Confidiamo nello stile di Gesù.
Quello al pozzo di Sicar, nell’incontro con la donna samaritana.
Non ci spetterebbe di sconfinare, come Gesù ha sconfinato?
Prese quel giorno non la strada dritta, la tradizionale, per recarsi in Galilea.
Deviò, sconfinò in terra di gente che nel giudizio del suo popolo aveva fama di razza religiosamente bastarda, popolo stupido agli occhi dei puri.
Non dovremmo sconfinare anche noi e anziché parlare dalle cattedre, sedere al pozzo nell’ora più calda del giorno?
Al pozzo di Sicar traspira la tenerezza di un amore più forte di ogni pregiudizio. Invece noi siamo lontani, lontanissimi dall’aver imparato la lezione del pozzo di Sicar.
Di questo Gesù che passa i confini,
il confine
tra ortodossi e non ortodossi,
tra puro e impuro,
tra un monte dell’adorazione e un altro monte antagonista.
Quale chiesa può far pulsare un fiotto di vita nelle vene dell’umanità?
La chiesa
che siede al pozzo,
una chiesa mai stanca dell’umanità,
mai stanca della compagnia degli uomini e delle donne del nostro tempo,
una chiesa che parla sottovoce, come il rabbì alla donna del pozzo,
una chiesa che sa chiedere un po’ d’acqua confessando il suo bisogno,
una chiesa che parla delle cose della vita,
una chiesa che non invade le coscienze,
che fa emergere pazientemente le attese del cuore,
scavando nel bene che rimane comunque in ogni cuore.
Con che volto accostiamo l’altro, con che occhi lo guardiamo?
Ci abita, dentro, lo sguardo del rabbì del pozzo per la donna samaritana?
E sappiamo sognare, come faceva lui, il maestro?
(don Angelo Casati)
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