Poter mangiare e bere è una possibilità straordinaria e miracolosa quanto la traversata del Mar Rosso. Noi non ci rendiamo conto del miracolo che ciò rappresenta perché viviamo in un’Europa oggi provvista di tutto e non in un paese del terzo mondo, e perché la nostra memoria è corta. Là si capisce bene che saziare la fame è la meraviglia delle meraviglie. Eppure, tornare, nonostante tutti i progressi della civiltà, allo stato di indigenza in Europa è una possibilità assolutamente realistica, come provano gli anni della guerra e dei campi di concentramento. In verità, l’itinerario che porta il pane dalla terra in cui cresce il frumento alla bocca che lo consuma è assai pericoloso. È attraversare il Mar Rosso. Un antico midrash, concepito nello stesso spirito, insegna: “Ogni goccia di pioggia che deve irrigare i nostri campi è portata da diecimila angeli per poter giungere a destinazione”. Niente di più difficile che arrivare ad alimentarsi! Così che il versetto“Mangerai, sarai saziato e benedirai” (Dt 8,10) non è una pia affermazione, ma il riconoscimento di un miracolo quotidiano e della gratitudine che deve suscitare nelle anime. Ma l’obbligo della riconoscenza va ben oltre. Secondo un modo di dire dei rabbini, la benedizione serve a ridestare gli angeli favorevoli, intercessori capaci di combattere gli spiriti cattivi che si frappongono tra l’alimento e gli affamati e che spiano e creano ogni occasione per impedire che il pane arrivi alle loro bocche. […] Il problema della fame nel mondo può essere risolto solo se quanti sono riforniti di cibo cessano di vederlo come una loro proprietà inalienabile. L’alimento deve esser riconosciuto come dono ricevuto, di cui si deve ringraziare e a cui gli altri hanno diritto. La penuria è un problema morale e sociale, non soltanto un problema economico. […] Bisogna che la collettività segua gli individui che prendono l’iniziativa di rinunciare ai propri diritti perché gli affamati possano mangiare. […] Bisogna che ci sia un nazireato nel mondo – una fonte di disinteresse – perché gli esseri umani mangino. Dar da mangiare a quanti hanno fame suppone un’elevazione spirituale. Bisogna che il nazireato sia una possibilità concreta, perché il terzo mondo, l’umanità cosiddetta sottosviluppata, possa saziare la sua fame e perché l’Occidente non ritorni, nonostante la sua opulenza, allo stadio di umanità sottosviluppata.
(E. Lèvinas)
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