Passeggio con tua figlia Clémence nel parco della vetreria. C’è una cabina telefonica istallata non lontano dai giochi. A volte da quella cabina, il mercoledì, quando mi accorgevo che avremmo fatto tardi, ti chiamavo per avvertirti che non saremmo arrivati all’ora stabilita ma che saremmo comunque tornati sani e salvi. Clémence una settimana dopo la tua morte, mi mostra quella cabina nel parco:" E se la chiamassimo?", mi dice. La faccio entrare e la guardo mentre stacca il ricevitore, preme tutti i tasti del quadrante, e per parecchi minuti, tace, ascolta intervenendo solo per dire "sì, sì". Alla fine le chiedo: "Cosa ti ha detto?". Mi risponde: "Chiede se va tutto bene e se siamo ancora tutti insieme. Le ho detto di sì e che continuavo a fare sciocchezze con lo scioccone". Poi usciamo dalla cabina e torniamo al dolce lavoro di ridere e giocare.
Ci sono mille modi di parlare ai morti. Ci voleva la follia di una piccola di quattro anni e mezzo per capire che forse abbiamo meno da parlare che da ascoltarli, e che hanno una cosa sola da dirci: continuate a vivere, sempre, vivete sempre più intensamente, soprattutto non fatevi del male e non perdete il riso.
(C. Bobin, Più viva che mai)
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