mercoledì 12 dicembre 2012

Le storie, in questo senso, assomigliano alle preghiere: stabiliscono legami — religione deriva da religio, ciò che collega — trasmettono valori, dicono il senso delle errabonde vicende umane.


C'è una tradizione, tuttavia, in cui «soltanto», a proposito delle parole, non è una limitazione negativa, non indica insufficienza e aridità, come per il protagonista di Nabokov.
È la tradizione chassidica, la corrente mistica e gioiosa dell'ebraismo orientale, in cui parabole e leggende sono preghiere, racconti di verità. In una di queste parabole, riportata da Gershom Scholem, il più grande storico di mistica ebraica, si narra che quando Baàl-shem, il santo e maestro, doveva assolvere un compito difficile per il bene delle creature, andava in un posto speciale e segreto del bosco, accendeva magicamente un fuoco, diceva preghiere particolari e otteneva da Dio ciò che chiedeva.
Una generazione dopo, un suo successore, il Maggìd di Meseritz, quando si trovava dinanzi allo stesso compito, si recava in quel posto segreto del bosco e diceva quella speciale preghiera, ma non conosceva più il modo di accendere il fuoco, e otteneva ciò che chiedeva.
Ancora una generazione dopo, un altro grande maestro non sapeva più né come accendere il fuoco né quale preghiera dire, ma si recava in quel luogo nascosto del bosco, ottenendo ciò che chiedeva. Ma, ancora una generazione dopo, un altro maestro che aveva la stessa esigenza, diceva di non conoscere più né l'arte di accendere quel fuoco né le formule di quella preghiera e nemmeno dove si trovasse quel luogo nel bosco, ma aggiungeva che di tutto questo poteva raccontare la storia e, raccontandola, otteneva ciò che chiedeva.
E ogni volta che, nella cerchia dei chassidim, il narratore narra la storia di questa progressiva perdita, il suo racconto ottiene da Dio il dono richiesto; di quella realtà restano soltanto le parole, ma le parole che narrano la storia di quella perdita la superano, perché hanno la stessa efficacia delle azioni compiute da quei santi nel passato.
Le storie, in questo senso, assomigliano alle preghiere: stabiliscono legami — religione deriva da religio, ciò che collega — trasmettono valori, dicono il senso delle errabonde vicende umane. Poche cose infatti uniscono, creano legami e amicizia, come raccontare storie, accadute a noi stessi o a qualche altro, ma che sono divenute parte di noi e che, rinarrate, diventano anche di altri, entrano nella loro vita.
La cerchia chassidica in cui si raccontano storie è un coro in cui una voce si riconosce nelle altre, distinguendosi, ma anche confondendosi con le altre, in un epico scambio fra il mio e il tuo. Anche fra noi amici, talora non sappiamo bene cosa è accaduto all'uno o all'altro. Ma abbiamo le storie; le parole, non soltanto le parole.
Le Storie, preghiere che aiutano a vivere
di Claudio Magris
in “Corriere della Sera” del 1 dicembre 2012
Nel rileggere il post, mi sono accorto di quanto sia bello ma anche di difficile lettura perchè richiede sintonia con l'autore. " di quella realtà restano soltanto le parole, ma le parole, che narrano la storia di quella perdita, la superano, perché hanno la stessa efficacia delle azioni compiute da quei santi nel passato." Se mi è permesso, anche l'articolo è PAROLE che però, nella storia, nel ricordo dell'esperienza compiono il miracolo di riprendere l'efficacia delle azioni compiute nel passato.

Poche cose infatti uniscono, creano legami e amicizia, come raccontare storie, accadute a noi stessi o a qualche altro, ma che sono divenute parte di noi e che, rinarrate, diventano anche di altri, entrano nella loro vita... Anche fra noi amici, talora non sappiamo bene cosa è accaduto all'uno o all'altro. Ma abbiamo le storie; le parole, non soltanto le parole.
Non posso continuare a citare l'autore perchè alla fine rischierei di trascriverne tutto lo scritto. 
Sì, forse è un invito, non velatamente sottinteso,  ad una rilettura.
Nessuno ignora momenti talora segreti e che ci è dato capire solo dopo molto tempo che sono accaduti. Siamo mossi da eventi che ci cambiano e di cui ci rendiamo conto molto più tardi. Il senso e l'intelligenza vengono dopo l'evento, come la percezione del colpo segue la vista del gesto di colpire. Quando e quanto si capisce, si fa storia e diventa il punto di partenza di un cammino.
...diceva di non conoscere più né l'arte di accendere quel fuoco né le formule di quella preghiera e nemmeno dove si trovasse quel luogo nel bosco, ma aggiungeva che di tutto questo poteva raccontare la storia e, raccontandola, otteneva ciò che chiedeva.
Dio passa e non lo si riconosce se non di spalle, ci dice la Bibbia, cioè quando è passato, a cose fatte.




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