sabato 12 febbraio 2011

non si trattava affatto d’una finzione, d’un trucco, bensì d’una amara realtà


Nel 1968 – quando era ancora cardinale – Joseph Ratzinger scrisse un libro dal titolo “Introduzione al cristianesimo” divenuto in brevissimo tempo un punto di riferimento teologico circa il discorso della fede cristiana. In questo testo (giunto oggi alla dodicesima ristampa) Ratzinger introduce il primo capitolo dal titolo: “E’ ancora possibile credere nel mondo attuale?” raccontando un celebre apologo di S. Kierkegaard che vale la pena di rileggere.
La storiella è interessante. 
Narra come un circo viaggiante in Danimarca fosse un giorno caduto in preda ad un incendio. Ancora mentre da esso si levavano le fiamme, il direttore mando il clown già abbigliato per la recita a chiamare aiuto nel villaggio vicino, oltretutto anche perché c’era pericolo che il fuoco, propagandosi attraverso i campi da poco mietuti e quindi aridi, s’appiccasse anche al villaggio. Il clown corse affannato al villaggio, supplicando i paesani ad accorrere al circo in fiamme, per dare una mano a spegnere l’incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio unicamente per un astutissimo trucco del mestiere, tendente ad attrarre la più gran quantità possibile di gente alla rappresentazione; per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime. Il povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere; e tentava inutilmente di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando loro che non si trattava affatto d’una finzione, d’un trucco, bensì d’una amara realtà, giacché il circo stava bruciando per davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate: si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda… La commedia continuò così, finche il fuoco s’appiccò realmente al villaggio, ed ogni aiuto giunse troppo tardi: sicché villaggio e circo andarono entrambi distrutti dalle fiamme”.
Il significato di questo racconto e l’immagine che esso propone è ancora oggi di grandissima attualità.
Tutti coloro, infatti, che oggi (nei diversi stati di vita: sacerdotale, coniugale, laicale), in quanto battezzati, sono chiamati ad annunciare il Vangelo di Cristo vengono inesorabilmente etichettati dal mondo moderno (dal vicino di casa ai colleghi di lavoro ecc.) e allontanati perché già in partenza si conosce la verità scomoda che vogliono annunciare. Il problema, a mio modo di vedere, è anche un altro, almeno da parte di coloro che sono chiamati all’annuncio: diventare non un ripetitore di formule teologiche ma fare della propria persona una testimonianza di vita cristiana. E’ il tuo modo di vivere, il giudizio che hai sulle cose, l’attenzione che rivolgi agli altri che possono dire che tipo di cristiano sei e di che pasta sei fatto.
Oggi noi, erroneamente, riteniamo che per testimoniare al meglio il Vangelo di Cristo si debbano tediare gli altri con lunghissime prediche dogmatiche e spiritualeggianti che poi costringono chi ti sta davanti a scappare e a cambiar strada tutte le volte che vieni incrociato!
Madeleine  Delbrêl diceva:
“La Chiesa ci alleva, ci educa, ci istruisce, ci forma perché in essa diventiamo Vangelo vivente.
Tutto nella Chiesa mira a ciò.
E noi, da quelle infime terminazioni nervose che siamo nel corpo della Chiesa, dobbiamo, come tutto il resto, diventare questo Vangelo vivente.
[…] Dobbiamo seguire l’istinto della Chiesa che rivendica il diritto di camminare su tutte le strade” . http://nobell.it/che-tipo-di-cristiano-sei.html

Non farmi sprecare mai il mio dolore

Signore,
Non farmi sprecare mai il mio dolore; perché…
fallire senza imparare,
cadere senza rialzarsi,
peccare senza superare i peccati,
essere feriti senza perdonare,
essere scontenti senza migliorare,
essere schiacciati senza diventare più attenti,
soffrire senza diventare più sensibili,
rende la sofferenza un esercizio inutile,
senza senso….

Autore: Bruno Ferrero

venerdì 11 febbraio 2011

Ci deve essere un uomo che non rinuncia al suo gesto di dignità

Maggiani Maurizio scrive, ci fa riflettere sui nostri comportamenti sulla nostra  dignità Una cosa ben fatta è una cosa bella, la bellezza è un’opera della dignità. La bellezza non la sa dire nessuno, la bellezza la si fa, ognuno la sua parte. Ci deve essere un uomo, o un’impresa di uomini, ovunque e in ogni tempo, che non rinuncia al suo gesto di dignità, che genera bellezza. Basterebbe domani prendere mezz’ora di tempo, rubarlo alla futilità per cercare una cosa buona e utile, e saremmo già nel cuore della resistenza alla nostra epoca.” 
e continua ricordandoci della grandezza della nostra vita.
«Se c’è un’espressione che non mi è mai piaciuta, questa è proprio “la vita è bella”. Io non credo che la vita sia bella, credo sia grande. E dentro la grandezza della vita c’è anche la bellezza, naturalmente. La vita è grande anche nelle sue brutture o fatiche.  Accettare, assumere in sé la responsabilità della grandezza della propria vita è il gesto più bello e più generante bellezza che un uomo possa fare. Nell’atto di accettare la grandezza della propria vita, c’è la linea. Quella che ti porta a resistere allo spirito del tempo. È l’estrema resistenza e dignità della bellezza violata. È il gesto di un pazzo ottimismo»
Cosa aspettiamo per arruolarci in questa nuova e vecchia resistenza contro lo spirito del tempo con la speranza folle di cui siamo ancora capaci.

quelle che s’incontrano ogni giorno

lo mi abbandono, o Dio, nelle tue mani.
Gira e rigira quest’argilla come creta nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi, come fu spezzata la vita di John, mio fratello. Domanda, ordina: “cosa vuoi che io faccia, cosa vuoi che io non faccia?”
Innalzato, calunniato, consolato, sofferente, inutile a tutto.
Non mi resta che dire, ad esempio della tua Madre:
«Sia fatto di me secondo la tua parola».
Dammi l’Amore per eccellenza, l’amore della croce,
ma non delle croci eroiche che potrebbero nutrire l’amor proprio,
di quelle Croci volgari, che purtroppo, porto con ripugnanza:
di quelle che s’incontrano ogni giorno nella contraddizione,
nell ‘oblio, nell’insuccesso, nei falsi giudizi, nella freddezza, nei rifiuti,
nei disprezzi degli altri, nel malessere e nei difetti del corpo,
nelle tenebre della mente e nel silenzio e aridità del cuore.
Allora, solamente Tu saprai che Ti amo,
anche se non lo saprò io, ma questo mi basta.

Robert Kennedy

giovedì 10 febbraio 2011

avere sempre buona e alta considerazione degli altri


Questa mattina mi lascio condurre dal capitolo secondo della prima parte dell'Imitazione di Cristo
Anche se ti pare di sapere molte cose; anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta piuttosto la tua ignoranza...
Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande sapienza e perfezione...


Anche se tu vedessi un altro cadere manifestamente in peccato, o commettere alcunché di grave, pur tuttavia non dovresti crederti migliore di lui; infatti non sai per quanto tempo tu possa persistere nel bene. Tutti siamo fragili; ma tu non devi ritenere nessuno più fragile di te.
Aggiungere parole sarebbe disattendere quanto mi viene detto.
Buona giornata.

mercoledì 9 febbraio 2011

Intrecciamo nodi e leghiamo alle parole significati ambigui e poi li sciogliamo- SENECA

Quanto citerò in questo blog è  molto lungo ma spero leggibile per uscire dall'ambiguità delle parole ed avere dei pensieri semplici che governino il nostro vivere. sono tratti dalla lettera 45 a Lucilio di Seneca. Dopo essersi schernito di fronte alla richiesta dell'amico "Vorrei,", dici, "che tu mi dessi più libri che consigli." sottolineando "So che questa richiesta è dettata da benevolenza, non da un giudizio ponderato; e se pure nasce da un giudizio, te lo ha imposto la tua indulgenza." scrive con forza "Dobbiamo cercare con tutta la nostra intelligenza di non farci ingannare non tanto dalle parole, quanto dalle cose." Così nello svelamento delle ambiguità ci dà delle belle descrizioni dei nostri comportamenti.
Come distinguere l'amicizia dall'adulazione
6 Perché fare distinzione tra parole simili, da cui nessuno è tratto in inganno, se non in una disputa? È la realtà che ci inganna; qui servono le distinzioni. Noi abbracciamo il male credendolo il bene; formuliamo desideri contrari a quelli precedenti; le nostre preghiere, le nostre decisioni sono in contrasto tra loro.
7 Quanto è simile l'adulazione all'amicizia! Non solo la imita, ma la vince e la supera; trova orecchie ben disposte e pronte a recepirla, e scende nel più profondo dell'anima, resa gradita proprio da ciò che reca danno: insegnami come posso distinguerle nonostante la loro somiglianza. Mi si presenta un nemico pieno di lusinghe spacciandosi per amico; si insinuano in noi i vizi sotto l'apparenza di virtù: la temerità si nasconde sotto le spoglie del valore, l'ignavia si chiama moderazione, il vile viene considerato prudente. Questi errori di giudizio rappresentano per noi un grave pericolo: su queste false apparenze imprimi un marchio sicuro...
Le caratteristiche dell'uomo felice
9 Se vuoi sciogliere del tutto l'ambiguità delle parole, insegnaci che non è felice l'uomo definito tale dalla massa, e che dispone di molto denaro, ma quello
che possiede ogni suo bene nell'intimo e
si erge fiero e nobile calpestando ciò che desta l'ammirazione degli altri;
che non trova nessuno con cui vorrebbe cambiarsi;
che stima un uomo per quella sola parte per cui è uomo;
che si avvale del magistero della natura, si uniforma alle sue leggi e vive secondo le sue regole;
l'uomo al quale nessuna forza può strappare i propri beni,
che volge il male in bene, sicuro nei giudizi, costante, intrepido;
che una qualche forza può scuotere, nessuna può turbare;
che la sorte, quando gli scaglia contro la sua arma più micidiale con la massima violenza, riesce a pungere, e raramente, ma non a ferire;
le altre armi, con cui la fortuna prostra il genere umano, rimbalzano come la grandine, che battendo sui tetti senza causare danni agli inquilini, crepita e si scioglie...
11 Ciò che è un bene è senz'altro necessario: ciò che è necessario non è senz'altro un bene, perché sono necessarie anche cose di scarsissimo valore. Nessuno ignora a tal punto la dignità del bene da abbassarlo al livello di queste cose utili all'uso quotidiano.
L'ambiguità che non sa svelare l'inganno della vita 
12 E allora? rivolgi piuttosto le tue cure a mostrare a tutti che si ricercano con grande dispendio di tempo beni superflui e che molti hanno trascorso la vita cercando i mezzi per viverla. Esamina gli uomini singolarmente, considerali tutti insieme: ognuno vive guardando al domani.
13 Chiedi che male c'è in questo atteggiamento? Un male grandissimo. Non vivono, ma sono in attesa di vivere: rimandano ogni cosa. Anche se badassimo a tutto, la vita ci precederebbe sempre; mentre noi indugiamo, passa oltre come se appartenesse ad altri e benché finisca con l'ultimo giorno, va scomparendo giorno per giorno...(lettera 45 a Lucilio)

In ogni circostanza benedici il Signore

Non fare a nessuno ciò che non piace a te. 
Da' il tuo pane a chi ha fame e fa' parte dei tuoi vestiti agli ignudi. 
Chiedi il parere ad ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon consiglio. 
In ogni circostanza benedici il Signore 
e domanda che ti sia guida nelle tue vie 
e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine.
Tb 4, 15a-16a.18-19a

martedì 8 febbraio 2011

Noi veniamo da gente così... anche noi


L’ottimismo va alimentato: occorrono ingredienti nuovi e un frullatore nella mente per rimescolare ben bene le cose. Dobbiamo tenere in funzione delle fonti di ener­gia per ricaricare le batterie dell’entusiasmo: vedere il bello, saper ammirare, godere di quanto si ha, ascoltare musica, fare passeggiate, ridere spesso. 
Margherita entrò per prima nella nuova casa: tre stanzette nude e squallide, con due letti, due sedie e qualche casseruola. Sorrise, e disse al figlio:
«Ai Becchi, ogni giorno dovevo darmi da fare per mettere in ordine, pulire i mobili, lavare le pentole. Ora potrò riposare molto di più».
Ripresero fiato poi si misero tranquilli a lavorare. Mentre Margherita preparava un po’ di cena, don Bosco appese alla parete un crocifisso e un quadretto della Madonna, poi preparò i letti per la notte.
E insieme Madre e Figlio si misero a cantare.
La canzone diceva: «Guai al mondo – se ci sente / forestieri – senza niente...»
Noi veniamo da gente così.
autore: Bruno Ferrero

bisogno di gentilezza

IL MANIFESTO DELLA GENTILEZZA
Noi crediamo che in un mondo che tende alla disumanizzazione, abbiamo più che mai bisogno di gentilezza. Verso noi stessi, gli altri, il pianeta.
Noi crediamo che essere gentili voglia dire essere rispettosi nei confronti di tutto quello che ci circonda: persone, animali ambiente.
Noi siamo convinti che l’era dell’aggressività e del “ciascuno per sé” sia tramontata.
Noi crediamo che sia arrivato il momento di affrontare la vita con più dolcezza, più comprensione, più attenzione.
Noi crediamo che essere gentili significhi essere parte attiva di un processo di miglioramento dell’esistenza di tutti.
Noi crediamo che la gentilezza sia una forza interiore e una forma alta di intelligenza.
Noi crediamo che la gentilezza sia una capacità e che si possa apprendere.
Noi crediamo che la gentilezza sia contagiosa e, di conseguenza, trasmissibile.
Noi siamo convinti che la gentilezza debba concretizzarsi in piccole azioni.
Noi crediamo che tanti piccoli atti di gentilezza cambieranno il mondo.
autore: Bruno Ferrero

lunedì 7 febbraio 2011

e all'improvviso lo vede maturo

1 Mi sento fiero ed esulto; mi scuoto di dosso la vecchiaia e riprendo l'antico ardore tutte le volte che da quello che fai e scrivi capisco quanto hai superato te stesso - la massa l'hai lasciata indietro già da tempo. Se l'agricoltore è contento quando un albero produce i suoi frutti, se il pastore gioisce per i piccoli nati nel gregge, se ognuno guardando il figlio considera la sua giovinezza come propria, cosa pensi che senta chi ha educato un carattere, l'ha plasmato ancòra tenero, e all'improvviso lo vede maturo?
Ti dichiaro mio; sei opera mia. Quando ho capito la tua indole, ti ho preso sotto la mia tutela, ti ho esortato, spronato, non ho lasciato che tu avanzassi lentamente, ma ti ho incitato in continuazione; ed ora faccio lo stesso, ma ti sprono quando tu già stai correndo e mi esorti a tua volta.
3 "Che dici?" obietti. "Finora ho solo dato prova di buona volontà." Questo è già moltissimo e non nel senso banale di "chi ben comincia è alla metà dell'opera." È una questione morale; pertanto gran parte della bontà consiste nel volere diventar buoni. Sai chi definisco buono? L'individuo perfetto, completo, che nessuna forza, nessuna necessità può rendere malvagio.
Prevedo che diventerai così, se sarai perseverante e tenace e farai in modo che tutti i tuoi atti e le tue parole siano coerenti, consonanti e abbiano un'unica impronta. Non è onesto l'animo dell'uomo, le cui azioni non concordino. Stammi bene. (Seneca lettere a Lucilio- libro IV 34, 1-4)

è il paradiso a essere in chi medita

MEDITAZIONE
Un discepolo si addormentò e sognò di essere andato in paradiso.
Con sua grande sorpresa vi trovò il maestro e gli altri discepoli, seduti e assorti in meditazione.
«È questa la ricompensa del paradiso?», gridò. «Ma è esattamente quello che facevamo sulla terra!».
Allora udì una voce esclamare:
«Sciocco! Pensi che chi medita sia in paradiso? È proprio l'opposto... è il paradiso a essere in chi medita».
ANTHONY DE MELLO UN MINUTO DI SAGGEZZA NELLE GRANDI RELIGIONI

domenica 6 febbraio 2011

se di tanto in tanto ti viene in mente di passare ad altri, ritorna poi ai primi

Bada poi che il fatto di leggere una massa di autori e libri di ogni genere non sia un po' segno di incostanza e di volubilità. Devi insistere su certi scrittori e nutrirti di loro, se vuoi ricavarne un profitto spirituale duraturo. Chi è dappertutto, non è da nessuna parte. Quando uno passa la vita a vagabondare, avrà molte relazioni ospitali, ma nessun amico. Lo stesso capita inevitabilmente a chi non si dedica a fondo a nessun autore, ma sfoglia tutto in fretta e alla svelta.
Non giova né si assimila il cibo vomitato subito dopo il pasto. Niente ostacola tanto la guarigione quanto il frequente cambiare medicina; non si cicatrizza una ferita curata in modo sempre diverso. Una pianta, se viene spostata spesso, non si irrobustisce; niente è così efficace da poter giovare in poco tempo.
Troppi libri sono dispersivi: dal momento che non puoi leggere tutti i volumi che potresti avere, basta possederne quanti puoi leggerne.
"Ma," ribatti, "a me piace sfogliare un po' questo libro, un po' quest'altro."
È proprio di uno stomaco viziato assaggiare molte cose: la varietà di cibi non nutre, intossica.
Leggi sempre, però autori di valore riconosciuto e se di tanto in tanto ti viene in mente di passare ad altri, ritorna poi ai primi.
Anch'io mi regolo così ; dal molto che leggo ricavo qualche cosa.
Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, Parte prima, Lettera 2

Non leggere mai neppure una parola, per apparir più dotto o più sapiente.


Contro la vana scienza del mondo  ( cap 43 dell'Imitazione di Cristo)
Figliuolo, non lasciarti sedurre dall'eleganti e sottili disquisizioni degli uomini, perchè il regno di Dio non consiste nelle parole, ma nella virtù.  Medita invece le mie parole che infiammano i cuori e illuminano le menti, eccitandone la compunzione e infondendovi varie consolazioni. 
 Non leggere mai neppure una parola, per apparir più dotto o più sapiente.  
Bada piuttosto a combattere i tuoi difetti perchè questo ti sarà più utile che non la conoscenza di molte e difficili questioni. 
Dopo aver letto e imparato molte cose, dovrai sempre ritornare a questo solo principio: Sono io che insegno la scienza agli uomini e dò ai fanciulli intelligenza più chiara di quella che possa essere loro comunicata da qualsiasi uomo.  
Quegli a cui io parlo, in breve diverrà sapiente e farà grandi progressi nello spirito.  
Guai a coloro i quali cercano di sapere dagli uomini molte cose curiose, poco curandosi di imparare la via che bisogna prendere per servirmi! Verrà il tempo in cui apparirà Cristo, Maestro dei maestri, Signore degli angeli, per ascoltare la scelta di ognuno, cioè per esaminarne la coscienza.  
Ed allora colla lampada in mano scruterà Gerusalemme e i nascondigli tenebrosi saranno illuminati e le argomentazioni umane cesseranno
Sono io che in un attimo sollevo la mente dell'umile, sino a fargli comprendere più razionalmente l'eterna verità che non se avesse studiato per dieci anni in scuole.  
Io ammaestro senza strepito di parole, senza confusione di opinioni, senza fasto di applausi, senza contrasto di dispute. Sono io che insegno a disprezzare le cose terrene e a sdegnare le presenti, a ricercare le celesti, a gustare le eterne, a fuggire gli onori, a sopportare gli scandali, a riporre in me ogni speranza, a non desiderare altro che me e ad amarmi ardentemente più di ogni altra cosa. 
 E ci fu appunto qualcuno che, amandomi intimamente, toccò il divino tanto da poter poi annunziare cose meravigliose.  
Fece maggior profitto col rinunciare a tutto che non con lo studio di sottili questioni.  
Ad alcuni però dico le solite cose , ad altri quelle speciali; ad alcuni mi manifesto dolcemente con segni e figure, mentre ad altri svelo i miei misteri con luminosa chiarezza.  
Il linguaggio dei libri è uno solo, ma non a tutti insegna le stesse cose, perchè nell'intimo di ognuno sto io, il maestro di verità, scrutatore dei cuori e conoscitore dei pensieri, che spingo all'azione, distribuendo a ciascuno ciò che credo meglio.