domenica 19 gennaio 2014

Un vero e proprio interdetto avrebbe investito i nostri paesi dove la progressiva medicalizzazione della malattia e della vecchiaia, con il relativo sequestro dei sofferenti e degli anziani ai margini del tempo socialmente condiviso, porta sempre più a considerare le situazioni limite come estranee alle condizioni della vita ordinaria.


Due sono le vie attraverso le quali cerchiamo
di sfuggire al problema della fine irreparabile del tempo,
di esorcizzare l'immagine della morte
che fa capolino in ogni piccolo o grande affanno per la vita.
Esse sono l'ostentazione del nostro dominio sul tempo
e l'ossessione di sfuggire in tutti i modi possibili al suo dominio su di noi.
Uno storico contemporaneo giunge,
 attraverso un'ampia ricognizione del tema,
alla seguente constatazione:
la progressiva emarginazione della morte nelle moderne società industriali.
Un vero e proprio interdetto avrebbe investito i nostri paesi dove la progressiva medicalizzazione della malattia e della vecchiaia,
con il relativo sequestro dei sofferenti e degli anziani ai margini del tempo socialmente condiviso,
porta sempre più a considerare le situazioni limite come estranee alle condizioni della vita ordinaria.
Tale fenomeno di esorcizzazione della fine è tuttavia assai più vasto.
Nelle pagine successive vorrei aiutare a smascherare questa operazione di cosmesi della morte,
che è nella sostanza una vera e propria perversione del significato del tempo,
perché ci fa vivere in una pericolosa illusione,
ci allontana dalla vera comprensione di noi stessi
e dall'unico modo che abbiamo di possedere davvero la nostra esistenza.

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