sabato 16 ottobre 2010

Lo sconforto ci rende inattivi, come immobilizzati e senza forze


Come non lasciarsi prendere dalla sconforto? Forse cominciando a pensare che è proprio quello che chi ci governa vuole. Lo sconforto ci rende inattivi, come immobilizzati e senza forze. Eppure tempi bui ce ne sono stati e la Arendt ne parla chiaramente nel libro “L’umanità in tempi bui” di cui ho già parlato qui e dice:
"Anche nei tempi più bui abbiamo il diritto di attenderci una qualche illuminazione la quale potrebbe giungere non tanto da teorie e nozioni astratte quanto dall'incerta tremolante e spesso flebile luce che alcuni uomini e donne, nella loro vita e con il loro operato, accenderanno pressoché in qualsiasi circostanza e diffonderanno durante il tempo che è stato loro concesso in terra".
In un passo della sua Autobiografia Norberto Bobbio si interroga sul significato della vita individuale e collettiva per mezzo di tre immagini tratte da Wittgenstein: la bottiglia nella quale la mosca vola a casaccio, la rete in cui si dibatte il pesce, il labirinto entro il quale ci si aggira cercando la via per uscirne.
Al di là del comune malessere, la mosca nella bottiglia, il pesce nella rete e l'uomo che erra nel labirinto sono in condizioni molto diverse. La mosca uscirà dalla bottiglia (sempre che sia senza tappo) solo per un colpo di fortuna. La sorte del pesce è invece segnata e il suo dibattersi non farà che impigliarlo sempre di più, mentre chi è perso nel labirinto può tentare di uscirne con il suo ingegno. "La sorte, la necessità e l’ingegno - dice Zagrebelsky - sono le cause che muovono le tre situazioni. Bobbio, si comprende facilmente conoscendone il carattere prima ancora che l’opera, tra le tre immagini predilige quella del labirinto":
«Chi entra in un labirinto sa che esiste una via d’uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata torna indietro e ne prende un’altra. Talora la via che sembra più facile non è la più giusta; talora, quando crede di essere più vicino alla meta, ne è più lontano, e basta un passo falso per tornare al punto di partenza. Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere dalle apparenze, fare, come si dice, un passo per volta, e di fronte ai bivi, quando non si è in grado di calcolare la ragione della scelta, ma si è costretti a rischiare, essere sempre pronti a tornare indietro».
Essere nel labirinto richiede che «non ci si butti mai a capofitto nell’azione, che non si subisca passivamente la situazione, che si coordinino le azioni, che si facciano scelte ragionate, che ci si propongano, a titolo d’ipotesi, mete intermedie, salvo a correggere l’itinerario durante il percorso, ad adattare i mezzi al fine, a riconoscere le vie sbagliate e ad abbandonarle una volta riconosciute».
Forse possiamo spesso non vedere l'uscita e questo è vero nel tempo che stiamo vivendo, ma, secondo Bobbio, dobbiamo operare credendo che ci sia e su questo anche "esile filo costruire la nostra speranza, la speranza degli uomini di ragione e non di fede". 

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