Rabindranath Tagore
Eppure mi sento contento
Eppure mi sento contento
Molto simile ad un canto spirituale negro, sebbene di stile altamente superiore, è questo canto del poeta efilosofo indiano Rabindranath Tagore. E' un canto già raggiante di luce cristiana, ma ancora annebbiato dal dissidio che l'uomo sente esistere tra sé e gli altri, tra il mondo e Dio. Per i cristiani invece il mondo e gli altri non sono un ostacolo per andare a Dio, ma una lente per scorgerlo meglio.
Signore, il mio occhio ti cerca,
io non Ti vedo;
chiedo una via:
eppure mi sento contento.
Il mio cuore è nella polvere,
elemosina alla tua porta,
Ti chiede compassione:
non ricevo grazia,
soltanto aspetto.
Eppure sono contento.
Da questa terra
chi in gioia e chi in pianto
tutti se ne sono andati.
Non trovo un compagno
voglio Te.
Eppure mi sento contento.
Il verde mondo,
pieno di delizie, agitato,
fa piangere di passione.
lo non Ti vedo,
sono afflitto;
eppure mi sento contento.
io non Ti vedo;
chiedo una via:
eppure mi sento contento.
Il mio cuore è nella polvere,
elemosina alla tua porta,
Ti chiede compassione:
non ricevo grazia,
soltanto aspetto.
Eppure sono contento.
Da questa terra
chi in gioia e chi in pianto
tutti se ne sono andati.
Non trovo un compagno
voglio Te.
Eppure mi sento contento.
Il verde mondo,
pieno di delizie, agitato,
fa piangere di passione.
lo non Ti vedo,
sono afflitto;
eppure mi sento contento.
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