Ha come effetto la pacificazione e l'apertura al trascendente, la disposizione a uscire dai propri schemi psichici, quei circuiti sui quali giriamo incessantemente senza muoverci di un passo, quei dischi rotti che riproducono sempre la stessa musica, per mettersi finalmente di fronte ad altro.
Difficilmente mi rendo conto sul momento di essere entrato in contatto diretto con Dio, né vi sono necessariamente particolari e precise ispirazioni, che non sono l'essenziale. Compare semplicemente un senso di pace, ed è questo che conta,perché sintomo del tocco benefico di Dio,che non è poi altro che lo Spirito, il "dito di Dio" che scrive nel cuore (cf. Es 31,18).
Questo tocco, dall'effetto unificante e fortificante,non si percepisce tanto in sé quanto nei suoi effetti. Non subito, ma poi. Tende ad arrestare il vagabondaggio dei pensieri e a ridurre l'ansia. Mi immette nella pacifica fiducia in Dio e mi dispone favorevolmente verso i fratelli.
La preghiera tenderà a invadere tutto: lo Spirito vuole restaurare l'unità personale. Questo non devo ricercarlo prematuramente e orgogliosamente: è dono di Dio. Lo Spirito non si fabbrica in laboratorio e non si dispone di lui. La pace è sempre un criterio di discernimento. Quando la perdo è segno che non sono più nell'abbandono.
Nella misura in cui vivo nel cuore, ragione, volontà, sentimento e azione possono funzionare con lui. Queste capacità non sono più a servizio dell'autosufficienza, ma poste a servizio di altro.
Si mettono a servizio di quanto il cuore coglie e accoglie, e cioè in sostanza del multiforme spettacolo dell'amore di Dio. La conoscenza diviene gustosa, ricca; il sentimento luminoso, materiato di luce.
La volontà non mira direttamente a conseguire il risultato, ma si orienta sul proprio limite, sulla povertà come mezzo per accogliere lo Spirito: si orienta a Dio come a colui che dà vittoria agli umili.
L'opera non è più evasione e fuga da sé, ma nasce dalla sovrabbondanza del cuore e diviene sua irradiazione. Non si obbedisce più come schiavi, ma come amici, che sanno quel che fanno, ne colgono l'intrinseca bontà. La sapienza arriva alla sua bellezza.
Ciò che corona la virtù è l'amicizia e la contemplazione. Ed entrambe vengono a coincidere.
L'opera non è più evasione e fuga da sé, ma nasce dalla sovrabbondanza del cuore e diviene sua irradiazione. Non si obbedisce più come schiavi, ma come amici, che sanno quel che fanno, ne colgono l'intrinseca bontà. La sapienza arriva alla sua bellezza.
Ciò che corona la virtù è l'amicizia e la contemplazione. Ed entrambe vengono a coincidere.
Si ama Dio e nello stesso tempo si vuole il bene dell'uomo, perché Dio è glorificato proprio quando l'uomo vive bene e vive il bene. Dio è glorificato quando la famiglia umana è una di fronte a lui, e quando la singola persona si presenta al cospetto della sua gloria stando in questa unità che gli è svelata nel cuore.
Il regno di Dio è la scoperta felice che la mia storia è in mano a Dio e non a potenze estranee, e che sto saldamente nella vita.
"Mia forza e mio canto è il Signore" (cf Es 15,2). Senza canto, la forza è violenza, autoaffermazione e imposizione. Forza vera è il cantico nuovo dello stupore che sempre sgorga dal cuore di fronte alla meravigliosa epifania della gloria di Dio (cf Es 14,4.17; Ap 5,9;14,3).
autore: Marco Pratesi
"Mia forza e mio canto è il Signore" (cf Es 15,2). Senza canto, la forza è violenza, autoaffermazione e imposizione. Forza vera è il cantico nuovo dello stupore che sempre sgorga dal cuore di fronte alla meravigliosa epifania della gloria di Dio (cf Es 14,4.17; Ap 5,9;14,3).
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