sabato 22 giugno 2013

Nell’orizzonte di questa comune appartenenza il dolore dell’altro non chiama l’indifferenza ma la prossimità.


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

La filosofia
- quando non ha assunto il sentire della compassione
a fondamento stesso di una morale,
come è avvenuto con Rousseau e con Schopenhauer -
ha mostrato di volta in volta gli aspetti
ambigui,
autoconsolatori,
dolciastri,
della compassione.
Scrittori e artisti hanno invece rappresentato,
della compassione,
i gradi e le forme del suo manifestarsi,
la lingua, i gesti, la tensione conoscitiva.
Hanno mostrato la grande scena in cui la compassione prende forma :
la comunità dei viventi,
la finitudine che unisce nello stesso cerchio tutti i viventi, uomini e animali.
Con la singolarità dei loro corpi, e desideri, e ferite.
La rappresentazione letteraria, artistica e teatrale della compassione
è l’ininterrotto racconto di una presenza,
quella dell’altro, del suo volto, delle sue insondabili profondità.
Una presenza che corrobora la stessa identità di colui che è soggetto dello sguardo.
E smuove un sentire, che dal soggetto torna verso il sentire dell’altro.
Diventa, infine, riconoscimento del legame che trascorre tra tutti gli esseri.
Nell’orizzonte di questa comune appartenenza il dolore dell’altro
non chiama l’indifferenza
ma la prossimità.

venerdì 21 giugno 2013

“… è una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”, esclama il Nibbio


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

Da qui la storica diffidenza dei filosofi
- di quasi tutti i filosofi -
per la compassione.
Esclusa dall’albo delle forti virtù e del forte sentire.
Non sempre catalogata tra le passioni.
Osservata piuttosto come un sentimento proprio dei deboli.
O risospinta nella terra nebbiosa delle religioni.
Rinviata alle indecifrabili increspature
di una sensibilità incline alla commozione
o, femminilmente,
al pianto
(c’è sempre qualcuno che associa la lacrima alla donna).
Oppure
- e qui, bisogna ammettere, non mancano le ragioni -
considerata come elusione,
non sempre innocente,
della domanda di giustizia e di eguaglianza.
Come elusione di un compito
che dovrebbe essere anzitutto politico:
in effetti, la giustizia, non la compassione,
può, o potrebbe, mettere ciascuno
nella condizione di sopportare da se stesso gli oltraggi dell’esistenza.
Ma anche questa posizione,
che oppone giustizia sociale a compassione,
si arresta dinanzi alle ferite che non hanno un’origine per dir così materiale,
che non appartengono all’ordine dei bisogni e dei diritti:
il dolore, del resto, ha un tale ventaglio di forme, visibili e nascoste,
che ogni suo regesto appare provvisorio, parzialissimo.
E, infine, la compassione può essere vista
come una perdita del proprio stesso coraggio
(o della propria spavalderia?) :
“… è una storia la compassione un poco come la paura:
se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”,
esclama il Nibbio, nei Promessi Sposi,
quando, consegnando Lucia all’innominato,
confessa d’aver quasi provato,
lungo il trasporto,
compassione per la povera ragazza rapita.

giovedì 20 giugno 2013

è spesso soltanto una pacificazione di sé


in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

La compassione,
ha ancora scritto qualcuno,
è spesso soltanto una pacificazione di sé.

Può persino essere, la compassione,
maschera di un orgoglio,
esibizione della propria sicurezza,
delle sue salde radici.
E’ quel che La Fontaine
mette in scena nella favola La Canna e la Quercia,
dove le parole ipocritamente compassionevoli del forte albero
che invita il cespuglietto di canne a crescere
all’ombra del suo potente fogliame per potersi meglio difendere dal vento,
ricevono presto una smentita:
una tempesta impetuosa e violenta sradica la quercia ma non la canna,
che sa invece
piegarsi, ondeggiando sotto la bufera.

mercoledì 19 giugno 2013

Accade che la compassione possa invadere il doloroso silenzio di chi ha deciso di portare su di sé, con dignità, e forse fierezza, il fardello della propria pena

Il compiacimento che abbiamo svelato sotto la compassione può ferire l'altro invece di sollevarlo

in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

Accade che
il gesto visibile del soccorso
possa ferire il pudore
col quale l’altro ha nascosto la propria sofferenza,
sottraendola con fatica
all’altrui indiscrezione.
Accade che la compassione possa
invadere il doloroso silenzio di chi ha deciso di portare su di sé,
con dignità,
e forse fierezza,
il fardello della propria pena:
essere compassionevoli, è stato detto,
in fondo è come disprezzare l’altro,
non credere alle sue capacità di reggere l’afflizione
senza il lamento.
E succede anche che
dalla propria quieta soglia si guardi all’affanno dell’altro
come si osserva dalla sponda il dibattersi del naufrago nelle onde:
il sottile, inconfessato piacere di trovarsi al sicuro
può sovrastare e rendere fievole
l’ansia per il pericolo in cui si trova l’altro.

martedì 18 giugno 2013

un patire in comune, un patire insieme, una prossimità all’altro, alla sua ferita

Ho trovato questo articolo di Antonio Prete "Il tempo  della Pietas" lo voglio  leggere in questi giorni.
Difficile è la corretta compassione, in essa si annida un sottile compiacimento nella bontà che riversiamo su chi soffre.

in “l'Unità” del 13 giugno 2013
«Compassione: storia di un sentimento»: un saggio tra filosofia, letteratura e arte. Anticipiamo
l'introduzione dal libro di Prete (edito da Bollati). Una disamina analitica e appassionata di un
sentire controverso.

La compassione:
una passione condivisa.
ma anche un patire in comune,
un patire insieme,
una prossimità all’altro,
alla sua ferita.
La compassione è tuttavia un sentimento raro.
Perché rara è l’esperienza in cui il dolore dell’altro diventa davvero il proprio dolore.
La parola compassione spesso copre,
come un confortevole velo,
un sentire in cui l’attenzione all’altro, alla sua pena,
si accompagna a un certo compiacimento del soggetto compassionevole,
a una silenziosa conferma della sua bontà d’animo.

lunedì 17 giugno 2013

la spinta interna, che magari lo ha portato ad essere in contrasto con la legge


seconda parte dell'omelia di don Angelo Casati 
nella 11ª Domenica del Tempo Ordinario
Lc 7,36-8,3

La svolta è la misericordia.
E anche qui ci sarebbe da meditare a lungo
-dico: sui sentimenti di misericordia-
alla luce del Vangelo di Luca.

A chi assomigliamo: a Simone, il fariseo, o a Cristo?
Siamo la legge o siamo l'Amore?
Sono due atteggiamenti dello spirito molto diversi:
due modi di guardare,
molto diversi.
Ma vedete che strano!
la realtà che è sotto gli occhi è identica, è oggettiva.
Tutti vedono le stesse cose:
tutti vedono una donna,
una peccatrice che al di là di tutte le regole,
si avvicina, versa olio profumato sui piedi di Gesù,
li lava con le sue lacrime, li asciuga con i suoi capelli.

Ma c'è modo e modo di guardarla.

Simone, la legge, guarda e scuote la testa:
questa è una donnaccia; se Gesù sapesse tutto, non consentirebbe simili effusioni.

Gesù, la tenerezza, la guarda con amore:
era morta, ora è viva.

Noi come guardiamo? con gli occhi della legge o con gli occhi dell'amore?
Gli occhi della legge registrano i fatti,
ma non registrano ciò che avviene nel cuore.

Gli occhi dell'amore registrano i fatti,
ma vanno oltre 
-o, se volete-,
vanno dentro,
e leggono le ragioni del cuore,
gli itinerari del cuore,
le svolte improvvise del cuore.

"L'amore 
-ha scritto un commentatore attento del nostro tempo-
l'amore non guarda il negativo,
non guarda la contraddizione di un uomo con la legge, 
guarda le sue intime esigenze, 
la spinta interna, 
che magari lo ha portato ad essere in contrasto con la legge, 
ma che mira ad altro.

Ecco, 
l'amore coglie questa attesa,
questo bisogno profondo
si fa largo attraverso 
il groviglio delle violazioni morali 
per fissarsi 
sul germe intatto 
che è anche nel cuore della più corrotta prostituta, 
e il suo miracolo è nel suscitare questo germe, 
nel farne principio di un nuovo modo di vivere. 
E' un passaggio, dalla morte alla vita!"
(Balducci)

domenica 16 giugno 2013

Noi abbiamo ridotto a cose il peccato, cose che facciamo: confessiamo delle cose.


dall'omelia di don Angelo Casati 
nella 11ª Domenica del Tempo Ordinario
2 Sam 12,7-10.13 

Natan aveva raccontato una bellissima parabola che la liturgia non ricorda. 
Leggiamola:
"Vi erano due uomini nella stessa città, 
uno 
ricco 
e l'altro 
povero.

Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero
ma il povero non aveva nulla
se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprato e allevato; 
essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli... 
era per lui come una figlia.

Un ospite di passaggio arrivò dall'uomo ricco e questi, 
risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, 
portò via la pecorella di quell'uomo povero 
e ne preparò una vivanda per l'ospite venuto da lui..."

Dunque il povero e la sua pecorella piccina...e il ricco che gliela strappa.
Vedete che cos'è il peccato, è questa durezza di cuore.

Noi abbiamo ridotto a cose il peccato, cose che facciamo: 
confessiamo delle cose.
Ma il peccato non sarà forse questa incrinatura 
che si è aperta dentro, 
questa durezza di cuore? 
Al punto che quando ti accorgi, ti chiedi: 
ma come si può esser così spietati?

Sì, sei tu quell'uomo. 
E Davide lo riconosce! 
"Tu hai colpito di spada Uria, l'Ittita, hai preso in moglie la moglie sua, lo hai ucciso con la mano degli Ammoniti...
Tu mi hai disprezzato..." dice il Signore.

Dio dice: Tu mi hai disprezzato. 
Ecco un'altra dimensione del peccato: 
Per i credenti, il peccato contiene un disprezzo di Dio, 
rompe quell'armonia che è custodita nelle cose: 
l'armonia modellata e impressa dalle mani di Dio.

Sei tu quell'uomo.

E se ho il coraggio di riconoscermi in quell'uomo
ecco la svolta imprevedibile.
"Il Signore ha perdonato il tuo peccato. 
Tu non morirai"