Qualsiasi risultato richiede disciplina. Se
vogliamo ottenere qualcosa dobbiamo saper
convogliare le nostre energie. Abbiamo bisogno
di attenzione, concentrazione, volontà.
Ma per quale obiettivo vale la pena attivare ed
esercitare una disciplina interiore? E’ un aspetto
fondamentale perché, troppo spesso, le varie forme
di “disciplina” cadono e si perdono per strada
perchè non siamo così convinti di ciò che stiamo
facendo. In altre parole, la motivazione è debole.
Vorrei dunque proporre la pratica della gentilezza
come forma di disciplina interiore. A questo
proposito, il Dalai Lama ci ricorda che, fin dalla
nascita, dipendiamo dalla cura e dalla gentilezza
dei nostri genitori e, più tardi, quando siamo
vecchi, di nuovo, dipendiamo dalla gentilezza
degli altri per affrontare disagi, sofferenze,
inabilità. Conclude: “Perché non agire con
gentilezza verso gli altri nella parte restante
della nostra esistenza?” E’ una questione di buon
senso. Se in due fasi così importanti e delicate
della nostra vita – l’infanzia e la vecchiaia – è
necessario ricevere e saper esprimere gentilezza è
molto probabile che sia una qualità fondamentale
per tutta la nostra vita.
Piero Ferrucci* dice che “la gentilezza ci salva la
vita”. La gentilezza fa bene agli altri, ci permette
di stare meglio e di comunicare più facilmente,
trasmette apertura, calore, gratitudine, pazienza,
solidarietà. La ricerca scientifica conferma che
le persone gentili stanno meglio, sono più sane,
più longeve, più benvolute, più felici. Ma questo
era risaputo fin dall’antichità! Un antico scritto
buddista, ricordato da Ferrucci nel suo libro,
elenca i benefici della gentilezza. “Se sei gentile:
dormirai con facilità, ti sveglierai con facilità,
avrai sogni piacevoli, la gente ti vorrà bene, gli
esseri celesti e gli animali ti vorranno bene e
ti proteggeranno, il tuo volto sarà radioso, la
mente serena, morirai senza sentirti confuso,
rinascerai in mondi felici”. L u i g i Pa d o v e s e
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