“Vino nuovi in otri nuovi!”:
il pericolo da cui Gesù ci mette in guardia
è quello di ridurre la fede a un pezzo di panno nuovo su un vestito che rimane vecchio.
Un pericolo tutt’altro che superato.
Continuiamo
ad aggiungere cose nella vita personale e comunitaria,
continuiamo
a inventarne altre ma dentro un modello, un impianto e un programma per lo più vecchio.
Si può essere praticanti senza fede,
si può fare la carità senza amore,
si può essere gelosi dei dogmi senza assaporarne la verità.
Vuol dire che a dominare è la lettera (“la lettera uccide, lo Spirito da vita”),
la legge, che di volta in volta prende il volto
del formalismo, della ripetizione sterile, della disciplina tutta esteriore.
In questo modo si finisce per essere
persone che patiscono e fanno patire una noia mortale,
persone vecchie incapaci di aprirsi alle continue invenzioni di Dio nella storia degli uomini
e perciò l’obbligo è quello di deplorare ogni novità.
Il Signore non ci vuole collezionisti di otri vecchi
ma uomini e donne che continuamente si rivestono
di quell’abito nuovo che è Gesù Cristo!
Lunedì della II settimana del T.O. Antonio Savone
lunedì 16 gennaio 2017
domenica 15 gennaio 2017
la tristezza, invisibile agli occhi che non siano bagnati di lacrime,
La tristezza è un’esperienza di vita che conosce fino in fondo
solo chi la viva negli abissi della propria anima,
e che ci rende fragili e indifesi:
immergendoci nelle speranze recise, nelle nostre e in quelle degli altri,
e facendoci crudelmente soffrire.
Quando la tristezza,
invisibile agli occhi che non siano bagnati di lacrime,
vive nella nostra anima,
ogni nostra sicurezza viene meno,
e inutilmente andiamo alla ricerca degli abituali punti di riferimento,
che si frantumano.
Come ogni forma di vita incrinata dalla fragilità,
la tristezza è facilmente ferita
dalla solitudine e dall’abbandono,
dalla noncuranza e dall’indifferenza,
e le ferite che ne sgorgano,
non sempre si cicatrizzano:
lasciando dietro di sé scie inestinguibili di un dolore
che si trasforma talora in sventura,
quella che è stata mirabilmente descritta da Simone Weil.
Eugenio Borgna
solo chi la viva negli abissi della propria anima,
e che ci rende fragili e indifesi:
immergendoci nelle speranze recise, nelle nostre e in quelle degli altri,
e facendoci crudelmente soffrire.
Quando la tristezza,
invisibile agli occhi che non siano bagnati di lacrime,
vive nella nostra anima,
ogni nostra sicurezza viene meno,
e inutilmente andiamo alla ricerca degli abituali punti di riferimento,
che si frantumano.
Come ogni forma di vita incrinata dalla fragilità,
la tristezza è facilmente ferita
dalla solitudine e dall’abbandono,
dalla noncuranza e dall’indifferenza,
e le ferite che ne sgorgano,
non sempre si cicatrizzano:
lasciando dietro di sé scie inestinguibili di un dolore
che si trasforma talora in sventura,
quella che è stata mirabilmente descritta da Simone Weil.
Eugenio Borgna
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