“La Solitudine è la vostra ombra che non vi lascia mai. Pertanto non domandate all’ombra di chi vi passa accanto di posarsi sulla vostra affinché questa riesca a cancellarsi.
Nessuno ha forme adatte a colmare il vostro vuoto, e nessuna vetta altrui può lambire quelle vostre altitudini che sono riservate solo al Vento.
Solo comprendendo questa appartenenza accetterete questo segno, che marchiando col fuoco il vostro cuore, vi tiene vivi e non permette alle ebbrezze di annegarvi.
Ma al tempo stesso alzate l’animo, per non ingrandire senza necessità quest’ombra e farne il vostro idolo, accusando il destino di ciò che spesso siete voi a causarvi.
Gran parte della vostra Solitudine ha infatti per padre i vostri troppi sogni, e per madre la vostra incapacità di sognare il vero.
Non date colpa dunque al Sole di tutta quell’ombra da voi prodotta, poiché proprio quando il Sole vi si avvicina nei vostri mezzogiorni, posando il calore della sua mano sul vostro capo, scoprite di avere ricevuto in dono ombre più corte.
Se sapeste infatti unire il volo della vostra mente al vero cielo del vostro volo, vedreste ogni giorno diventare più esigua la vostra Solitudine.
E smettereste di erigere muri altissimi, che aggiungendo nuova ombra alla vostra ombra, trasformano la Solitudine in disperazione.
Tendete le vostre mani alle mani tutte intorno, poiché non c’è nessun abisso, alcuna incomunicabilità: sono lapidi erette da voi, dei della vostra esistenza, pretesti per non scommettere con gli altri il vostro dono.
Poiché se permetteste al Vento di entrare solo un poco nella vostra stanza e di scostare le tende scure della vostra Solitudine, che nel buio spesso neanche più trovate, avreste luce per scoprire l’amicizia come un tempo sapevate fare.
E allora compireste il primo passo della vostra crescita, poiché per un amico siete finalmente disposti a scalare quelle vostre montagne interiori che, per l’esservi poco amati, non avete mai scalato per voi”.
Da Il Profeta del Vento, di Stefano Biavaschi -
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