Ho preso da Roberto Beretta | 07 ottobre 2011 http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=583 questo spunto di riflessione
Giustamente un lettore mi invita a non guardare solo alle cose negative della Chiesa. Accogliendo questo spunto stavolta propongo il mio elenco in positivo.
Cerco di far forza sul mio temperamento polemico per cogliere lo spunto proveniente da un commento al mio precedente post: non guardare solo le cose negative della Chiesa, ma anche «ragionare in positivo» e «far strada senza rimanere fermi a piangere su noi stessi». È un atteggiamento corretto, fa parte del metodo dell'«et et» che è fondamentale per il cristiano. Non dico dunque che cercherò di elencare le 7 virtù (cardinali e teologali) del cristiano oggi, ma almeno i 7 punti di forza che - nonostante tutte le crisi della secolarizzazione - potremmo ancora avere dalla nostra parte: se sapessimo sfruttarli anche nell'evangelizzazione e nella pastorale.
- La meraviglia. L'«effetto sorpresa» è sempre stato un elemento fondamentale dei grandi strateghi, e noi cattolici ne avremmo a bizzeffe da spendere: basti pensare alle cose «incredibili» a cui crediamo, dalla figliolanza di un Dio Padre alla resurrezione del Figlio fatto uomo. Ma purtroppo le viviamo come un risaputo tran tran, se non addirittura come un peso per la nostra razionalità.
- La fedeltà. Nell'epoca dei rapporti «a tempo determinato», essere capaci di mantenere liberamente una promessa «a vita» può avere l'effetto dirompente di introdurre un soffio di eternità anche quaggiù. Purché - è ovvio - la propria coerenza non si tramuti in una cattedra da cui giudicare chi ha avuto altre storie.
- La gradualità. La fede è una scala che coglie ciascuno sul gradino che gli compete in quel momento; tutti devono cercare di salire più in alto possibile, certo, però nessuno è obbligato a superare un dato livello (né di dogma, né di culto, né di morale) per sentirsi cristiano come gli altri. «Gli ultimi saranno i primi» vale anche (o soprattutto) nella Chiesa.
- La comunità. Se solo sapessimo stare insieme, sarebbe praticamente inutile ogni altra tattica pastorale: «Vi riconosceranno da come vi amerete». Invece - purtroppo - non ci amiamo, e dunque siamo scarsamente riconoscibili e poco credibili come missionari. Però in un mondo sempre più condannato all'individualismo, i cristiani conservano comunque un prezioso germe di fraternità da coltivare a vantaggio di tutti.
- La coscienza. Non è un principio «protestante»! Il cardinale Newmann, ex anglicano citato volentieri anche dai cattolici più «tradizionalisti», sosteneva che «la coscienza è il primo vicario di Cristo in terra». Prima del Papa? Già, prima e più del Papa... E sta proprio lì il nesso dinamico tra la difesa gelosa della libertà personale e l'obbedienza a un progetto di salvezza che coinvolge il mondo intero.
- L'essenzialità. Non abbiamo tessere, non ci è richiesta la frequenza a corsi di teologia, non ci distinguiamo dagli altri né per una divisa né per particolari divieti alimentari; qualcuno sostiene ani che questa carenza di pratiche caratteristiche e obbligatorie è anche causa di una debole identità. Può essere. Ma di sicuro costituisce una continua sfida alla nostra volontà: per scegliere ogni momento se starci oppure no, come fosse la prima volta.
- La misericordia. La nostra società (apparentemente dura e scostante) ha una sete infinita di comprensione e di perdono, ma sono sempre meno le sorgenti capaci di distribuire questi doni con generosità e larghezza. La Chiesa potrebbe essere uno di questi, se avesse uno sguardo meno arcigno sulla vita della gente e accettasse di rimandare a data da destinarsi la cernita tra il grano e il loglio che convivono sempre nell'esistenza di tutti.
Ho elencato sette possibili punti di forza del cristianesimo moderno; ma probabilmente ce ne sono molti altri. E anche qui invito il lettore a continuare la lista.
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