mercoledì 2 novembre 2016

Fiori un'altra volta appassiti


La nostra è una leggenda d'infanzia 
non mai finita, che a sera
ognuno narra a se stesso
nel prendere sonno.

Intanto io cerco il Suo volto
nella folta gente che porto in cuore 
e ognora emerge ignota.

Ora al balcone ora alla porta 
guardo se mai un segno giunga 
di una sosta almeno
al perenne camminare.

La notte è fitta di silenzio, 
e non una stella è vicina.

Sola nella cella immensa e i fiori 
ancora una volta appassiti: 
ritarda anche stanotte. Verrà?

(O madre, felice te che sei morta! 
Rammenta quante paure sentivo
per la stanza vuota e buia, la notte.
Ma tu mi parlavi delle Sue grandi braccia 
come di dolcissime ali.)

D'allora ogni sera la stanza adorno 
sposa che ha l'amore lontano
in viaggio di ritorno. D'allora 
dentro lo porto a ricordo
di lontanissimi incontri
non mai avverati.

     P. Turoldo              (da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” – pag. 231)

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