sabato 28 agosto 2010

non annuncio di principî etici, ma un comportamento operativamente salvifico, purificato di ogni pretesa messianica

Raimon Panikkar (1918-2010): l'etica del dialogo

E' morto nella sua casa, tra le montagna della Catalogna, Raimon Panikkar, nato nel 1918, uno dei maggiori pensatori del nostro tempo, filosofo, teologo e mistico.
Era dotato di una cultura vastissima che intrecciava la visione occidentale con quella asiatica, la razionalità con la spiritualità. Si muoveva su terreni di confine e perciò molte sue tesi erano ardite, non convenzionali. Richiedono e richiederanno attente riflessioni, dibattiti, valutazioni... Sono, però, indubbiamente affascinanti e stimolanti.
Tra i suoi meriti: l'elaborazione di un pensiero orientato al dialogo e all'incontro tra le religioni, la mistica come esperienza del divino accessibile a tutti e non a un'élite, una visione della realtà che abbraccia insieme Dio-uomo-mondo.
Vorrei ricordarlo con questo suo "decalogo del dialogo":
Primo: l’altro esiste "per" ciascuno di noi. E l’altro è il musulmano, l’altro è l’emarginato, l’altro è il marito, l’altro è il bambino, il mondo ecc. Una specie di superamento inconscio del solipsismo.
Secondo: l’altro esiste come soggetto e non soltanto come oggetto. Esiste a sé stante e non mi ha chiesto il permesso di esistere. Neanche la pietra, gli alberi, gli animali. In altre parole: non si possono trasformare le pietre in pane.
Terzo: l’altro non è oggetto di conquista, di conversione, di studi: è (s)oggetto con diritti propri, con lo stesso diritto di interpellarmi, di interrogarmi, che ho io. La relazione è, quindi, biunivoca: il dialogo è dialogo perché non è monologo. Non è soltanto domandare, ma lasciarsi anche interpellare. Per questo c’è una necessità di ascolto, di umiltà, di uguaglianza.
Quarto: anche se io penso che l’altro (e l’altro può essere un sistema religioso o culturale) sbaglia, devo entrare in contatto con lui, altrimenti non c’è dialogo e senza dialogo non c’è pace.
Quinto: la disposizione a dialogare è il principio etico supremo. Se ci si nega al dialogo, si finisce con il divorzio, con la guerra, con la bancarotta, con il disastro.
Sesto: il dialogo deve essere totale. Come dicono gli inglesi: non c’è niente di "non-negocial". Tutto deve essere messo sul tappeto, altrimenti non è dialogo dialogale, non è dialogo umano, è dialogo diplomatico. Si mira a vincere.
Settimo: l’etica è collegata al politico, dipende dal religioso ed è frutto di una cultura.
Tutto ciò relativizza l’etica, ma la rende concreta ed efficace.
Ottavo: l’etica scaturisce dal dialogo religioso e allo stesso tempo ne è la sua causa. È un circolo vitale come tutte le cose ultime.
Nono: nessuno ha il diritto di promulgare un’etica. L’etica non si promulga. Si scopre. E si scopre nel dialogo.
Inoltre in un contesto mondiale qual è quello di oggi a nessuno viene riconosciuto il diritto di promulgare un’etica universale ed assoluta.
Decimo: l’etica contemporanea deve confrontarsi con un "novum" che non si era mai verificato nella storia: il "novum" di tanta gente che muore di fame, di sete, di stenti, di violenza. E che attende una redenzione concreta: non annuncio di principî etici, ma un comportamento operativamente salvifico, purificato di ogni pretesa messianica"
http://sperarepertutti.blog.lastampa.it/sperare_per_tutti/

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