Da sempre, Signore,
Tu parli in me
nel linguaggio semplice e sereno
della mia profonda esistenza.
Ma
mi rifiuto di ascoltarTi.
Perché
non usi il linguaggio dei miei poveri desideri,
delle mie tristi soddisfazioni,
della felicità che spero?
Tu Ti ostini a interpellarmi
traverso gli avvenimenti della mia vita,
attraverso disagi e fallimenti e soprattutto
attraverso tutti i miei poveri tentativi
di fare a meno di Te.
Non è che in fondo alla mia miseria,
isolato nella mia sofferenza,
annientato dall’impotenza,
che mi abituo alla Tua voce.
A poco a poco essa mi penetra,
si infiltra, mi lavora.
Allora la vita
ricomincia a circolare in me.
Io so di nuovo chi sono
e non mi arrischio più
a chiederTi chi sei
perché
so bene che Tu sei
IL MIO SIGNORE.
Anonimo
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