domenica 6 novembre 2011

la mano sulle spalle dell’uomo senza distruggere l’uomo


Tempo fa un uomo si fermò angosciato, disperato, dinnanzi al volto di Dio e prima del giudizio dei suoi amici. Quest’uomo si chiamava Giobbe. Egli aveva subito tutto ciò che un uomo può mai subire: lutto, perdita di tutto ciò che possedeva, perdita di tutto ciò che gli era caro, ma più di ogni altra cosa, la cosa più tragica, la perdita della comprensione. Non capiva più il suo Dio. Il senso era andato via dalla sua vita, e nella sua disputa con Dio e in quella con i suoi amici, cercava il senso e rifiutava la consolazione. Rifiutò di essere consolato e di uscire dalla tragedia e dall’angoscia con un’immagine consolatoria e falsa di Dio e delle sue vie. Egli credeva, davvero credeva a un Dio vivente, e quel Dio non riusciva più a capirlo.
A un certo momento dice: “Dov’è l’uomo che starà tra me e il mio giudice, che metterà la mano sulla mia spalla e su quella del mio giudice? (cfr. Giob 9,32-33) Dov’è colui che entrerà nel mezzo della situazione, prenderà posto nel cuore del conflitto, nel punto di rottura della tensione, in mezzo ai due al fine di riunirli e di farne uno?”. Giobbe aveva la sensazione che solo quella sarebbe potuto essere la soluzione al suo problema. Di fatti, al problema del senso della tragedia, in una parola del senso della storia. Aveva un presagio che soltanto questo sarebbe potuto essere vero, e che infatti sarebbe accaduto. Accadde quando il Figlio di Dio divenne carne, quando Gesù venne nel mondo, il quale essendo veramente uomo, mise la mano sulle spalle dell’uomo senza distruggere l’uomo con il fuoco del tocco divino, e che poté, senza blasfemia e sacrilegio, mettere l’altra mano sulla spalla di Dio senza essere egli stesso distrutto.
Questo è ciò che veramente intendiamo quando parliamo di Intercessione.
da Metr. Anthony Bloom, God and Man, pp. 65-66

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