E’ per questo che, lasciando la mia offerta davanti all’altare, mi indigno con me stesso e mi scuoto, rialzandomi dentro di me. Poi, dopo aver acceso la lampada del Verbo di Dio, con l’indignazione e l’amarezza del mio spirito entro nella casa buia della mia coscienza, come per vedere da dove provengano queste tenebre, da dove provenga questa odiosa oscurità che scava un abisso fra me e la luce del mio cuore.
Ed ecco, come un flagello di mosche che si precipita contro i miei occhi e poco manca che mi scacci dal domicilio privato della mia coscienza. Entro lo stesso, come è mio diritto, ed ecco un tumulto di pensieri così provocatorio, così sregolato, così mutevole, così confuso che il cuore dell’uomo, che pure li ha generati, non riesce a distinguerli.
Tuttavia sto seduto, come se mi accingessi a giudicarli. Ordino loro di presentarsi davanti a me, in modo da riconoscere il volto e la natura di ciascuno, per assegnargli il suo posto davanti a me.
Guglielmo di Saint Thierry Preghiere Meditative 9,2-4 Città Nuova, Roma 1998, p. 212
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