iniziativa e sans façon; spesso scivola dentro furtivamente nelle occasioni meno importanti e più futili, nelle circostanze più ordinarie”.
Insomma, la felicità capita. Non solo cercarla può risultare infruttifero, ma paradossalmente può essere fonte d’infelicità. Come dire: cercare il fuoco e trovare l’acqua, o viceversa, come preferite.

Il mondo in cui ciascuno vive dipende in primo luogo dal proprio modo di concepirlo


Il mondo in cui ciascuno vive dipende in primo luogo dal proprio modo di concepirlo, quindi si conforma ai differenti caratteri mentali: in base a tali differenze sarà povero, scialbo e piatto, oppure ricco, interessante e pieno di significato.
Ad esempio, mentre si invidiano a qualcuno le circostanze interessanti che gli si sono presentate nella vita, si dovrebbe piuttosto invidiargli la capacità di comprendere che conferisce a quelle circostanze il significato assunto nella sua descrizione: perchè le medesime circostanze che in una mente intelligente si configurano così interessanti, sperimentate da una mente mediocre non sono più di una insulsa scena di un mondo del tutto ordinario.
Ciò appare in tutta evidenza in svariate poesie di Goethe e di Byron palesemente tratte da circostanze reali: un lettore poco accorto è capace di invidiare il poeta per l’avvenimento così gratificante anzichè per la possente fantasia che da un episodio abbastanza comune ha saputo trarre qualcosa di sommamente grande e bello.
tratto dagli Aforismi sulla saggezza del vivere di Arthur Schopenhauer

stringe i denti piuttosto che far uscire una sola parola di notte

L'ironia è una manifestazione dell'avarizia, una contrazione dell'intelligenza che stringe i denti piuttosto che far uscire una sola parola di notte.
L'umorismo, al contrario, è una manifestazione della generosità: sorridere di ciò che si ama è amarlo doppiamente.

Christian Bobin, Il distacco dal mondo, 5

venerdì 19 novembre 2010

nella corsa non sempre vince chi va più veloce

PREGHIERA PER LA TRANQUILLITÀ 
Rallegra il ritmo della mia vita, Signore.
Calma il battito del mio cuore, acquietando la mia mente.
Rallenta il mio passo frettoloso, con una visione delle eterne distese del tempo.
Dammi, in mezzo alla confusione quotidiana, la quieta stabilità delle montagne.
Spezza la tensione dei miei nervi e dei miei muscoli con la serena musica dei ruscelli e degli uccellini, vivente nella mia memoria.
Aiutami a conoscere il magico potere ristoratore del sonno.
Insegnami l'arte di prendermi brevi momenti di sosta, di rallentare il mio ritmo, per osservare in meditativo raccoglimento le bellezze del tuo Creato.
Insegnami ad ascoltare brani di musica trascendentale delle Tue cose Create e trasfonderle nel mio spirito, quale soave balsamo per la mia mente stanca e per conoscere meglio Te. Ricordami e fa' in modo ch'io possa imparare che nella corsa non sempre vince chi va più veloce, che della vita si può far qualcosa di meglio che aumentare sempre più la sua velocità.
Fa' che io levi lo sguardo alla quercia torreggiante e sappia che essa è venuta grande e forte perché è cresciuta lentamente e bene.
Rallenta il ritmo della mia vita, Signore, ed ispirami ad affondare le mie radici nel suolo dei valori durevoli, nei sentimenti più alti, affinché io possa innalzarmi verso l'Infinito Cosmo alla ricerca di Te e di conseguenza del mio più grande destino, nella totale comprensione di essere figlio Tuo e parte di Te nel Tutto
.
Ithacar di Masar

il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell'avere nuovi occhi... François Voltaire

"Come massima disgrazia della nostra epoca, che non permette ad alcunché di pervenire a maturità, devo considerare il fatto che nell’istante prossimo si consuma quello precedente, si sprecano i giorni e si vive sempre alla giornata, senza combinare nulla"
(J. W. Goethe, lettera del novembre 1825)
"Ci vuole - dice il regista  Kiarostamiuno sguardo semplice per dire cose complesse. Tutto dipende da chi guarda chi, e dal modo in cui lo fa... (...) Bisogna saper guardare, saper vedere. Tutto si riassume nel modo di vedere. I (...) Un giorno stavo passeggiando per strada con mio figlio, era ancora un bambino, e mi disse: "Papa, l'occhio è proprio una cosa bizzarra!" Allora gli ho chiesto: e perché? Mi rispose: "Perché due vetri rotondi e cosi piccoli sono capaci di vedere tutte queste cose cosi grandi". (...) Talvolta i bambini ricordano agli adulti che bisogna meravigliarsi, che non devono guardare la vita in maniera superficiale, ma aprire bene gli occchi e approfittare dell'istante. Basta guardare in modo semplice”.

C'è anche il silenzio


Le parole sono buone.
Le parole sono cattive.
Le parole offendono.
Le parole chiedono scusa.
Le parole bruciano.
Le parole accarezzano.
Le parole sono date, scambiate, offerte, vendute e inventate.
Le parole sono assenti.
Alcune parole ci succhiano, non ci mollano; sono come zecche: si annidano nei libri, nei giornali, negli slogan pubblicitari, nelle didascalie dei film, nelle carte e nei cartelloni.
Le parole consigliano, suggeriscono, insinuano, ordinano, impongono, segregano, eliminano.
Sono melliflue o aspre.
Il mondo gira sulle parole lubrificate con l'olio della pazienza.
I cervelli sono pieni di parole che vivono in santa pace con le loro contrarie e nemiche.
Per questo le persone fanno il contrario di quel che pensano, credendo di pensare quel che fanno.
Le parole hanno cessato di comunicare.
Ogni parola è detta perché non se ne oda un'altra.
La parola, anche quando non afferma, si afferma.
La parola non risponde né domanda: accumula.
La parola è l'erba fresca e verde che copre la superficie dello stagno.
La parola è polvere negli occhi e occhi bucati.
La parola non mostra.
La parola dissimula.
Per questo urge mondare le parole perché la semina si muti in raccolto.
Perché le parole siano strumento di morte o di salvezza.
Perché la parola valga ciò che vale il silenzio dell'atto.
C'è anche il silenzio.
Il silenzio, per definizione, è ciò che non si ode.
Il silenzio ascolta, esamina, osserva, pesa e analizza.
Il silenzio è fecondo.
Il silenzio è terra nera e fertile, l'humus dell'essere, la tacita melodia sotto la luce solare.
Cadono su di esso le parole. Tutte le parole. Quelle buone e quelle cattive.
Il grano e il loglio.
Ma solo il grano dà il pane.

(Josè Saramago ''Di questo mondo e degli altri''

giovedì 18 novembre 2010

Dire una cosa è troppo poco. Le cose bisogna viverle. Franz Kafka

«L'eccessivo valore che diamo ai minuti,
la fretta che sta alla base del nostro vivere,
è senza dubbio il peggior nemico del piacere.»
(Hermann Hesse)

Ci sono persone che è bello stare ad ascoltare: lo è per il suono della voce, la gestualità, per come lo sguardo incrocia il tuo, lo cerca e gli parla.  Per la franchezza negli occhi, per come ti stringono la mano, per il lampo di intelligenza che passa sul viso e anche per la tranquillità, la calma, la sicurezza nei gesti e nelle parole.

mercoledì 17 novembre 2010

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.


(Jorge Luis Borges - da La cifra (1981)
Tratto da Tutte le opere – vol. II - Meridiani Mondadori, 1986)

mentre i libri, loro non ti abbandonano mai

da “Una storia di amore e di tenebra”di Amos Oz, autobiografico, riporto questo passo.
"(...) mamma mi disse che i libri erano capaci di cambiare, con gli anni, proprio come cambiano le persone, ma con la differenza che le persone, quasi tutte, prima o poi finisce che ti abbandonano, quando arriva il giorno in cui non ricavano da te più nessun profitto o piacere o interesse o quanto meno un buon sentimento, mentre i libri, loro non ti abbandonano mai.
Tu sicuramente li abbandoni di tanto in tanto, i libri, magari li tradisci anche, loro invece non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sullo scaffale.
Aspettano financo decenni. Senza lamentarsi. Finchè un giorno, magari alle tre di notte, hai improvvisamente bisogno di uno di loro, e anche se magari l'hai abbandonato, quasi cancellato dalla tua mente, per anni e anni, lui non ti delude, scende dal suo posto e ti sta accanto, nel momento del bisogno.
Senza sussiego, senza inventarsi delle scuse, senza domandare a se stesso se gli conviene e lo meriti e se gli vai ancora bene, viene a te non appena lo chiami. Non ti tradisce mai."

martedì 16 novembre 2010

come si può costatare frequentando gli studenti universitari

"In Italia e anche in altri Paesi folle devote riempiono ogni tanto con fervore le piazze e grandi occasioni rituali destano il momentaneo interesse della gente e dei media, ma le chiese si svuotano ogni giorno di più, sacramenti come il battesimo e il matrimonio religioso cadono sempre più in disuso e sopratutto sparisce la cultura cristiana e cattolica, la conoscenza elementare dei fondamenti della religione e perfino dei più classici passi e personaggi evangelici, come si può costatare frequentando gli studenti universitari. Si tratta di una grande mutilazione per tutti, credenti e non credenti, perché quella cristiana è una delle grandi drammatiche sintassi che permettono di leggere, ordinare e rappresentare il mondo, di dirne il senso e i valori, di orientarsi nel feroce e insidioso garbuglio del vivere».

(Claudio Magris, «Quando scompare il senso religioso», in Corriere della sera, 12 giugno 2004, p.1)

per “origliare” noi stessi è leggere la grande letteratura

Uno dei modi che abbiamo per “origliare” noi stessi è leggere la grande letteratura. Senza letture perdiamo l’orecchio interiore. E chi non si ascolta prima o poi sente nostalgia di sé. Paradossi della lettura: lasciare tutto per trovare tutto.
***
“Io scrivo. Il mondo non mi si chiude addosso, non diventa più angusto. Mi si apre davanti,verso un futuro, verso altre possibilità. Io immagino. L’atto stesso di immaginare mi ridà vita. Creo personaggi. Talora ho l’impressione di trarli dal ghiaccio in cui li ha imprigionati la realtà. Ma forse, più di tutto, sto estraendo me stesso da quel ghiaccio”
D.Grossman, Con gli occhi del nemico, (Saggi sulla scrittura) p. 48
http://www.profduepuntozero.it/2010/11/10/lasciare-tutto-per-trovare-tutto/

lunedì 15 novembre 2010

Io posso scantonare, lui no


Zaccheo
"Io posso anche non vederlo il Signore: lui, mi vede sempre, non può non vedermi. Io posso scantonare, lui no. L’amore si ferma e viene inchiodato dalla pietà. (…) Quando l’amore si ferma davanti all’inamabile, e , in luogo d’inorridirne, si china, l’amore prende il nome di pietà. Io guardo e mi scandalizzo, guardo e giudico, guardo e condanno, guardo e tiro dritto: lui mi guarda, si ferma e si muove a pietà. (…) La pietà riscopre e riveste. La primavera è la pietà che passa sui campi e sugli alberi e li riveste di erbe, di foglie e di fiori. La speranza è la pietà che passa attraverso le tombe e scrive su ognuna: “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se morto, vivrà”. Primo Mazzolari

domenica 14 novembre 2010

Un libro che voglio avere sul comodino

In ogni tempo e in ogni condizione culturale, l’anima può ammalarsi, può avere il fiato grosso e non riuscire a mantenere il passo, ma certamente il contesto socio-culturale in cui viviamo sembra favorire questo genere di disagio che, chi più chi meno, tutti sperimentiamo. Quali possono essere le terapie per curare l’anima? Che cosa fare per ossigenarla e tonificarla?
Questo libro di François Garagnon è una proposta proprio in questa direzione: un concentrato di pensieri che possono alimentare in modo positivo il nostro sguardo sulla vita quotidiana. Può essere paragonato agli erbari e a quella farmacopea naturale e salutare che dà vitalità al corpo ed energia allo spirito. Scrive l’Autore di questa raccolta di pensieri:
Stupirsi conduce in qualche modo a far convogliare le circostanze più favorevoli al centro della nostra vita. Rivelare un cuore amorevole con costanza coincide con l’attirare le condizioni propizie alla propria fortuna.Questi pensieri positivi offrono stimoli per coltivare lo stupore, segreto infallibile di serenità e di gioia.




L’autore, ponendosi come obiettivo la terapia dell’anima, ha scelto quelle frasi più significative per far raggiungere al lettore quegli stati d’animo di serenità con se stessi, indispensabili per poi perseguire quelli collegati alla relazione con il mondo esterno. François Garagnon cerca di “somministrare” giorno per giorno pillole di saggezza trasversale attingendo a tutte le culture, da quella occidentale a quella orientale e vuole portare il lettore verso una piena guarigione interiore.

Una guarigione che significa non essere in ansia, non sentirsi in colpa, non provare disagio, non vivere troppo in tensione né troppo rilassati, e significa anche non buttarsi a capofitto nell’attivismo sfrenato o al contrario abbandonarsi alla pigrizia. Terapia dell’anima vuol dire soprattutto non cedere all’esaltazione e nemmeno allo scoraggiamento, non credersi superiori né inferiori agli altri, instaurando invece una buona conoscenza di se stessi (dei propri limiti e delle proprie capacità) in vista di una buona relazione con il prossimo. 

Nell’istruzioni per l’uso (del libro) François Garagnon suggerisce diverse chiavi di lettura. Personalmente mi piace citarne soprattutto uno e cioè l’apertura casuale del testo. “Le parole che vi appaiono – dice l’autore – corrispondono spesso in modo inquietante al vostro stato d’animo del momento, risvegliando una disposizione mentale propizia all’intuito e al discernimento, creando ripercussioni del tutto particolari.” Ecco la potenza terapeutica della parola e soprattutto di quella casuale! Provare per credere.

non so dir per niente se peggiore sia, a conti fatti, la sua solitudine o la mia




Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare,
l' odore quasi povero di roba da mangiare,
lo vedo nella luce che anch' io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da trenta candele,
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani:
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani.

Lo sento quando torno stanco e tardi alla mattina
aprire la persiana, tirare la tendina
e mentre sto fumando ancora un'altra sigaretta,
andar piano, in pantofole, verso il giorno che lo aspetta
e poi lo incontro ancora quando viene l' ora mia,
mi dà un piacere assurdo la sua antica cortesia:
"Buon giorno, professore. Come sta la sua signora?
E i gatti? E questo tempo che non si rimette ancora..."

Mi dice cento volte fra la rete dei giardini
di una sua gatta morta, di una lite coi vicini
e mi racconta piano, col suo tono un po' sommesso,
di quando lui e Bologna eran più giovani di adesso...

Io ascolto e i miei pensieri corron dietro alla sua vita,
a tutti i volti visti dalla lampadina antica,
a quell' odore solito di polvere e di muffa,
a tutte le minestre riscaldate sulla stufa,
a quel tic-tac di sveglia che enfatizza ogni secondo,
a come da quel posto si può mai vedere il mondo,
a un' esistenza andata in tanti giorni uguali e duri,
a come anche la storia sia passata fra quei muri...

Io ascolto e non capisco e tutto attorno mi stupisce
la vita, com'è fatta e come uno la gestisce
e i mille modi e i tempi, poi le possibilità,
le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità
e ancora mi domando se sia stato mai felice,
se un dubbio l' ebbe mai, se solo oggi si assopisce,
se un dubbio l' abbia avuto poche volte oppure spesso,
se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso...

Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti, la sua solitudine o la mia...

Diremo forse un giorno: "Ma se stava così bene..."
Avrà il marmo con l' angelo che spezza le catene
coi soldi risparmiati un po' perchè non si sa mai,
un po' per abitudine: "eh, son sempre pronti i guai" .
Vedremo visi nuovi, voci dai sorrisi spenti:
"Piacere", "E' mio", "Son lieto", "Eravate suoi parenti?"
E a poco a poco andrà via dalla nostra mente piena:
soltanto un' impressione che ricorderemo appena...


francesco guccini

 

TESTO IL PENSIONATO