lunedì 29 novembre 2010
essersi autorinchiuso in un vaso di vetro con il pretesto di sentirsi al sicuro
Ascoltiamo i messaggi umanitari, le provocazioni del vangelo e giungiamo anche a condividerli e ad ammirarli, ma non abbiamo la forza di impegnarci a tradurli in atto nella nostra vita. L'immediato, il contingente ci soddisfano per qualche tempo; poi, inesorabilmente, li troviamo inadeguati a soddisfarci in pienezza. Un pesciolino si illuderebbe se, dopo essersi autorinchiuso in un vaso di vetro con il pretesto di sentirsi al sicuro, credesse di espletare al massimo l'esigenza di guizzare nell'acqua. Così succede a noi. Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza; in altre parole ha messo in noi un'esigenza potenziale di immensità e di eternità. Se dimentichiamo questo dato di fatto e ci assuefacciamo alla paralisi e alla claustromania, perdiamo inevitabilmente l'entusiasmo per la vita e cominciamo a sperimentare un senso di soffocamento.
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